Germania 1923

Chi mi conosce lo sa. Uno degli episodi della storia del Novecento che più mi coinvolge è quello dell’inflazione record della storia che coinvolse la Germania all’indomani della prima guerra mondiale.

Non la rivoluzione d’ottobre, non il crollo degli imperi, nè la guerra di Spagna, nè l’avanzata del nazismo. Nemmeno lo scenario della guerra fredda e la rivoluzione cubana (bè, la rivoluzione cubana…) mi affascinano tanto quanto l’inflazione del 1923.

I fatti. All’epoca la Germania usciva sconfitta dallo scontro fra grandi imperi che aveva trascinato il mondo nella prima guerra mondiale, ancora di trincea.
Lo stato tedesco non venne cancellato dalla cartina geopolitica, come poi avvenne al termine della seconda guerra mondiale (vedi divisione della Germania in quattro sfere di influenza), ma gli furono imposte sanzioni incredibili, che già, mi pare Keynes, disse che avrebbero preparato il terreno per lo scoppio di un secondo conflitto.
Oltre a costringerli a rinunciare al proprio esercito, praticamente gli venne imposto di ripagare le spese di guerra di tutte le nazioni vincitrici. Unica sconfitta, non perse, se non relativamente, territori (la Rhur e altri, poi riconquistati da Hitler), ma gli fu imposta una sanzione economica che conteggiava i costi che tutte le nazioni vincitrici e in particolare la Francia avevano avuto per condurre la guerra. Non solo dunque gli Stati scendevano in guerra con la più scellerata leggerezza, ma neanche intendevano pagarsi il costo dell’artiglieria impiegata nel conflitto.
Tolto ogni vantaggio economico estrattivo, tolta la possibilità di commerciare con l’estero, tutto quello che era concesso alla Germania era di produrre per destinare i profitti al ripianamento dei debiti di guerra. Un austerity ante-litteram che l’UE nostrana si sogna di notte di poter imporre!
Inutile dire che il costo della vita per gli abitanti e gli operai residenti in Germania aumentò.
Il marco – se a quei tempi avevano il marco – si svalutò a livelli incredibili e la spirale inflazionistica… Bè la spirale inflazionistica era da sogno psichedelico di quarta generazione!
Due volte al giorno – due volte al giorno – i prezzi aumentavano, raddoppiavano. Due volte al giorno – due volte al giorno – i salari inseguivano i prezzi.

Se ti dimenticavi di fare la spesa la mattina, coi soldi che ti rimanevano in tasca dopo mezzogiorno potevi a malapena comprarci un caffè e dovevi aspettare che il marito tornasse a casa la sera col nuovo aumento di salario per correre a fare la spesa prima dell’aumento delle otto di sera!

Mai più nella storia, che io sappia, si è verificato nuovamente un fenomeno del genere. Eppure la gente viveva e lavorava,  come se tutto fosse normale. I padroni non potevano nè chiudere le fabbriche e fermare la produzione, nè impedire l’aumento del salario, nè frenarsi dall’aumentare il prezzo dei beni prodotti e così il circolo andava avanti e avanti.
I padroni non potevano fermare la produzione (fare la serrata) perchè questo avrebbe significato la fine della produzione e quindi dell’economia. Inoltre non potevano rischiare una serrata in quanto gli operai erano in costante stato di agitazione e facevano scioperi giornalieri per richiedere l’aumento dei salari ed erano più che ben disposti ad appropriarsi dei mezzi di produzione.
Nonostante questo non potevano neanche rinunciare ad aumentare il prezzo delle merci vendute per garantirsi il margine di profitti che consideravano “legittimo”.
Nessun fenomeno economico è strano come la spirale inflazionistica del 1923.
Certo una sciagura per i redditi precari, i lavoratori giornalieri e la massa della popolazione.
Certo il calderone in cui hanno ribolitto e ribollito i peggiori odi nazionalisti e sentimenti di vendetta da cui poi è generata la follia del nazzismo.

Non è facile trovare spiegata questa storia sui libri di storia. Viene segnalata, ma si cerca di far finta che non esista, nè mai sia esistita. Che sia stata un debaclè, una svista del capitalismo, troppo giovane e ingordo all’epoca.

Perchè mi trovo ultimamente a pensare alla spirale inflazionistica del 1923? Perchè la storia ha uno strano modo di riproporre le stesse problematiche. La prima volta si presenta come tragedia, la seconda e tutte le volte a seguire come cappio al collo.

Così oggi ci troviamo a fronteggiare lo scenario di una terza guerra mondiale guidati dal governo più reazionario degli ultimi 10 anni che con l’inflazione duetta come se fosse a un veglione di valzer dei primi del novecento. Succhia risorse, come una zecca farebbe col sangue, dagli strati più poveri della popolazione e bellamente ingrassa i ceti ricchi.
Come lo fa?
Non ci sarebbe probabilmente neanche bisogno di scendere nel dettaglio perchè chi vive e lavora tutti i giorni già sa benissimo come fa, nè quest’articolo può coprire tutto il catalogo delle meschine misure messe in campo negli ultimi tempi per fare cassa, ma qualcosa diciamocelo lo stesso.

