Servono 20 bottiglie di vino

Ringrazio tutti i compagni e le compagne che hanno contribuito alla ricerca collettiva di questi mesi, vorrei ringraziarli uno ad uno, ma dato che non leggeranno mai queste righe mi limito a dire che le tesi qui sostenute non sono frutto solo di elaborazione personale. Avanti!

È da poco partita la campagna vaccinale contro il covid e il modo in cui viene raccontata dai media ha l’unica funzione di distogliere i dubbi e le domande delle persone, facendo credere alla gente che lo Stato abbia tutto sotto controllo, nonostante tutte le evidenze contrarie degli ultimi mesi.

Si dice sui giornali e nelle interviste: “Bisogna spiegare alle persone che il vaccino è sicuro”, ma mai che per dissipare i dubbi dei cittadini venga spiegato com’è fatto questo vaccino.

Chi scrive non è certo un medico ma in questo post proverò a riferire in forma un po’ estremizzata le informazioni spizzica e bocconi che ho raccolto sul tema del vaccino. A qualcuno, sicuramente, questo modo di affrontare i problemi, senza indagini sistematiche, senza bibliografie di riferimento, darà fastidio.

Ma mettiamola così. Questo mio blog, fin dagli anni passati e oggi di più, va visto più che come una pagina di diario o un’esperienza velleitaria di giornalismo e approfondimento, come un tavolo di una taverna, di un bar di quartiere, del centro sociale della città.

Si passa, si entra, si prende un bicchiere di vino e ci si ferma a ragionare dei fatti del mondo. Tutti ripetono quello che hanno ascoltato dai telegiornali e c’è sempre un rompiscatole, che non guarda mai la TV, che non legge i giornali locali, che chissà dove cavolo si informa, che afferma: “vi stanno raccontando delle frottole!”.

Ecco questo è quel tavolo della taverna in cui si mette in dubbio quanto l’informazione di regime afferma come verità.

Dunque, la tesi corrente, attualmente, è ancora quella che sostiene che il vaccino sia la via maestra per uscire dalla pandemia, anzi più che la via maestra è proprio tacciata come l’ultima speranza. Se il vaccino non funziona sembra che non esistano altre cartucce. Dopo un anno di segregazione, di fallimenti economici, di un numero inusitato di lutti, aprire l’anno nuovo con questo senso di misticismo può essere, a detta di chi scrive, considerato il colpo fatale. Sembra che gli opinionisti, e la gente esasperata che gli dà retta, più che aver trovato un farmaco, abbiano trovato una pozione magica. Personalmente temo più le conseguenze di un (eventuale) brusco risveglio da questo incantesimo che i possibili effetti negativi del vaccino.

Parliamo dunque dei vaccini.

Breve storia burlesca del vaccino.

Il vaccino nasce agli inizi del secolo 1900 (XX) ad opera di un signore, direi Pasteur, che oltre evidentemente ad aver inventato la pastorizzazione del latte, ha anche usato il sangue delle mucche per creare il primo vaccino: quello anti-vaiolo… occhio e croce direi che Pasteur più che un biologo fosse un allevatore, cosa che conferma il detto: “c’è speranza per tutti!”

Dicevamo il primo vaccino fu quello anti-vaiolo. Quando sentite parlare di vaiolo dovete pensare che è l’orgoglio della comunità scientifica: un virus – l’unico virus fino ad oggi – eliminato dalla faccia della terra grazie alla campagna di vaccinazione. Dici vaiolo e l’uomo in quanto essere umano si eleva di un paio di gradini, fino quasi a diventare un dio.

Pasteur usò il sangue delle vacche1 come incubatrice per far germogliare il virus del vaiolo e sopratutto i suoi anticorpi, una volta che questi anticorpi erano sviluppati iniettava il sangue di queste mucche nella popolazione umana che così veniva protetta dalla malattia del vaiolo stesso. Non era un vaccino senza controindicazioni: una certa percentuale di persone non avrebbe riconosciuto gli anticorpi generati dai bovini come propri e per conseguenza si sarebbe ammalata di vaiolo proprio a causa dell’iniezione di vaccino. Non era però una conseguenza inaspettata. Pasteur conosceva bene quest’effetto, ma le autorità sanitarie dell’epoca calcolarono le percentuali che il contagio indotto si manifestasse nelle persone e le percentuali secondo cui il contagio si diffondeva per via naturale, videro che le seconde erano molto più elevate e decisero per la campagna di vaccinazione di massa, almeno qualcuno potevano salvarlo tramite questa via.

