Primo giorno

From: la redazione
To: i lettori

Salve.
Siamo pronti per avventurarci in questa nuova esperienza narrativa.
Liet* che ci abbiate seguito fino a qui.
Questo nuovo blog, con un titolo molto più impegnativo del precedente, intende portare avanti la stessa linea editoriale di quello precedente. Più o meno. I cambiamenti principali riguardano la nuova veste grafica, decisamente più adulta e consapevole di quella precedente; alcuni importanti aggiornamenti di sicurezza (sulla barra del vostro browser, precedentemente all’indirizzo del blog, dovrebbe ora essere presente un lucchetto) e qualche ripensamento su alcune convinzioni personali degli autori.
Per chi non conosce i trascorsi della redazione, sommariamente riassumiamo dicendo che l’esperienza pluriennale della redazione di “un’altra storia” ha avuto una brusca interruzione a causa della malattia denominata Covid – 19 che a partire dai primi dell’anno 2020 (quest’anno) è imperversata per il mondo.
La redazione riconoscendo che fosse ormai divenuto impossibile continuare nell’esperimento di cinismo perpetrato col primo blog, ha deciso di ritentare l’esperienza di scrittura e di unirsi al grande e vasto movimento mondiale che invece ritiene l’ottimismo, l’allegria e la gentilezza come orizzonti del tutto a portata di mano della società moderna.

Cordiali saluti.

L&Co.

 

 

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In miniera

Filippo era uno scavatore di petrolio. Il petrolio era una sostanza rara preziosa che nell’antica società industriale spesse volte era stata paragonata all’oro stesso (oro nero) e a volte pure al denaro (petrol-dollari). A differenza però di questi beni pregiati aveva lo spiacevole inconveniente di finire e consumarsi.

Tutti sanno che l’oro, viceversa, lo si può fondere e rifondere quante volte si vuole e solo una piccolissima parte del suo peso si consumerà, mentre il petrolio quando lo si bruciava andava per forza consumato e nelle sue trasformazioni lasciava solo scarti schifosi come la plastica o altri composti chimici.

Così che il petrolio liquido era progressivamente scomparso e sempre più per reperirlo bisognava andare a scavare in miniera.

Filippo era uno scavatore di petrolio.

Che uno avrebbe anche potuto dirgli: “ma che lavoro del cavolo ti sei trovato?”, ma lui era contento di scavare petrolio perchè la paga era buona, il lavoro suo nessuno lo voleva fare e peraltro tutti gli stavano lontani perchè aveva sempre addosso un odore di benzina piuttosto sgradevole.

Un giorno però nella miniera di Filippo successe un grave incidente e una portantina di petrolio, sua amica, rimase coinvolta nel crollo. Filippo quel giorno non era a lavoro, ma quando seppe la notizia subito si recò alla miniera, dove già erano accorse decine di persone, per prestare soccorso.

Purtroppo l’incidente era stato clamoroso e quando chiese informazioni gli risposero che ormai non c’era più niente da fare. Non solo la sua amica era ormai perduta per sempre sotto una montagna di macerie oleose, ma anche la miniera era diventata impraticabile pure per il più esperto scavatore.

Così Filippo, che non si faceva prendere facilmente dallo sconforto, pensò: “poco male per la mia amica, ma il petrolio non lo voglio perdere” e fece una cosa molto disdicevole per uno scavatore di una miniera, seppure di una miniera di petrolio: si alleò coi padroni e proclamò lo stato di agitazione, dichiarando che avrebbe licenziato tutti quanti non avessero immediatamente ripreso i lavori di scavo.

Quello che Filippo non sapeva era che i lavoratori non sono fessi e che quando gli si chiede di riiniziare un’attività pericolosa ci pensano cento volte e fanno tutte delle misurazioni lunghissime fra il pane e il denaro e quale delle due cose sia più conveniente ottenere. E infatti nessuno tornò a lavoro per tantissimo tempo.

Filippo si rassegnò così ad andarsene al mare per qualche tempo, in attesa che i lavoratori rinsavissero di cervello.