Della riforma dell’IRPEF abbiamo già parlato in un precedente articolo, aggiungiamo però qualche considerazione. In primo luogo non ci si rende conto di quanto sia iniqua questa riforma, finchè materialmente non si vede un cedolino aumentare da un importo di 5.000 euro ad uno di 5.500, senza colpo ferire da un mese all’altro dell’anno.
In più la riforma è stata accompagnata dall’innovazione dell’assegno unico che cancella e sostituisce vari tipi di bonus per familiari a carico su cui pure i lavoratori contavano e che ha il piccolo svantaggio di non essere retroattivo.  Cosa mai successa ai bonus che spettano a seguito del raggiungimento di uno status soggettivo, se la condizione giuridica è manifesto che esista al sopraggiungere di certe condizioni (sono mamma e nessuno può negare che lo sono dalla tale data!). Si chiamano diritti incomprimibili. Ma noi comprimiamo pure la maternità, perché no? Quindi se fra le doglie del lieto evento ti dimentichi di fare domanda, per la legge diventi mamma solo quando ti rinvieni, il passato è perso per sempre.

Messo nelle tasche giuste. Ovviamente.

Il costo della vita. Una cosa denunciata da più parti – da più parti di destra, a dire il vero – è il fatto che l’aumento del costo della vita sta causando un maggiore introito fiscale dovuto all’IVA. L’IVA è una tassa che passa direttamente dal produttore al consumatore con un’aliquota fissa (che varia a seconda del tipo di bene, ma sostanzialmente si aggira intorno al 22% per i beni normali) sui beni al commercio. Come funziona? La versa il produttore allo Stato (dopo vari sconti che si chiamano scarichi), ma la paga il consumatore. Cioè un bene costa 10 euro, il produttore ci calcola l’IVA e lo vende a 12 euro, il consumatore paga 12 euro e il produttore versa 2 euro allo Stato (1,2 -1,5 dopo i vari scarichi). Se il bene viene a costare 20 euro per l’aumento del costo della vita, lo Stato incassa 4 euro, invece che 2. Un aumento lineare.
Difficile a questo punto non pensar male.
Che cioè quando c’è stato da votare la riforma dell’IRPEF, che pure qualche cosa è costata, sapessero benissimo che il gettito fiscale non sarebbe variato perché sarebbe stato ripianato dall’aumento del costo della vita.
Cosa succede in questo modo? Giacchè è vero che l’IVA la pagano tutti, ma proprio perché la pagano tutti, questa pesa in maniera percentuale più sulle casse dei lavoratori (che sono di più e di più dei ricchi, anche non volendo, consumano). Così che la riduzione in busta paga dell’IRPEF dei ricchi, l’hanno pagata i poveri e il totale del carico fiscale si è ulteriormente schiacciato verso il basso.

Si dirà, ed è vero, che l’aumento del costo della vita non è stato deciso da Draghi and Co. ma è stata invece una decisione arbitraria dei produttori di energie fossili. Questo è vero, ma d’altra parte è anche vero che a fronte di un aumento arbitrario dei prezzi del petrolio, lo Stato non si è neanche sognato di andare a tassare i produttori di energie fossili. L’ENI è un’impresa con ancora sede legale in Italia, o no?
Nè ha messo in campo misure sensate per la riduzione del costo del carovita, il quale a ben vedere, non si riflette in maniera lineare con l’aumento del prezzo del petrolio, ma invece esponenziale, perchè ogni singolo operatore economico, scarica l’aumento che vive aumentando il prezzo del bene venduto, che passando di mano in mano e di azienda in azienda, porta a un aumento esponenziale del bene al consumo.

Ed anzi, mi è passata sotto gli occhi la notizia, che non ho osato approfondire, del fatto che fossero state introdotte tasse per i produttori di energia da fonti rinnovabili, mentre lo stesso non è avvenuto a chi le produceva da fonti fossili. Come a dire: non è giusto che voi produttori di energie rinnovabili non pagate il costo dell’aumento del petrolio, perciò dovete contribuire all’aumento generale, con l’aumento delle tasse!

Ultima postilla e poi mi taccio perchè mi sono stancata: il bonus facciate e il bonus ristrutturazioni edilizie. Se n’è tanto parlato, è vero. Dei produttori che aumentano arbitrariamente il prezzo dei beni di costruzione perchè tanto sanno che c’è mamma Stato che copre tutte le spese e azzera la concorrenza. Ed è un problema. Nessuno però parla di due altre questioni altrettanto importanti.
La prima che l’aumento del valore degli immobili così ristrutturati agratiss si scaricherà direttamnente sull’aumento del costo degli affitti e delle case in vendita.
Cosa che io non ho mai capito. Com’è possibile che tutti i beni venduti usati (li compro a 10.000 euro) si deperiscono e si vendono a meno del valore di acquisto (li vendo a 6.000 euro), mentre la Casa no. La Casa, anche se non gli fai un centesimo di ristrutturazione, anche se ci vivi dentro 10 anni, anche se ci fai i buchi nel muro, i bagni da buttare, la caldaia che rischia di esplodere da sola, il tetto che ci piove dentro, la Casa usata deve aumentare di valore!
La seconda: ma tutti questi soldi per l’edilizia privata, dato che sembra che i soldi ci sono, non sarebbe meglio investirli in edilizia pubblica?
Va bene, alcuni comuni più virtuosi, sanno che questi soldi son disponibili anche per ristrutturare le case ERP, ma più che renderli disponibili, non si potrebbe renderli obbligatori?

E poi, ovviamente: lo Stato Di Emergenza (SDE), ma hanno spostato l’Ucraina dalle cartine e l’hanno sostituita con la Svizzera, o l’Ucraina è ancora a 3000 km di distanza dall’Italia? Possibile che nessuno si incazza? Con Conte, almeno, due mesi dopo che aveva messo lo Stato di emergenza, c’era l’Ospedale di Piacenza che aveva chiuso i battenti perchè non riusciva più ad accogliere i malati di Covid. Se a maggio, la Russia non ha tirato un missile almeno a Trieste, mi deve dire Draghi che caxxo di senso ha lo Stato Di Emergenza!

 

 

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