Non proprio Vox Populi

Abbiamo una lunga e serena pausa estiva di fronte a noi. Prima di andare in vacanza a distendervi sotto l’ombrellone, su un pratino alpino o dovunque le vostre idee e desideri trascinino i vostri corpi, parliamo ancora di coronavirus. E ricordiamo a tutti di portare sempre con sè una mascherina chirurgica (e non ffp2 che infetta tutto il mondo), gel disinfettante e in caso di scambio di strumenti di consumo, tipo cucchiani usati per mangiare romanticamente dallo stesso barattolino di yogurt, ricordiamo che il contagio si trasmette anche per quella via.

La parola degli esperti. Gente che ha studiato.
Intanto non si insisterà mai abbastanza sull’importanza di portare il tema epidemiologico fra le persone fisiche. Cosa complicata solo in apparenza dalle misure del distanziamento. Quindi consigliamo senza dubbio di portare avanti la line di incontro fra personale medico e masse popolari. Cosa che può avvenire in vari contesti: quello più facile è probabilmente solidarizzando con le battaglie rivendicative del personale sanitario e partecipando alle loro manifestazioni, altrimenti anche iniziative dedicate apposta vanno bene.
Ho partecipato, come spettatrice, ad una di queste iniziative.

La prima notazione riguardo il personale sanitario è di ordine psicologico. Queste persone non si sono quasi rese conto di cosa è successo. Per loro il tempo del contagio è stata una fase di emergenza, di incremento del lavoro, di applicazione di protocolli ogni giorno diversi, ma sostanzialmente nessuno di loro ha vissuto il lock-down, neanche nei sabati o nelle domeniche. I loro turni si sono succeduti uguali, e anzi incrementati, rispetto a prima della pandemia. Qualcuno che si è ammalato, ha fatto la quarantena, due settimane e poi costretto a tornare a lavoro. Sono quindi un po’ stralunati.
Con questo non sto dicendo che abbiano le capacità di giudizio alterate.

Cosa dicono?
Che l’emergenza è passata. Che siamo ora in una fase in cui arrivano ancora pazienti, anche gravi, ma che riescono ampiamente a gestire. Quindi nell’immediato non è prevedibile un’altra ondata. Del virus ci tengono a precisare che l’approcio principale a tutt’oggi è quello di non sapere di cosa si tratta di preciso. Sono un po’ contradditori quando parlano di medicina, dicono che non sanno nulla riguardo la malattia, ma che la scienza ha fatto enormi passi avanti e ormai le malattie le sappiamo curare.
I dati registrati dall’esperienza però non sono per niente confortanti: un’ospedale di grosse dimensioni è passato da un reparto di terapia intensiva con 32 posti letto ad averne 5 di reparti nel giro di due mesi. Hanno dovuto sospendere tutte le operazioni chirurgiche per trasformare tutte le sale operatorie in reparti, chiuso gli ambulatori e l’ortopedia. Sono state esaurite tutte le graduatorie OSS, ma l’organico è ancora scoperto di 400 posti. Sono stati impacchettati una media di due morti a turno (per operatore sanitario??). Quanto ai contratti fatti al personale assunto in emergenza, dice che gli sono stati fatti contratti di 36 mesi meno un giorno, per non incorrere nella trappola della conversione a tempo indeterminato. Dice che il miglior modo di favorire la sicurezza sui luoghi di lavoro è quella di assumere personale e ridurre i ritmi di lavoro, per diminuire il rischio di contagio, e non di pagare 1000 euro in più in busta paga per tappare la bocca ai lavoratori sulle carenze che riscontrano. Geriatria è stato chiuso.
I servizi diurni per gli anziani fuori dagli ospedali pure sono stati tagliati e chissà dove sono finiti i pazienti, gli operatori a gestire i giovani con handicap, che non è la stessa cosa.