Quando molti mesi dopo, finalmente, i lavoratori rinsavirono e lentamente tornarono nei ranghi prendendo il piccone in mano per riaprirsi una strada verso il filone di petrolio trovarono la portantina in una piccola insenatura della montagna. O meglio, trovarono quello che ne restava. Costei infatti quando si era trovata coinvolta nel crollo stava miracolosamente passando sotto un grosso trave portante della miniera che aveva retto al cedimento e gli aveva permesso di rimanere illesa.

Non essendo però mai arrivati i soccorsi era poi morta di fame nell’attesa.

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1° maggio 2020. Didattica a distanza.

Prima lezione: è sempre colpa dei comunisti!

Se per esempio sei un anarchico, è chiaramente colpa dei comunisti che ti hanno da sempre insultato, tradito e sparato in pancia e un po’ diciamo che avresti ragione.

Se sei un borghese è colpa dei comunisti che si ostinano a non comprendere le gioie del liberismo e del mercato, che così chiaramente sono parole sinonimo di libertà!

Se sei un cattolico il tuo peggior nemico sono i comunisti che te credevi di aver trovato il modo per governare il mondo e zac arrivano loro e dicono che Dio non esiste e lo spiegano a tutti portandolo alla coscienza delle masse.

Se poi, sei un comunista, puoi star certo: è sempre colpa tua!

Certo se sei un comunista opportunista puoi sempre dire che è colpa di un compagno opportunista così da confondere la coscienza e metterti tranquillo. Ma, attenzione, se vuoi essere un comunista migliore degli altri non puoi rifarti a questo principio perchè devi invece essere in grado di allearti coi tuoi compagni – che poverini sono un po’ ritardati – per abbattere il regime capitalista e se non ci riesci: è colpa tua!

Dunque, quanto a questa prima lezione, c’è chi si pone di questi problemi: quant’è grave questa malattia? L’abbiamo presa sottogamba?

Quanto alla prima domanda: sappiamo che abbiamo raggiunto circa lo 0,05% di mortalità di questo contagio, questo è però solo il dato a metà curva. Se si mantenesse stabile fino a scomparire si avrebbe che questa malattia ha una letalità dell’0,1% che è un po’ altino. Vuol dire che sui nostri 60.000.000 di abitanti ne verrebbero a mancare 60.000, una città di medie dimensioni: boom – bombardata.
E poi seppure il contagio si fermasse qui, mantenendosi su questi valori, non è comuque detto che ci si salvi tutti e questo un po’ fa girare le scatole.

D’altra parte l’economia ha pure le sue ragioni. La gente a stare sempre in casa impazzisce e si suicida. E non usciranno mai se qualcuno non gli dice forte e chiaro “ cessato pericolo”. Noi però siamo finiti piuttosto in una situazione in cui l’indicazione principale è “si salvi chi può”… bleah!

Quanto alla seconda domanda: mi sono apparsi dei dati fra le mani in questi giorni. Quello sanitario, dice che l’essere immunodepressi tutto sommato non è la causa più importante che porti alla morte, muoiono invece di più quelli che hanno ipertensione e problemi cardiovascolari. Cioè: tutti o quasi.

E poi l’età… quella è strana. Non colpisce solo i 70enni come per un po’ hanno provato a farci credere, ma è dai 50 anni in su che nessuno è al sicuro.

Da che ne so io a 50 anni ne mancano ancora 17 per andare in pensione, giusto? Quindi quanto è che siamo nella merda?? Direi che alle ginocchia, questa volta ci arriva abbondante! Se continuiamo così, poi ci arriva anche al collo.

L’altro dato a conferma di questo è i luoghi in cui avvengono i contagi che portano alla morte: il 40% sono nelle RSA (ed è una mezza strage); il 10% negli ospedali (in cui peraltro ogni 8 minuti circa si ammala un operatore sanitario); il 25% avviene in famiglia, dove chiaramente ha un’origine esterna di partenza e solo un misero 5% sul luogo di lavoro… E il restante della quota: non si sa! Forse a farsi la passeggiatina al parco!

Va bene, facciamo finta sia vero.

Abbiamo detto 60.000 decessi: il 5% sono 3000 lavoratori.

