meglio soli che con il capitalismo

Come si fa a dire di essere soli in un mondo di sei/sette miliardi di persone, per di più interconnesse?

Anche gli indigeni della foresta amazzonica, ormai, non possono più dire di essere soli. Il capitalismo ha raggiunto anche loro. La società, direbbero i sociologhi. Ma capitalismo o società che sia, è sempre il fuoco che gli distrugge la casa e li strappa dall’isolamento.

Io, per esempio, vivo da sola in un condominio. Non però che sia sola sul serio. Al piano di sopra abitano degli immigrati. Forse. Forse, invece, sono cittadini italiani, per quel che ne so. Comunque hanno un cognome strano. E hanno anche una bimba di due anni, forse tre, che sta scoprendo la corsa. Va avanti ore e ore – tappete tappete – a farsi da un capo all’altro tutto l’appartamento.

È così per i bimbi. Quando nascono sono inconsolabili, si disperano appena si svegliano e tornano alla vita e alla coscienza della condizione umana. Poi scoprono cose tipo il camminare e il correre, la bici e l’amicizia, la fantasia e le avventure e per molto tempo sono felici. Quando si renderanno conto di nuovo della condizione umana saranno ormai troppo grandi per piangerci su.

Quando li guardo, i bambini, penso che non si dovrebbe crescere mai. Non vale la pena crescere e diventare adulti. Fare quello che la società richiede non serve a niente se non a scoprire una nuova forma di solitudine: quella delle responsabilità.

Da adulti si fanno mille cose, ma sempre soli si rimane. A che serve studiare, diplomarsi, lavorare e tutto il resto se si deve sempre stare da soli?

Un tempo pensavo: quando farò un bimbo tornerò ad essere bambina anch’io. A giocare con la fantasia, a scoprire il mondo e arrampicarmi sugli alberi. Ma io che gli avrei insegnato a questo bimbo?

Meglio di no, tutto sommato.

Così la nostra osannata società occidentale è andata a rompere le scatole perfino agli indigeni della foresta amazzonica. Ma la smetteremo mai di fare cazzate?

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