Quanto ai tempi, non erano preparati. Sembra che avessero fatto un protocollo d’emergenza già da dicembre-gennaio, ma che fosse stato steso per curare una decina di casi “come di solito succede nel caso di queste epidemie”. Quanto alla gravità: dice che di casi gravi di pazienti giovani (che finiscono in terapia intensiva) durante un’influenza ne possono capitare uno o due a stagione, che con questo virus invece questi numeri li raggiungevano in 3 giorni. Dice che i malati arrivavano in ospedale, gravi, li intubavano e morivano. Più e più volte. Dice che polmoniti strane si vedevano già a novembre, una volta avevano pensato di dover dire a una ragazza giovane che aveva un tumore, poi son passati due mesi ed è guarita. Dice che in una radiografia la parte bianca è quella malata, quella nera è quella sana (o è il contrario?). Che queste cose all’inizio non riesci a metterle in relazione l’una con l’altra, poi è arrivata l’ondata e non si poteva più girare la testa dall’altra parte.

Sempre per il fatto che non si capisce niente di quello che dicono i dottori, dice che hanno fatto bene a dire alla gente di non recarsi in ospedale se era malata, ma che il problema per cui sono morte tutte quelle persone era che non si riusciva a individuarli quando ancora non si erano aggravati.
Dice che in Lombardia era chiaro che non potevano farci fronte e che non poteva andare diversamente, perchè lì hanno smantellato la sanità territoriale e pubblica (meno male che hanno costruito quel grosso reparto di terapia intensiva, allora!). Ma dice che da noi, dove invece la sanità pubblica funziona così bene, a presiedere le USCA ci hanno messo un dermatologo e un otorino, gente espertissima nel sentire i rumori ai polmoni.

Dice che le farmacie comunali non esistono più, che a suo tempo fu combattuta anche una battaglia importante per tenerle aperte, ma sono state tutte cedute alla Loyd (o come si chiama), una multinazionale che anche in epoca di emergenza ha chiesto ai suoi dipendenti di fatturare il più possibile, mettendo a sconto le creme solari; dice che il personale è molto sotto-organico, che il lavoro che quando erano pubbliche facevano in 3, adesso lo fa una persona sola, ma che comunque stante la crisi vogliono licenziare il prima possibile, magari pre-pensionando che non fa mai male.

Dice che i presidi sanitari anche se scarsi più o meno ci sono sempre stati, anche se quando il contagio è arrivato negli Stati Uniti si è visto la differenza e che per due settimane sono spariti i rifornimenti, perchè se noi li paghiamo 100 euro e gli USA 1000 a chi è che scelgono di andare a vendere i capitalisti?

C’è chi dice che adesso stanno risistemando ali di ospedali prima vuote per prepararle per il covid e chi dice che stanno esternalizzando tutti i servizi non urgenti al privato e che non si sa quando e se torneranno in mano pubblica. C’è chi dice che c’è bisogno di assumere e chi dice che con la riduzione dei posti letto taglieranno anche il personale.

Quanto al futuro qualcuno è ottimista. Il virus pensano che tornerà, ma che non potrà essere come la prima volta, che la struttura per affrontare l’autunno è in piedi, che i direttori sanitari hanno capito che gli serve personale e che non lo terranno più a lumicino col rischio che se si ammala un operatore sanitario di restare poi scoperti, che la pandemia è riuscita a smuovere qualche cosa e bla bla bla. Insomma: ottimista.
Chi con più esperienza mette in relazione la pandemia del covid con tutte le altre pandemie che abbiamo: quella dei morti sul lavoro; quella dei morti nel mare; quella della povertà, che colpisce 5.000.000 di persone che sono molte e molte volte di più di tutti i contagiati per coronavirus. Che le condizioni non sono tutte uguali e non tutti hanno le stesse probabilità di ammalrsi.
C’è anche chi dice che il capitalismo per un momento ha dovuto fermare la produzione e capito che senza il momento della riproduzione non può funzionare, che il virus ha fermato anche il capitalismo. Invece chi sostiene che lo Stato ci ha trattati a tutti come se fossimo bambini incapaci di intendere e di volere e che ha usato la costrinzione come se avessimo fatto un reato penale.
Dice che l’unica strategia è: reddito (universale) e sanità pubblica.
Ed è una gran bella strategia.