Inenarrabile invece è la meraviglia che dette autorità e comunità scientifica provarono di lì a qualche decennio quando il virus del vaiolo, come organismo esistente sulla Terra, letteralmente scomparì per effetto di questa vaccinazione di massa.

A questo successo clamoroso del primo vaccino della storia, dobbiamo tutte le campagne sanitarie successive, in cui si riteneva di poter risolvere ogni problema con un medicamento chimico o farmacologico specifico.

Purtroppo non tutti i virus sono uguali e non tutti i problemi si possono risolvere col vaccino.

Perchè? Se del vaiolo siamo riusciti a liberarci, perchè non dovremmo riuscirci con altre malattie?

Specifichiamo: non possiamo prendere come paragone la vaccinazione che fu fatta col vaiolo. Infatti il vaiolo come malattia è un Caso di scuola e i dottori sanno che il vaiolo era un virus solo e specificatamente umano, che non esisteva in nessun altro animale vivente. Per questo, una volta impeditogli di circolare da esser umano ad essere umano è semplicemente scomparso (estinto) dalla faccia della Terra.

Benissimo, un passo avanti nella storia dell’umanità.

A questo punto, come vengono oggi però decise le ulteriori campagne vaccinali?

Il metodo della percentuale rimane. O meglio le poche voci critiche dei vaccini dicono che dovrebbe essere la guida principale: si dovrebbe continuare a prevedere percentuali di rischio con o senza vaccini per ogni singola malattia e in base ad un calcolo ragionato di questo tipo valutare se sia il caso o meno di fare una campagna vaccinale, aggiornando chiaramente la tabella del rischio al mutato contesto epidemiologico e non continuare a proporre vaccini, perchè si sono sempre fatti. Vanno infine considerate le interazioni fra vaccini somministrati in gran numero, poiché la reazione del sistema immunitario ha dei tempi suoi, il nostro corpo non è una macchina di produzione e se viene bombardato di virus, per quanto disattivati, può generare una reazione immunitaria sconsiderata e pericolosa per la salute.

Questo è il tema, da decenni, su cui le discussioni accademiche si muovono e zittire le voci contrarie dicendo “bisogna proteggere i più deboli che non possono vaccinarsi” suona molto come una scusa da pietismo cattolico, che non teme di sacrificare un’analisi scientifica e razionale dei rischi sull’altare del sacrifico personale, o peggio sull’altare di interessi che con l’analisi medica niente hanno a che vedere.

Il vaccino contro il covid

Tutti questi discorsi sembrerebbero comunque superflui nel caso della malattia che stiamo affrontando. Difficile, infatti, pensare che si prospetti un rischio minore di letalità/mortalità nel caso dell’assenza di un vaccino per il covid. Ma questo ragionamento, parte da un unico presupposto, che esplicitato suona più o meno così: “siamo talmente tanto nella cacca che qualunque percentuale, qualunque arma che ci aiuti ad abbassare un po’ le liste dei morti quotidiani è benvenuta”. A me non sembra un ragionamento molto rassicurante e preferirei avere delle evidenze più chiare, mentre tutte quelle che escono tendono invece a confermare questo unico punto di vista.

Elenchiamo i punti dubbio emersi:

