Luana sbaglia analisi

Per questo motivo Luana si mise a studiare il famoso capolavoro di Marx. “Il Capitale”. La prima domanda che si fece fu: “ma perchè Marx ha perso tanto tempo a spiegare come funzionava il capitalismo e non invece si era applicato per abbatterlo?” Non c’era una risposta a questa domanda e Luana si diceva: “tanto ormai è cosa fatta, indietro non si torna, approfittiamone almeno per capire in che mondo viviamo e studiamo Marx”.

La cosa non era così facile. In questo libro che Marx aveva scritto non ci si capiva niente, ma niente proprio. Il mondo, l’economia, la storia era tutta ribaltata. Luana sapeva che Marx pensava di averla messa coi piedi per terra, ma a lei sembrava ribaltata lo stesso. “Non è possibile” pensava. “Non è possibile che Marx si sia sbagliato mentre tutti dicono che ha avuto ragione”. E provava allora a mettersi nei panni di Marx, che le stavano tutti larghi e lei ci scompariva dentro ad indossarli.

La prima cosa che c’è scritta nel Capitale è la teoria del valore. Proprio c’è scritta subito, che in due pagine scarse è riassunta tutta la morale dell’economia politica secondo Marx.

In sintesi Marx diceva che la ricchezza (delle nazioni) è misurabile solo come un grande ammasso e accumulo di merci, cioè di beni materiali prodotti che non si danno naturalmente, e che queste merci hanno un valore d’uso e un valore di scambio. Solo il valore di scambio è quello che si può esprimere in soldi ed è un valore in termini “economici” propri.

Questo era facile da capire. Dopo Marx tutti sapevano che le cose hanno un doppio tipo di valore: il primo e più importante è per l’uso che se ne fa, l’altro che storicamente e logicamente si afferma solo in un momento successivo è quello monetario. Ma ai tempi di Marx la cosa non era affatto chiara e gli economisti quando parlavano mischiavano l’uno e l’altro tipo di valore e allora Marx per prima cosa spiegò questa differenza.

Luana faceva degli esempi molto semplici per capire cosa intendesse Marx. Per esempio: una sedia. Una sedia la puoi comprare al mercato a 20 o 30 o 50 o anche 500 soldi, dipende di che materiale è fatta, se è più o meno carina e comoda, se chi l’ha prodotta è più o meno famoso e altre variabili. Quindi una sedia al momento dell’acquisto ha un valore di scambio tot.

Dopo di che, te la metti in casa, ti ci siedi sopra 20 mila volte e la sedia mantiene sempre lo stesso valore d’uso. Il valore d’uso non è una cosa che si consuma, se non quando la sedia si rompe. Ed è un concetto completamente diverso da quello del valore di scambio. Facile. Questo Marx l’aveva spiegato bene e dopo Marx fu molto difficile che un’economista confondesse i due tipi di valore.

Da dove arrivava il valore di scambio? E qui era dove Marx ribaltava il mondo. Lo ribaltava perchè:

1- dopo averti detto alla pagina prima che il valore d’uso e quello di scambio son due cose diverse a un certo punto le fa diventare una cosa sola a nome “valore”, generico, detto così.

2- diceva che questo valore dipendeva tutto dal lavoro.

Ora Marx, a onor del vero, diceva che a lui di stare a questionare sul significato di valore non ne aveva più voglia, che lui ci aveva passato tutta la sua vita a rispondere a queste domande e che, a lui (noi), interessava studiare il capitalismo, che nel capitalismo il valore principale è quello di scambio, perchè è di lì che si ricava il profitto, e che non lo scocciassero più con questa storia del valore d’uso, che ormai s’era capito che nella vita quotidiana era l’uso importante, ma che la guerra al capitalismo, non la si fa con le sedie, ma con le idee.

Luana un po’ imbambolata continuava a studiare. Quello che non gli tornava era però questa storia del valore che derivava dal lavoro. A Luana non gli tornava proprio… “come – gli diceva – lo chiami di scambio? Dici che dipende dallo scambio e poi a un certo punto, invece, affermi che dipende dal lavoro… a me mi pari grullo”.

