Petrolio e tasse sotto il sole

Niente scuote il mio torpore, quanto il prezzo del petrolio…

Ne ho parlato con un mio amico. Gli ho chiesto: “ma perchè hanno alzato il prezzo del petrolio? Starà per finire? Non può essere per la pandemia, che ora tutti girano in macchina e la domanda non è diminuita”

Mi ha risposto che devono rifarsi dei mancati introiti della pandemia. Prima non potevano, ora possono e alzano il prezzo.

Ah, ecco…

Dunque non è una crisi. Ora, magari il mio amico non è un esperto broker finanziario e invece è una crisi, ma fino a prova contraria diciamo che l’ipotesi “vogliono rifarsi dei mancati introiti” regge e che questa non sia una crisi.

E che cosa può trasformare un rialzo arbitrario in una crisi?

Le leggi dell’economia, come il buon vecchio Keynes – Marshall – Samuelson ci insegna, sono valide in qualunque epoca storica e a qualunque mutare delle condizioni. Così che se durante la pandemia la domanda di petrolio calava e il prezzo precipitava, questo non è un motivo sufficiente per alzare il prezzo in una fase di espansione. L’economia è economia sia durante i momenti di bassa, che di alta e tanto più un capitalista dovrebbe saperlo e non mettersi in coda allo sportello dello Stato quando gira male, nè fare lo sciacallo quando gira bene.

Quindi quello dei capitalisti è un rialzo arbitrario. A conferma si può dire, ulteriormente , che non sarebbe un rialzo arbitrario se la domanda di petrolio, a fattori produttivi invariati, fosse talmente aumentata da impedire ai produttori di petrolio di tenere il passo e produrre tanto quanto chiede il mercato.
Il che porterebbe ai due scenari:
1- c’è da innovare i fattori produttivi. Cosa che potrebbe effettivamente, momentaneamente, comportare un rialzo del prezzo;
2- c’è una crisi in corso, nel qual caso non ci sarebbe innovazione di processo possibile in grado di recuperare il calo di produzione.
Ma dato che la domanda non è certo aumentata rispetto allo scenario prepandemia e quanto petrolio prodotto bastava prima, tanto ne basterebbe oggi e dato che abbiamo detto che non è una crisi, ma un atto di sciacallaggio, di profittazione, significa che quello dei capitalisti è un rialzo arbitrario.

Certo Marx, ci direbbe che in realtà sono le leggi dello sciacallaggio le leggi vere dell’economia, ma poi direbbe subito che no, che il capitalismo è stato il motore della storia per la prima parte della storia dell’umanità, che ci ha emancipato dall’epoca del feudalesimo e ha liberato le immense forze produttive della tecnica e dell’ingegno umano e insomma si confonderebbe, ci confonderebbe e quindi meglio chiamare le cose col loro nome.

Quello dell’aumento del petrolio è un rialzo arbitrario.

Che cosa può trasformare un rialzo arbitrario del prezzo del petrolio in una crisi?

Lo Stato, ecco cosa.

Poniamo appunto il caso che il prezzo del petrolio aumenti arbitrariamente. Cosa comporterebbe?
L’aumento dei prezzi delle merci e dei servizi… semplice.

Durante la pandemina, fra la prima e la seconda ondata c’è stato un momento, un breve periodo durato neanche una settimana, in cui il barista sotto casa sentiva l’alito della miseria mordergli i calcagni, sentiva la crisi approssimarsi, sentiva l’incertezza causata da 3 mesi di mancati introiti addensarsi e da bravo piccolo bottegaio, pensò di alzare il prezzo del caffè.
10 centesimi in più a caffè… è certo che con questo sistema avrebbe messo gli spettri della miseria in cantina per sempre! Invece no, dopo neanche una settimana di vane giustificazioni coi propri clienti, che anche lui insomma non poteva reggere il peso della crisi per gli altri, subito lo riportò al prezzo normale, rallegrandosi in cuor suo di non aver ceduto al panico e salvato con questo la nazione. La gente cautamente tornò a comprare il caffè al bar e il barista sotto casa fu più contento di prima.