Shshsh.

Quanti ne muoiono per incidenti sul posto di lavoro l’anno? Circa 2000, giusto?

Huston: abbiamo un problema!

Però è successa anche una cosa bella: ho mangiato una caramella!

Seconda lezione: capire chi sei. Dove ti collochi nella scala gerarchica? Per esempio il mio problema è sempre stato quello di barcamenarmi nella scelta: politica da fronte o identitarismo? Chiamato soggettivismo, altrimenti. E qui tocca scegliere…

Tocca scegliere un sacco di cose: le idee, le pratiche, i sogni, il contesto, le battaglie, i sentimenti, gli amici e i nemici.

E anche scegliendo tutte queste cose non puoi sapere se avrai imboccato la strada giusta e ti resterà il dubbio se non sia meglio tutto sommato restare il borghese che lo sviluppo storico ancora pretende che tu sia.

Per fare un esempio, fatto alla cieca. La politica da fronte la si fa solo in un aggregato politico, ma io, che entro ed esco da partiti e collettivi come vado al bar non so neanche bene di preciso cosa sia.

Prendiamo la situazione politica attuale: il parlamento fa schifo. Il governo pure. Ma di bello c’è che con molti mesi in anticipo sull’estate wall street sta bruciando! Un rogo di dimensioni che io neppure pensavo esistessero. Dice però che è un male. E di sicuro lo è. Quindi che faccio: politica da fronte o identitarismo??? Provo con tutte e due, ma non è facile.

Terza lezione: imparare a dire no. Ma questa me l’hanno suggerita tanti anni fa e io personalmente non sono mai stata brava a seguire questo precetto. Perchè non so su che criteri dovrei basarmi nel dire “No”, magari essendo gentile e dire “no, grazie”. Ma è comunque meglio che dire “si certo” e poi non avere la forza di farlo.

Esempio. Oggi è successo questo a lavoro: tutto tace, tutto tranquillo fino alle 16,00.

Poi arriva un messaggio “mi ha chiamato il capo, è morto tizio”.

Silenzio di un altro quarto d’ora. Altro messaggio “si è suicidato”. Dramma per tutto il pomeriggio, le colleghe piangono, non capiscono, era giovane, aveva un bambino piccolo, si doveva sposare fra poco, la mia collega in dolce attesa avrebbe voglia di buttarsi giù da un ponte pure lei.

Lutto virtuale e neanche un abbraccio.

Bel primo maggio del cazzo!

Quindi per me, imparare a dire No, sta diventando una necessità.

Quarta lezione: prentendere sempre un’ora al giorno, ma diciamo anche tre, di normalità. Tre ore non son mica tante, certo almeno più di una, no?

Che poi mi sovviene: ma le 8, 8, 8 (8 ore di lavoro, 8 ore di riposo, 8 ore di libertà) non erano una gran cosa? E perchè non la si è messa in Costituzione?

Chiaro nelle prime 8 però ci deve stare il viaggio di andata a e ritorno, sennò si bara!

E se il viaggio di andata e ritorno non c’è, le ore devono diventare 5 al massimo, sennò si bara!

Si lo so, è una rivendicazione del cavolo. Tutti a progettare un nuovo mondo e io mi piego alle 8 ore. Però…

Quinta lezione: il bilancio. Il bilancio è una fase indispensabile di qualunque battaglia per la rivoluzione. Ma non fatevi traviare da chi dice il contrario, il bilancio non va inteso come un nuovo piano, sennò non è un bilancio. Non serve a ripartire e mettere in movimento, ma a fermarsi e capire dove si è arrivati.

Per esempio quando ero ragazzina il bilancio consisteva in questo: per sopravvivere all’adolescenza la notte prima di andare a letto mi dicevo: “ok, tutto uno schifo oggi, il fidanzato non s’è fatto vedere, a scuola ho preso 4 e mentre aspettavo l’autobus per rincasare diluviava, ma è successa questa cosa bella: ho mangiato una caramella!” e così andavo a letto un po’ meno triste.

Altri criteri si scoprono via via.

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E chi se lo scorda più?

Rocco… e chi se lo ricorda più?