  • Intanto com’è fatto questo vaccino? Usa una tecnologia completamente nuova, mai sperimentata prima. Se i vaccini solitamente funzionano iniettando una forma del virus indebolita, oppure direttamente gli anticorpi creati in laboratorio, questo vaccino è diverso. È infatti un vaccino molecolare a RNA (vedi oltre). Significa che è composto da un pezzo del filamento di RNA del virus stesso, né indebolito, né disattivato. Comunque di un pezzo solo. In paragone con l’essere umano è come se ci fossero le istruzioni per costruire solo un braccio dell’essere umano e non tutto il corpo. Serve comunque allo stesso scopo degli altri vaccini: insegnare all’organismo a produrre gli anticorpi che si attaccano a quel pezzo di virus e lo fanno fuori.
  • Questo vaccino non si sa se protegge dal contagio o solo dalla malattia. Nel senso che nei test fino adesso fatti, la percentuale di protezione (90%) è stata calcolata solo sui sintomatici (quella di chi ha usato il vaccino era superiore del 90%), ma niente si sa rispetto a come si muoverà il virus in una popolazione di vaccinati. Non è una bufala è un’informazione confermata dalla casa farmaceutica stessa: non sanno dire se chi viene protetto dallo sviluppo della malattia, potrebbe lo stesso essere contagiato e a sua volta contagiare (rientrando dunque fra gli asintomatici).
  • La percentuale del 90% è stata calcolata solo sui sintomatici, non si sanno le differenze fra gruppo di controllo e gruppo sottoposto a vaccino, dei contagiati veri e propri. E qui a me sorge una domanda spontanea? Perchè non è stata testata questa cosa? Alla fine si trattava di un campione di circa 40.000 persone, perchè non è stato fatto il tampone a tutti a ogni tot di tempo? Perchè limitarsi a testare solo i sintomatici? Si dice che 40.000 tamponi erano troppi da fare… per le casse di chi? Così una delle domande principali è senza risposta e noi dovremmo fidarci della casa farmaceutica?
  • Si sa invece per certo che un certo numero di vaccinati svilupperà ugualmente i sintomi del covid, fra i soggetti che comunque avrebbero sviluppato la malattia si parla almeno del 5% nelle previsioni più ottimistiche. Non è una percentuale da ridere, direi! Ci domandiamo: cosa succederà quando i primi sintomatici vaccinati inizieranno a saltar fuori in numeri consistenti? La risposta è che la gente andrà fuori di testa e servirà del buono e del bello per spiegargli che è tutto regolare, tutto nella norma. Dato inoltre che stiamo poi parlando solo di un’efficacia relativa del 90%, dobbiamo considerare anche le condizioni in cui questa è stata ottenuta, condizioni che dal punto di vista sperimentale non sono proprio ottimali, in quanto la popolazione di riferimento è stata soggetta alle stesse restrizioni (mascherina, distanziamento, ecc. ecc…) cui tutti siamo soggetti. Chiaramente il fatto che l’efficacia sia esposta in termini relativi aiuta a ridimensionare questo aspetto (cioè i due gruppi, quello sottoposto al farmaco e il gruppo di controllo, erano soggetti, date le assurde condizioni sociali imposte, allo stesso tipo di limitazioni e la popolazione vaccinata è risultata comunque protetta nove volte di più), ma non si può sapere con certezza cosa accadrà eliminando le limitazioni, almeno finchè non ci toglieremo tutti effettivamente le mascherine e torneremo ad abbracciarci e questa sensazione di essere cavie non è proprio bellissima.
    Proviamo comunque a fare i conti in tasca al al servizio sanitario.
    Prendiamo i 600 morti che sembrano la triste media giornaliera italiana. Il 5% sono 30 morti al giorno, tolte le restrizioni credo che possano arrivare ad essere anche il doppio. Se a questi aggiungiamo coloro che si ammaleranno gravamente e quelli che svilupperanno controindicazioni gravi al vaccino (vedi oltre), non è che proprio ci possiamo consolare dicendo che abbiamo sconfitto il covid!
  • Un altro dubbio grosso attiene al tempo di copertura del vaccino, garantito al momento per soli 6 mesi, cioè il tempo della sperimentazione delle ricerche.
  • Altro dubbio riguarda la popolazione che è stata testata, e di conseguenza quella che può assumere la dose. Al momento non sono stati testati: ragazzi under-18; donne incinte o in allattamento; soggetti allergici ai farmaci in generale e ai componenti di questo vaccino nello specifico; soggetti con varie forme di immunodepressione; anziani over-85.
    Non è una platea di poco conto. D’altronde questo succede a fare le cose di fretta.
    In particolare è la seconda dose che desta preoccupazioni in quanto è certamente quella che garantisce la maggiore copertura, ma anche quella più pesante da sostenere per il nostro sistema immunitario che alla seconda dose se anche non sviluppa la malattia, può sviluppare una reazione immunitaria forte che in soggetti a rischio può anche essere fatale, cioè: se non li ammazza il covid può ammazzarli il vaccino.
    Al riguardo mettiamo un’osservazione sul perchè questo si potrebbe verificare. Il fatto è che questo vaccino lo si vuole far passare come un vaccino stile influenza, quindi somministrabile a tutti, ma è invece un vaccino per una malattia più complessa. Se è vero che tutti i vaccini sviluppano reazioni del sistema immunitario e quindi da questo punto di vista, nessun vaccino è innocuo al 100%, è anche vero che le reazioni immunitarie non è detto che siano uguali in ogni tipo di vaccino (febbre, stanchezza, ecc..). Si può anche temere che un vaccino di una malattia più grave svilupperà una reazione immunitaria più forte di quella di un vaccino per una malattia leggera, quale l’influenza. O no? Non ne abbiamo idea.
  • Altri dubbi sui vaccini in generale, certo, teorie complottiste e perchè no, finchè non vengono smentite? Il mercurio nei vaccini. Il mercurio, in realtà, in qualunque farmaco. Come ci finisce? Là, notizie paranoiche number one: sembrerebbe che alcune case farmaceutiche (specificatamente quelle cinesi, ma vatti a fidare) usino l’industria di produzione dei calderoni dei farmaci per smaltire i rifiuti pericolosi. Anche lo smaltimento dei rifiuti pericolosi è infatti un florido mercato, ma chi se lo accaparra non lo fa in base ad esigenze di smaltimento secondo tutti i crismi dell’igiene nazionale per la protezione della salute pubblica, ma solitamente secondo il principio del minor costo. L’obiettivo infatti non è “smaltire ecologicamente i rifiuti”, ma liberare i paesi industrializzati di questi inopportuni rifiuti pericolosi. Sembra che queste aziende costino così poco perchè hanno trovato un modo innovativo di smaltire i rifiuti pericolosi, cioè rimettendoli nel ciclo di produzione dei beni industriali stessi, in special modo quello dei calderoni da cucina. Quando vedete una pentola di quei bellissimi e nuovi prodotti antiaderenti fatti a trucioli, sappiate che in quei trucioli c’è il mercurio.
    Forse.
    Forse c’è anche il mercurio. Forse ci sono fanghi industriali. Forse c’è tutto quello che noi abbiamo scaricato alla Cina sottocosto e che loro gentilmente ci rivendono, perché, così come noi non sappiamo come liberarcene autonomamente, così non lo sanno loro. Sembra che all’inizio di questo percorso di smaltimento fraudolento dei rifiuti siano stati così tanto sfacciati da metterli anche nei calderoni delle macchine industriali che producono farmaci. Nei vaccini li hanno trovati, tracce di mercurio e metalli pesanti, perchè i prodotti farmaceutici vengono controllati, e partite intere sono state ritirate dal mercato, ma nella pentola che compri al supermercato, dimmi te, chi è che la va a controllare? D’altronde così va il mondo.
    Questa è la guerra baby!
    Questo è il capitalismo, lor signori!
    Ma forse sono tutte bufale, via.