 

Alcune osservazioni personali. Sia a livello nazionale che internazionale sembra di capire che tanto più è sviluppata la sanità pubblica e tanto meglio articolata sul territorio, tanto meno gravi sono le conseguenze della malattia. Questo è vero per il covid ed è probabilmente vero per ogni altro stato di malattia. In Italia i sistemi che hanno ceduto sono stati infatti quelli che avevano del tutto smantellato questa articolazione. Per non parlare della scala internazionale in cui i paesi europei e quelli ex-socialisti se la sono cavata, mentre tutti gli altri sono stati travolti. Chiaramente questo non basta a risolvere il problema, ma è una notazione comunque importante e che dà il segnale di quanto anche in Italia sia grave la situazione della sanità pubblica, siamo infatti tutt’ora credo in top-five per numero di morti su scala internazionale e la cosa non si può nascondere ricorrendo alla scusa “che noi abbiamo fatto più test”. Ed è una ben misera gara da vincere quella di aspettare di venir sopravanzati da altri stati.
Una domanda che avrei voluto fare agli esperti sarebbe stata quella di chiedergli se hanno mai vissuto nella loro esperienza lavorativa momenti di crisi simili a questo, magari dovuti ad altre cause, per capire meglio che difficoltà vive la sanità pubblica. E magari la farò nella prossima occasione utile.
Strutturalmente inoltre credo che si veda bene la differenza fra sistemi pubblici e privati-capitalisti nella diversa efficienza non solo in quantità di popolazione che si riesce a coprire preferendo il sistema sanitario pubblico, ma anche in termini di costi generali. Il privato, là dove è prevalente, costa di più, molto di più per una copertura sanitaria assolutamente inferiore e un consiglio che si può dare a chi vuole cercare di rimettere in piedi un servizio sanitario, là dove non si ha il coraggio di espropriare il privato, è di inondare di soldi i pochi spazi di sanità pubblica che esistono. Lavorare nel pubblico non può essere solo una missione da salvatori della patria, deve poter essere motivo di orgoglio professionale. Finchè, infatti, la cura verrà demandata solo a ONG, al volontariato o all’emergenza è inutile sperare di essere in grado di fare fronte ai problemi sanitari che diventeranno sempre maggiori.
Quindi una cosa da tenere sotto osservazione è quella di capire come (se e quando verrano stanziati più soldi per la sanità) verranno impiegate le risorse.
Quanto alle prospettive di cura. Di cure credo che ne troveranno tantissime. Il problema è che la medicina non è come la fisica, non si basa su leggi universali valevoli in ogni luogo e tempo sempre allo stesso modo, ma riguarda singoli corpi ognuno dei quali ha sue proprie interazioni interne e particolarità, cosicchè un protocollo che funziona per una persona non è buono per un’altra e pertanto è improbabile scoprire una cura universale. D’altra parte anche il vaccino, unica cura probabilmente efficace, non sarà pronto in tempi brevi e come ci è stato fatto osservare non vale la pena mettersi in fila ad aspettare che venga distribuito, ma che è importante occuparsi da subito di quelle che sono le possibilità di soluzione.
Infine un appello forse inutile, ma che male non fa. Rispetto ai nuovi dottori, quelli specializandi, quelli appena assunti. Non trattateli solo come se fossero una risorsa preziosa, che alcuni potrebbero essere stupidi. La categoria del dottore è ancora in larga parte riservata alle classi dominanti: figli di industriali ribelli che non vogliono continuare la carriera dei genitori industriali e che con gran prosopopea decidono di diventare dottori. Allevati ed educati dalla classe dominante hanno proprio bisogno di essere rieducati da zero. Sennò poi c’è il rischio che a stare sempre a fare le moine allla sanità pubblica, queste cose ce le dimentichiamo. Anche sotto il coronavirus.

 

 

Pubblicato in General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Non proprio Vox Populi

Il giorno che scopri i feed

E poi arriva… il giorno che scopri i feed (RSS).
E la tua vita diventa molto più semplice!
Ecco come si seguono i blog degli amici, che stupida a non averci pensato prima!
E guarda bellini, che stanno tutti lì, in ordine cronologico.
Oddio… l’ordine cronologico allora non è un modo di dire, è proprio una questione di sistemazione fisica delle notizie! Ma che bello: del futuro non so niente, ma il passato almeno è già bello che sistemato.
Chi sono quegli scellerati che non attivano i feed sui loro blog? Guarda che se voglio ti spio lo stesso, mica che mi scoraggi metterti fra i preferiti sulla barra di stato!
In effetti se ne sentiva sempre parlare… ed eccoli lì..
Tu non sai che io so, che forse tu sai… perchè hai voluto! E hai voluto proprio te, non che l’ha deciso un algoritmo.
E poi cos’è questa cosa di saper scrivere più di 160 caratteri? E quando hai imparato? E cosa avrai scoperto di importante?
Ma d’altronde io non so chi è che sa, perchè io non l’ho mai detto a nessuno.
Certo, non l’ho mai detto a nessuno, ma sempre in ordine cronologico!

