In un giorno di pioggia

Gli ultimi tempi erano stati non molto divertenti. Nuovi impegni si erano aggiunti a quelli già presi e l’ansia cresceva come un pallone, giorno dopo giorno.

Una mattina capitò l’esplosione. Era un giorno freddo e nuvoloso, di pioggia, in pieno novembre.

Camminava per la strada recandosi al posto di lavoro, quando sentì un gran botto. Pata-tapump! E subito dopo un esplosione. Scraassh! Il cielo si scoperchiò e iniziò a diluviargli in testa. Una doccia gelata lo sommerse dalla punta dei capelli a quella dei piedi e fu tutto inzuppato. Tutto: lui, il marciapiede, il posto di lavoro in fondo alla strada.

Pioveva. Ancora.

Si guardò intorno, disperato. Cercava un riparo o almeno un gentiluomo di passaggio che gli potesse vendere un ombrello. Niente! Non una tettoia sporgente, non un locale aperto in cui ripararsi. La strada era incredibilmente deserta: al primo scoppio tutti erano corsi a rifugiarsi nelle proprie case e in strada non era rimasto nessuno. Poteva anche lui scappare verso il suo posto di lavoro laggiù in fondo alla strada oppure tornare sui suoi passi, di dove era venuto, disdicendo tutti gli impegni presi per quel giorno e andare a rimpiattarsi sotto le lenzuola.

Poteva poteva…

In realtà poteva, ma solo a patto di bagnarsi ancor di più. Casa sua, posta in cima alla strada, era ben più lontana del suo posto di lavoro. 200 metri in più almeno. Forse anche 300.

Mentre così valutava i pro e i contro, maledicendo i casi avversi del destino e neanche gli passava di mente che prima di uscire di casa avrebbe potuto mettersi l’impermeabile o almeno acciuffare un ombrello nell’androne in fondo alle scale, il destino tanto avversato si manifestò.

Eccolo là: sotto forma di cagnolino il destino gli andò incontro scodinzolando.

Cagnolino, insomma, pensò. Questo peserà almeno 30 chili ed è ben più alto delle mie ginocchia. Se si incazza, mi fa secco.

Bagnato, inzuppato e divorato da un cane. Destino del cavolo!

Ma il destino, testardo per definizione, gli andò incontro scondinzolando parecchio felice e annusando tutto intorno, si avvicinò, si fermò, sporse il muso e gli leccò una mano.

Dopo di che lo ignorò bellamente e proseguì la sua strada sotto la pioggia battente.

In quel momento gli passarono in testa tante immagini: la sua agenda con tutti gli impegni segnati in rosso, gli si sfogliava davanti a velocità incredibile; le persone segnate su quell’agenda gli iniziarono a parlare tutte insieme nel cervello; ombrelli aperti volavano e gli vorticavano intorno.

Sto impazzendo pensò. Non posso andare avanti così.

Così finalmente decise, pensò agli asciugamani caldi che lo aspettavano, girò le spalle al cane del destino e se ne tornò a casa.

Fine.

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