1° maggio 2020. Didattica a distanza.

Prima lezione: è sempre colpa dei comunisti!

Se per esempio sei un anarchico, è chiaramente colpa dei comunisti che ti hanno da sempre insultato, tradito e sparato in pancia e un po’ diciamo che avresti ragione.

Se sei un borghese è colpa dei comunisti che si ostinano a non comprendere le gioie del liberismo e del mercato, che così chiaramente sono parole sinonimo di libertà!

Se sei un cattolico il tuo peggior nemico sono i comunisti che te credevi di aver trovato il modo per governare il mondo e zac arrivano loro e dicono che Dio non esiste e lo spiegano a tutti portandolo alla coscienza delle masse.

Se poi, sei un comunista, puoi star certo: è sempre colpa tua!

Certo se sei un comunista opportunista puoi sempre dire che è colpa di un compagno opportunista così da confondere la coscienza e metterti tranquillo. Ma, attenzione, se vuoi essere un comunista migliore degli altri non puoi rifarti a questo principio perchè devi invece essere in grado di allearti coi tuoi compagni – che poverini sono un po’ ritardati – per abbattere il regime capitalista e se non ci riesci: è colpa tua!

Dunque, quanto a questa prima lezione, c’è chi si pone di questi problemi: quant’è grave questa malattia? L’abbiamo presa sottogamba?

Quanto alla prima domanda: sappiamo che abbiamo raggiunto circa lo 0,05% di mortalità di questo contagio, questo è però solo il dato a metà curva. Se si mantenesse stabile fino a scomparire si avrebbe che questa malattia ha una letalità dell’0,1% che è un po’ altino. Vuol dire che sui nostri 60.000.000 di abitanti ne verrebbero a mancare 60.000, una città di medie dimensioni: boom – bombardata.
E poi seppure il contagio si fermasse qui, mantenendosi su questi valori, non è comuque detto che ci si salvi tutti e questo un po’ fa girare le scatole.

D’altra parte l’economia ha pure le sue ragioni. La gente a stare sempre in casa impazzisce e si suicida. E non usciranno mai se qualcuno non gli dice forte e chiaro “ cessato pericolo”. Noi però siamo finiti piuttosto in una situazione in cui l’indicazione principale è “si salvi chi può”… bleah!

Quanto alla seconda domanda: mi sono apparsi dei dati fra le mani in questi giorni. Quello sanitario, dice che l’essere immunodepressi tutto sommato non è la causa più importante che porti alla morte, muoiono invece di più quelli che hanno ipertensione e problemi cardiovascolari. Cioè: tutti o quasi.

E poi l’età… quella è strana. Non colpisce solo i 70enni come per un po’ hanno provato a farci credere, ma è dai 50 anni in su che nessuno è al sicuro.

Da che ne so io a 50 anni ne mancano ancora 17 per andare in pensione, giusto? Quindi quanto è che siamo nella merda?? Direi che alle ginocchia, questa volta ci arriva abbondante! Se continuiamo così, poi ci arriva anche al collo.

L’altro dato a conferma di questo è i luoghi in cui avvengono i contagi che portano alla morte: il 40% sono nelle RSA (ed è una mezza strage); il 10% negli ospedali (in cui peraltro ogni 8 minuti circa si ammala un operatore sanitario); il 25% avviene in famiglia, dove chiaramente ha un’origine esterna di partenza e solo un misero 5% sul luogo di lavoro… E il restante della quota: non si sa! Forse a farsi la passeggiatina al parco!

Va bene, facciamo finta sia vero.

Abbiamo detto 60.000 decessi: il 5% sono 3000 lavoratori.

Shshsh.

Quanti ne muoiono per incidenti sul posto di lavoro l’anno? Circa 2000, giusto?

Huston: abbiamo un problema!

Però è successa anche una cosa bella: ho mangiato una caramella!

Seconda lezione: capire chi sei. Dove ti collochi nella scala gerarchica? Per esempio il mio problema è sempre stato quello di barcamenarmi nella scelta: politica da fronte o identitarismo? Chiamato soggettivismo, altrimenti. E qui tocca scegliere…

Tocca scegliere un sacco di cose: le idee, le pratiche, i sogni, il contesto, le battaglie, i sentimenti, gli amici e i nemici.

E anche scegliendo tutte queste cose non puoi sapere se avrai imboccato la strada giusta e ti resterà il dubbio se non sia meglio tutto sommato restare il borghese che lo sviluppo storico ancora pretende che tu sia.

Per fare un esempio, fatto alla cieca. La politica da fronte la si fa solo in un aggregato politico, ma io, che entro ed esco da partiti e collettivi come vado al bar non so neanche bene di preciso cosa sia.

Prendiamo la situazione politica attuale: il parlamento fa schifo. Il governo pure. Ma di bello c’è che con molti mesi in anticipo sull’estate wall street sta bruciando! Un rogo di dimensioni che io neppure pensavo esistessero. Dice però che è un male. E di sicuro lo è. Quindi che faccio: politica da fronte o identitarismo??? Provo con tutte e due, ma non è facile.

Terza lezione: imparare a dire no. Ma questa me l’hanno suggerita tanti anni fa e io personalmente non sono mai stata brava a seguire questo precetto. Perchè non so su che criteri dovrei basarmi nel dire “No”, magari essendo gentile e dire “no, grazie”. Ma è comunque meglio che dire “si certo” e poi non avere la forza di farlo.

Esempio. Oggi è successo questo a lavoro: tutto tace, tutto tranquillo fino alle 16,00.

Poi arriva un messaggio “mi ha chiamato il capo, è morto tizio”.

Silenzio di un altro quarto d’ora. Altro messaggio “si è suicidato”. Dramma per tutto il pomeriggio, le colleghe piangono, non capiscono, era giovane, aveva un bambino piccolo, si doveva sposare fra poco, la mia collega in dolce attesa avrebbe voglia di buttarsi giù da un ponte pure lei.

Lutto virtuale e neanche un abbraccio.

Bel primo maggio del cazzo!

Quindi per me, imparare a dire No, sta diventando una necessità.

Quarta lezione: prentendere sempre un’ora al giorno, ma diciamo anche tre, di normalità. Tre ore non son mica tante, certo almeno più di una, no?

Che poi mi sovviene: ma le 8, 8, 8 (8 ore di lavoro, 8 ore di riposo, 8 ore di libertà) non erano una gran cosa? E perchè non la si è messa in Costituzione?

Chiaro nelle prime 8 però ci deve stare il viaggio di andata a e ritorno, sennò si bara!

E se il viaggio di andata e ritorno non c’è, le ore devono diventare 5 al massimo, sennò si bara!

Si lo so, è una rivendicazione del cavolo. Tutti a progettare un nuovo mondo e io mi piego alle 8 ore. Però…

Quinta lezione: il bilancio. Il bilancio è una fase indispensabile di qualunque battaglia per la rivoluzione. Ma non fatevi traviare da chi dice il contrario, il bilancio non va inteso come un nuovo piano, sennò non è un bilancio. Non serve a ripartire e mettere in movimento, ma a fermarsi e capire dove si è arrivati.

Per esempio quando ero ragazzina il bilancio consisteva in questo: per sopravvivere all’adolescenza la notte prima di andare a letto mi dicevo: “ok, tutto uno schifo oggi, il fidanzato non s’è fatto vedere, a scuola ho preso 4 e mentre aspettavo l’autobus per rincasare diluviava, ma è successa questa cosa bella: ho mangiato una caramella!” e così andavo a letto un po’ meno triste.

Altri criteri si scoprono via via.

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