E ora, come funziona?

Quei rompiscatole del 37% ti bombardano di mail, che neanche facebook nell’epoca dell’ingenuità.
Quegli altri neanche li attivano i feed… mortacci loro!

Tanto ormai: Orwell è la norma e il grande fratello non riesce neanche ad allacciarsi le scarpe da solo, figuriamoci a controllare qualcun’altro…

 

Pubblicato in General | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Il giorno che scopri i feed

Favola#1

C’era una volta un topolino che doveva scalare una montagna.

Anzi no, c’erano una volta due topolini. Uno che doveva scalare una grossa montagna, l’altro che doveva attraversare una vasta palude.

Prima di tutto soffermiamoci sul verbo principale di questa frase, “dovere”.

Perchè il topolino 1 doveva poi salire sulla montagna? Che cavolo ci andava a fare sulla montagna? E il topolino 2 doveva davvero andare dall’altra parte della palude? E che cosa lo aspettava dall’altra parte?

Perchè se si sa che cosa c’è sulla montagna, che vale la pena di arrampicarsi, bene, ma se sulla montagna non c’è un bel niente perchè il ghiaccio ormai s’è sciolto da un pezzo allora forse è inutile arrampicarsi.

Infine c’era una talpa che doveva scavare una lunga galleria ed era preoccupata che il topolino arrampicatore ci cadesse dentro. Ma il topolino 1 la rassicurò e le disse: “ma figurarsi! Io sono un topolino arrampicatore, mica mi dedico alla speleologia!”
Gli importava assai, già doveva arrampicarsi su una montagna!

Ma che sulla montagna non avesse intenzione alcuna di andarci, lo voleva dire chiaramente, nè di attraversare la palude.

Liberamente ispirato da Esopo & Co.

Pubblicato in General | Contrassegnato | Commenti disabilitati su Favola#1

Regali dai capitalisti

Sinceramente mi sono stancata di questa storia dell’anonimato e del giocare ad avere il pisello più grosso on-line. Sono anni che mi batto contro questa iattura, ma i miei stalker personali sembrano tutti stupidi. Continua a restarmi il sospetto che siano pagati per quanto fanno.

Sto leggendo un libro.
Ed è il caso di fargli un po’ di promozione.
E’ l’autobiografia di Edward Snowden.

Snowden è noto per aver rivelato a tutto il mondo cosa i servizi di spionaggio USA avessero fatto a partire dall’attacco alle torri gemelle di New York in termini di cybersicurezza. Lo ha potuto rivelare in quanto era un agente dei servizi segreti stessi, uno dei primi agenti “tecnici” di questi servizi e quindi inserito in posti chiave dell’attività di spionaggio.
E’ dovuto fuggire dagli USA per aver fatto queste rivelazioni e ora è un rifugiato politico. E’ anche presidente di una società per la libertà di parola piuttosto importante.

Il libro è molto interessante. Per la nostra generazione (la mia e di Edward) è molto importante capire il funzionamento di internet. E in questo libro è ben spiegata, fra l’altro con un approccio storico che è apprezzabile per molti aspetti.
In tantissimi passaggi del libro mi sono ritrovata come se mi stessi guardando in uno specchio, come se stessi leggendo il mio stesso diario e questo aiuta a sentirsi meno soli nel fronteggiare il fenomeno internet.

Ora noi viviamo una fase politica in cui il nostro PdC promuove la digitalizzazione come se fosse un battitore d’asta. Ma di un’asta importante, tipo un’asta di un bene pubblico, tipo il Colosseo.
Partiamo dalle sue ragioni: è vero, in effetti, che ancora in Italia scontiamo un digital-divide importante. La didattica a distanza lo ha messo chiaramente in luce: tantissimi ragazzini non hanno un PC in casa e hanno dovuto seguire le lezioni sugli smartphone; altri proprio non sono neanche riusciti a connettersi (almeno non alla scuola). Per il digital-divide in direzione nonni invece si può fare poco.