Invece mi ricordo bene cos’è stato per me, quando l’ho conosciuto a Urbino, ormai laureanda, ormai convinta che l’università fosse quella cosa là. Quella che è: una roccaforte medioevale che col sapere e la conoscenza c’entra poco o niente. Ma se uno come Rocco c’è pur venuto a studiare, forse c’è speranza.

Le foto del rettore con la corona in testa, sputtanato su tutti i social. Già: un dato di fatto, mica una trovata. Chi ha mai pensato che ci sia democrazia nell’università? Chi pensa che ci sia nella società?

“Senti Ro’ ma che ci fai a 30 anni appena immatricolato?”

“Eh così… Tu non sai che storia”

E non la voglio neanche sapere: di me non ti dico niente e di te non voglio sapere.

Solo che così a forza di voler dimenticare, si finisce per non ricordarsi niente.

E così ci provo a tirare fuori i ricordi, quelli di tutti: “potremmo fare come nel film Basilicata Coast to Coast”; il petrolio trovato nella tua regione e la spiegazione di come funzionano le royaltes; l’analisi più accurata di chiunque altro a Urbino e il copiare le trovate degli altri; “oggi la mensa non si paga” e gli assegni da 4 euro e 50 centesimi sventolati in tribunale per saldare il nostro danno economico.

Rocco metti via quel bicchiere che fra un’ora c’è la manifestazione e devi trattare con gli sbirri.

“No, io le canne no, solo vino”.

Ok, il vino ci sta, ma perchè niente canne?

“Eh così… tu non sai che storia”

Ma dai non fare il palloso che fumare una canna non ha mai fatto male a nessuno!

Poi a giocare al pallone come i bimbi e te a calcio non sai giocare. Il capitano dalla panchina che entra in squadra nei momenti di crisi! Ora si che si svolta la partita!

“Che ci fa quella culona sui manifesti di Resistenze Anomale!”

Porco Dio, Rocco!

Quanto mi hai preso in giro e quanto mi sono sentita stupida insieme a te!

Dura poco un anno. Vola. E appena che ti ho conosciuto e già non ti vedrò più. Tu di là, io di qua ognuno a farsi la vita sua.

Non mi piacciono molto i discorsi educativi, anche se ormai ne avrei l’età, penso che siano una forzatura, però continuo a credere che l’importante sia non disperdere il lavoro politico che hai seminato. Che magari la politica non è solo quella cosa di occupare e autogestirsi, ma certo è anche quella cosa là.

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Schopenhauer!

E’ difficile il mestiere di maestro, perchè la cutura dominante è quella borghese e i borghesi sono tristi. Non so perchè, ma è così. Sono tristi fin da quando sono nati come classe… forse perchè sono pochi e si sentono soli?

Comunque, per non banalizzare proprio tutto, possiamo dire che pur essendo tristi e pur essendo pochi affrontano dei problemi che sono propri dell’essere umano e che se anche non possono essere generalizzati, come loro ambirebbero, possono quanto meno essere testimonianza di questioni “vitali” importanti.

Per esempio… il più grande scrittore della cultura borghese è Shakespeare. Non so niente al riguardo, però, quando mi viene voglia di leggerlo o mi guardo un film che è basato su una sua tragedia, mi piace. Mi piace come descrive tutte quelle passioni basse e meschine che animano le corti del ‘400, la futilità di quelle lotte e l’utopismo vano dei protagonisti, perennemente innamorati, distaccati dai beni veniali che finiscono tutti uccisi nelle maniere più feroci.

Il più grande poeta, invece è nostrano: Leopardi! Il gobbo di Recanati. Leopardi lo conosco meno, mi piace meno, ma anche lui che sembra così depresso, si dice che invece celebrasse la vita e l’importanza delle piccole cose.

Fra i filosofi non si sa chi possegga il primato. Cartesio, per esempio se lo contendono varie culture, non solo quella borghese. Di Marx neanche a parlarne. Parliamo quindi di Schopenauer, dato che me ne hanno parlato. Schopenauer di sicuro è infatti un borghese e a scuola lo insegnano a forza. In realtà, da che mi ricordo io, piace anche abbastanza ai ragazzini proprio perchè è eternamente depresso.