Però aveva scoperto una cosa, aveva scoperto che Marx dava la legge della domanda e dell’offerta per scontata. Questa era una legge base dell’economia politica, così definita, “classica” che diceva, classicamente, che il valore nasce dall’incontro del produttore che esprime l’offerta e del compratore che esprime la domanda. Questi due si mettono d’accordo sul prezzo di una merce e quello diventa il suo valore.

Ampliando l’analisi si sapeva che la domanda era fatta da due regole, più o meno regolari, che dicevano: “più una merce è scarsa, più aumenta il suo valore”, e anche se questo non lo diceva, intendeva solo se è scarsa in natura, cioè se è difficile da reperire. E diceva anche “più una cosa è richiesta, cioè più ce n’è bisogno, più aumenta il suo valore”. Scarsità e bisogno per l’economia classica dettavano i tempi e i modi della domanda e secondo alcuni del mercato interno.

Mentre l’offerta era così fatta: “più una cosa è disponibile, meno vale, cioè più diminuisce il suo valore”.

Si sapeva che l’economia classica, con Adam Smith in particolare, diceva che questo incontro di offerta e domanda al mercato si chiamava “mano invisibile” e che pertanto non c’era alcun bisogno di preoccuparsi di regolare l’economia che quella si regolava da sè.

Marx dava questa legge per scontata. Non nel senso che pensava che fosse una legge funzionante sul serio come una legge fisica è spinta dalla sola forza degli elementi, che anche un cieco si accorge che nel capitalismo non funziona un bel niente da sè; la dava per scontata nel senso che pensava che tutti la conoscessero… E invece Luana aveva scoperto che nel partito non la conosceva proprio nessuno questa legge base dell’economia classica e quindi alla fine risultava che Marx aveva scritto il suo libro di critica per nulla, perchè a parte un paio di intellettuali da salotto, di come funzionava il capitalismo non gli importava un bel niente a nessuno.

Luana però era contenta perchè Marx gli aveva spiegato la differenza fra valore d’uso e valore di scambio anche se lo aveva fatto parlando di questo abito di tela o di tela a forma di abito… che poi, pensava Luana, doveva essere almeno un abito da sposa, o da carnevale, perchè era un abito formato non da 1, ma da ben 10 braccia di tela! E insomma era giunta a svelare il mistero, che uso e scambio non c’entrano nulla l’uno con l’altro. Chi era dunque che si era inventato lo stesso termine per dire due cose completamente diverse? Boo… Non era importante.

Tornando però al valore, che oramai non era più un valore di scambio, ma solo un semplice valore, dato che il valore d’uso era ormai rimasto alle spalle per sempre, Marx sosteneva che questo era dato solo dal lavoro e che in realtà era il lavoro incorporato all’interno di ogni singola merce che decideva il suo valore di scambio.

E la scarsità e il bisogno?

E l’abbondanza e il materiale pregiato?

Ah già, quelle son cose date per scontate e quindi si tende a dimenticarsene.

Luana pensava che avrebbe anche voluto spiegare l’altra cosa che aveva scoperto da Marx, sull’accumulazione e la proprietà privata, ma giunta a questo punto, a cui molti pure non erano neanche arrivati tutta una vita, si era assai stancata di Marx e aveva deciso di tornare a studiare Lenin che nei suoi testi seppure non la citava mai si sapeva che proponeva almeno un po’ d’azione e così sembrava un po’ più un libro d’avventura.

Però un amico suo gli disse che piuttosto era meglio occuparsi di letteratura e così si propose di fare Luana nei prossimi mesi: solo libri belli, che mi svuotino la testa dall’economia e dalla politica.

“Ah si?” Gli chiedeva l’amico suo “e il partito? e il fidanzato comunista dove intendi dimenticarli?”

“Ah, non lo so davvero!” Rispondeva Luana.

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