Però c’è una divisione forse anche più importante che è quella fra quanti internet lo hanno visto nascere e ci si sono dedicati e appassionati, reinventandosi tecnici informatici e tutti gli altri che lo usano come un servizio creato da qualcuno, a cui accedere, senza preoccuparsi di niente. Un po’ come quando si usano le strade pubbliche. Ma se sulle strade pubbliche almeno, per frequentarle, è necessario se non conoscere le regole ingegneristiche che tengono in piedi i ponti, almeno i cartelli, le regole del codice della strada, l’uso delle striscie pedonali, dei marciapiedi, ecc… su internet accediamo senza avere idea nè della struttura tecnica, nè delle regole del codice della strada.
Anzi diciamo pure che queste regole non esistono.
E se esistessero i vigili urbani che ti farebbero la multa sarebbero gli Stati Uniti.
Questa è fra le cose principali che spiega Snowden: l’architettura tecnica è in mano agli USA, sia per quel che riguarda le grandi compagnie di servizi (non sto a fare l’elenco, tanto qualunque nome di compagnia informatica vi venga in mente è quasi sicuramente americana), ma anche per quel che riguarda l’infrastruttura materiale vera e propria: server, router, switch (che non ho idea di cosa siano).
E già questo è un aspetto angosciante.

Il PdC ha detto anche che metterebbe internet fra i diritti costituzionali… proprio non gli viene in mente niente di meglio da fare a quell’uomo?
Ma la questione non è banale.
Che internet intendiamo, quando diciamo che la vorremmo fra i diritti inalienabili? Perchè se parliamo della rete che ci permette di accedere ai consumi digitali, io da soggetto che ne è stato deprivato per lunghissimo tempo posso arrivare a capire l’esigenza in sè, ma non mi spingerei certo fino a chiamarla un diritto. Se invece è della internet raccontata dai pionieri del web: il mondo della conoscenza, dell’anonimato totale e della parità, allora è tutta un’altra questione. Quella possiamo essere sicuri che se anche la mettessimo sulla carta costituzionale più bella del mondo comunque rimarebbe un sogno e un’utopia. Quindi ha davvero senso, anche se presa in questa forma, considerarla un diritto?

Oggi internet è un guazzabuglio di melensaggini e vendita di prodotti commerciali. Le barre di ricerca, che siano più o meno allineate sul trattamento dei dati, propongono le stesse soluzioni e le grandi aziende hanno ormai imparato ad accaparrarsi il traffico web. Anche le piattaforme di incontro virtuale sono pensate e organizzate solo da compagnie informatiche stranote che selezionano le persone in base al sesso, al luogo di nascita e quello di abitazione. Tutti siamo schedati on-line e ogni scheda ha il suo piccolo archivio personale.
Internet ormai ha un senso solo per comprare cose: prodotti e servizi. Per quello è utile, ma è veramente un’infrastruttura costosa se poi è a questo che si deve ridurre.
Facebook, e-commerce e web-tv… bè, vedi un po’ che culo!

Comunque dice anche che fa risparmiare carta. E’ vero. Ma per salvare un paio di alberi siamo davvero disposti a regalare le nostre informazioni e a cedere al principio della sorvelianza globale? Domanda retorica giacchè non c’è alternativa.
Almeno però impegnamoci nell’ampliare i pochi spazi di libertà che ci sono concessi e per educare chi vuole imparare ad usarlo correttamente.

 

 

 

Pubblicato in General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Regali dai capitalisti

Il capodanno cinese

I giornali attualmente riportano notizie strane: il virus è meno virus di prima. E anche quelle fastidiose notizie di schedatura sanitaria di massa provenienti dalla Cina sono state zittite, ma noi non riusciamo a credere che sia stata tutta una bufala.