Dice che anche Nietzche quando era ragazzino fosse affascinato da Schopenauer e ne seguisse le tracce, per poi allontanarsene definitivamente e dare vita a una filosofia da tutti ritenuta grandiosa, ma per me grandemente incomprensibile. Comunque sia, Nietzche insieme a Freud e Marx sono comunemente raccontati dalla filosofia moderna come i “maestri del sospetto”. Perchè Freud e Marx meritino questo appellativo è noto: il primo perchè teorizzò l’esistenza di una coscienza che sfugge all’intelletto e che si nasconde all’interno dell’essere umano (l’inconscio); il secondo perchè affermò che esisteva una storia dell’umanità molto diversa da quella raccontata dagli intellettuali nobili e borghesi (la lotta di classe). Ma che cosa abbia “sospettato” Nietzche non è dato saperlo… che Dio è morto? E basta? Booo….

Comunque si diceva, Schopenauer. Schopenauer è famoso per il pendolo. Il pendolo di Schopenuer è quello fra la volontà e la noia e secondo lui la vita è solo sofferenza. L’uomo infatti è tale in quanto essere che desidera. Volontà per lui infatti è concetto simile al desiderio, per cui chi esercita la propria volontà è perchè “vuole qualcosa” e si adopera a far si che questo qualcosa diventi suo. Però, ed ecco perchè la vita è un pendolo, la volontà si affloscia nel momento in cui ottiene l’oggetto del desiderio ed è in quel momento che sopraggiunge la noia e il tedio e si finisce sull’altro lato del pendolo, fino a che un nuova volontà non rifiorisce e il cammino riinizia. Sono ambedue stati emotivi estremamente negativi per Schopenauer in cui l’uomo si dibatte cercando di agganciarsi all’uno o l’altro lato del pendolo. Quello della volontà è negativo, non solo perchè destinato ad esaurirsi nell’attimo del possesso, ma perchè la volontà può essere esercitata solo nei confronti di qualcosa che non si possiede, per cui il dolore persiste e caratterizza tutta la vita del desiderante. La noia è negativa pure perchè toglie il senso e lo scopo alla vita, è il momento in cui tutto è considerato futile e inutile e nessuna luce brilla nell’oscurità. Almeno finchè non risorge la volontà.

Anche se fra le due Schopenauer considera più negativa la volontà perchè pur dicendo che la soluzione alla sofferenza della vita sia trascendere il pendolo, elevarsi al di sopra delle passioni umane è all’eremitaggio che pensa come soluzione ultima.

A questo punto, dato che lo predica, il nostro Schopenauer anche lo pratica l’eremitaggio? Assolutamente no! Ovviamente. È invece un borghese di fine ottocento che si fa la sua vita mondana con tutti i crismi e non rinuncia proprio a un bel niente per sconfiggere le insidie della volontà.

Ora perchè ai ragazzini piaccia tanto Schopenauer è facile capirlo. È da ragazzi infatti che si vivono le passioni con quella ferocia e assolutezza senza appello di cui neanche ci si domanda il perchè… ma uno che ha elaborato una filosofia da ragazzini, può essere considerato un persona seria? Bo…

Comunque ce lo fanno studiare. La critica a Schopenauer è presto fatta: chiaramente a me sta un po’ simpatico, perchè in questo suo pendolo è un po’ descritto un meccanismo che funziona anche nel consumismo, ma al di là di questo è da rilevare che l’uomo non è proprio come lo descrive Schopenauer. Non è roso dal desiderio, non mette la volontà al centro di ogni suo pensiero, non cessa di esistere se ottiene quello che vuole, non si scapicolla se non lo ottiene e non si annoia mortalmente quando sta in quiete.

Ma di chi andava ragionando Schopenauer? Non si sa…

Presumibilmente la prossima lezione di filosofia la terremo fra altri 6 mesi, tanto è il tempo che occorre per raggiungere l’oggetto desiderato quando tale oggetto è un amico, invece impegnato nella quiete e apatia della noia.

Stay Tuned!

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