Peccato invece che i petrolieri siano cuori così sensibili che al primo alitare di paura corrano ad alzare il prezzo di una tazzina di petrolio preda degli spasimi del panico.

In questo loro moto di paura, poichè il petrolio è ancora l’olio che unge ogni piccolo ingranaggio della nostra società, causano un vortice di reazioni a catena che portano all’aumentare dei beni e servizi. Perchè, questa volta giustamente, il nostro bravo piccolo bottegaio sotto casa, avrà delle buone ragioni per dire “non posso mica reggere il peso della crisi tutto da solo” dato che questo peso in realtà si riferisce a un aumento arbitrario del prezzo del petrolio deciso da altri e non di un moto di panico nato nella pancia di sè medesimo.

Se consideriamo poi che il prezzo del petrolio è uno di quei fattori che nell’economia del nostro bottegaio può essere, senza troppo tema di finire in miseria, scaricato sui consumatori, è certo che questo avverrà.
E’ una legge dell’economia: se aumenta il costo dei fattori produttivi, o aumenti gli incassi, o vieni sbattuto fuori dal mercato degli affari.
Sulla domanda dei beni così detti “anaelastici” questo aumento degli incassi necessario a non essere sbattuto fuori dal mondo degli affari può essere generato direttamente con un aumento dei prezzi.

I beni anaelastici sono infatti quelli di cui non può diminuire il consumo se non marginalmente anche a fronte di un aumento del loro prezzo. Così tutti i beni primari, alimentari, energetici e il petrolio ci rientrano.
Elastici sono invece quei beni il cui consumo può essere limato via dal paniere degli acquisti senza grossi problemi e sono i cosidetti beni di lusso o superflui.

Quindi se il prezzo del petrolio –  bene anaelastico per antonomasia – aumenta, non ci sarà una diminuzione del consumo, ma come vuole il senso comune comporterà un aumento generalizzato dei prezzi. Fenomeno praticamente identico a quello conosciuto col nome di inflazione.

Quindi i nostri capitalisti hanno fatto una mossa inflazionistica, generale ed estesa al livello dell’intero globo, che i produttori di merci che utilizzano il petrolio come fattore produttivo metabolizeranno aumentando il prezzo delle loro merci al consumo. Cosi è all’operaio e all’impiegato che mancheranno i soldi in tasca a fine mese.

Aggiungiamo come notazione finale la considerazione seguente, urlata ai 4 venti in tempi di crisi pendemica (che vergogna!). Sembrerebbe, così ci ha informato wikileaks, che i produttori di petrolio abbiano raggiunto il picco della produzione petrolifera. Cioè, lo ripetiamo, che al momento attuale si scoprono percentualmente meno riserve petrolifere (e altre energie fossili) rispetto a quante se ne trovavano 10 o 10 anni fa. Il che, ancora, vuol dire che ci troviamo di fronte ai due seguenti scenari:

  1. Abbiamo consumato tutte le energie fossili disponibili e siamo di fronte a un tracollo delle risorse energetiche disponibili, di cui la diminuzione delle riserve (le quali riserve contemplano i giacimenti attualmente utilizzati e quelli ancora da utilizzare, ma già noti) sarebbe il campanello di allarme.
  2. Abbiamo raggiunto il picco di quella che viene chiamata curva gaussiana (cioè della normalità) della produzione e tanto quanto petrolio abbiamo consumato dagli anni ’50 ad oggi, tanto ne possiamo consumare. In un lasso di tempo che comunque sarà minore dato che il consumo di petrolio è comunque cresciuto esponenzialmente e quindi le riserve si riduranno a un ritmo più veloce di quanto avvenuto nella seconda metà del novecento. Da cui le stime sul fatto che il 2050 è l’anno limite.

 

 

 

 

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