Abbiamo comunque dei problemi coi dati sul Covid: sono inquinati dal lock-down. Tutti sperano che il lock-down sia servito a salvare vite umane, ma se è servito è un problema per i dati. Se non è servito, come già abbiamo detto in precedenti comunicazioni, è un problema ancora più grave.
Comunque speriamo che sia servito, ma, appunto se è servito, il problema sanitario rischia di ripresentarsi a fine ottobre. Circa.

Ci sono due ipotesi principali al riguardo: quelli che sperano che il virus stia sparendo così come è venuto; tutti gli altri che lo ritengono impossibile.

Che cosa si può dire di questo virus con sicurezza?

1- che è un virus influenzale. Non è settoriale. Non colpisce una popolazione piuttosto che un’altra, anche se ci sono categorie più a rischio di aggravarsi. Si trasmette per via aerea e ha un ciclo di sviluppo simile a quello dell’influenza: stagionale. Te lo prendi, stai male, guarisci e dopo due anni lo riprendi.

Essendo di origine animale è del tutto possibile che non riesca ad adattarsi all’essere umano e che così com’è venuto sparisca. Ma è anche possibile che sopravviva all’estate e torni a diffondersi in autunno. Nel qual caso: noi siamo prepaparati? Lo siamo sul serio? E che cosa significa essere preparati?

2- è un virus abbastanza pericoloso, più dell’influenza e più aggressivo. Statisticamente il problema è che si somma all’influenza, motivo per cui non moriranno necessariamente il doppio delle persone, ma è chiaro che comunque il range di morti quotidiani si amplia. Se ci atteniamo ai dati ufficiali e prendiamo l’esempio di Bergamo, la mortalità sarà superiore di 5 volte rispetto alla media. In classi di popolazione più giovani di età si attesterà sulle 3 volte superiori, in luoghi meno densamente popolati si arriverà a 1,5-2 volte la mortalità normale. E se durante il lock-down c’era almeno la componente dei morti per incidenti (sul lavoro, autostradale, ecc..) e quella iatrogena abbassata e quasi azzerata, ora, di nuovo anche quella farà valere le sue ragioni. Cosa che farà maggiormente risaltare i morti per covid.

Intanto cerchiamo di essere positivi e diciamo che per avere certezze matematiche sul comportamento della malattia dobbiamo almeno aspettare che completi un ciclo di stagionalità (come col vino). Possiamo vivere tutto questo periodo come “eccezionalità” a cui poi far seguire un ritorno alla normalità vera e propria, ma bisogna avere molto chiaro qual’è la normalità vera e propria nel caso, e certo questo non è un’orizzonte che ci rasserena.

Dall’altro lato però, abbiamo il problema della seconda ondata. Come detto, speriamo che non ci sarà, che le misure di sicurezza lo tengano a bada. Ma siccome siamo in una situazione in cui le cure sono decisamente peggiori del male, bisognerà pur rimboccarsi le maniche per gestire la situazione sia nel caso che la seconda ondata arrivi, sia nel caso che questa non arrivi.
Se non arriva e il virus scomparirà così come è apparso, dovremo correre ad aggiustare tutte le storture che il virus ci ha segnalato (e che speriamo qualcuno da qualche parte si sia ricordato di segnare).

Se non arriva come tsunami, ma come onda di riflusso, cioè se inizia a circolare nella società come uno dei tanti virus che già circolano e a fare danni un po’ per volta, una goccia alla volta e se arriva la seconda ondata comunque altina le strategie da mettere in campo sono poi molto simili.
Le conosciamo?

Bene dopo queste notizie così poco allegre, passiamo alle questioni personali.
Personale o politico? Ecco un altro di quei dilemmi che mi hanno sconvolto la vita. Fa niente.
Personale: non ho più niente di nuovo per cui preoccuparmi e prepararmi. Sono profondamente arrabbiata e anche disillusa.
L’unica cosa positiva è questo nuovo blog. Riuscirò a tenerlo come si deve?

E per chiudere in linea coi buoni propositi con cui abbiamo iniziato questo blog teniamo a mente un aspetto, seppur non confermato dai fatti: le persone non sono stupide (non tutte), nè egoiste e seppure non sanno scrivere un bell’articolino come questo testè composto prima o poi arriveranno alle stesse conclusioni. E quindi il mondo diventerà un posto migliore invece che peggiore…

Ecco…

 

 

Pubblicato in General | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Il capodanno cinese