Torniamo alla scienza, che l’economia è così triste in questo nuovo millennio!

Una cosa bella che ho scoperto leggendo da un anno a questa parte solo reportage dal mondo medico è stato per me lo spalancarsi di un mondo nuovo. È il mondo del piccolo, lo è veramente: microbi, batteri, tossine, enzimi. Quando fai il salto al livello macro parli di cellule, se sali ancora un po’ topi e cervi al massimo! Puoi prendere un animaletto e studiarlo, tieni nella tua mano il campo di studi. Per venti, trenta anni studi una sola malattia, quante possono essere le interazioni possibili? 10? 100? In una vita le abbracci tutte. Ho deciso: se rinasco faccio il medico. Io, uno studio, un laboratorio, una rivista scientifica e fanculo alle pressioni e alla competizione!

Andiamo avanti, addentriamoci in un campo che non ci è molto familiare: il fatto che questo sia un virus a RNA. Pur essendo tedianti e sicuramente imprecisi (io sono di un’altra generazione, a noi cosa fosse il DNA non sapevano spiegarcelo per bene, ci dicevano solo che il 1953 era una data storica che ha cambiato la storia dell’umanità) arrischiamoci a spiegare cosa sia il DNA e cosa il RNA. Si tratta di molecole e fin qui ci capiamo. Il DNA è la molecola col progetto di costruzione della cellula, anzi, forse più precisamente con la matrice di costruzione della cellula, se questa metafora ha senso, comunque il suo compito è replicare la cellula così com’è ogni volta che deve replicarsi senza mutarla in niente. È quindi una molecola molto stabile a forma di doppia elica: due filamenti, composti di quattro basi di aminoacidi che si tengono unite fra loro in un preciso ordine. Il RNA pure è una molecola fatta di aminoacidi, ma con un solo filamento, che abita nella cellula. Solitamente è il postino del DNA, quello che prende le istruzioni dal DNA e le porta al resto della cellula così che faccia questo o quello e dovendo portare varie istruzioni è per sua natura mutevole e instabile, ma nessuno se ne importa niente se il RNA è instabile che tanto una volta trasportato il suo messaggio scompare senza lasciare traccia di sé.

Così succede anche ai virus se non riescono a impiantarsi in una cellula sana, scompaiono e muoiono, giacchè i virus a differenza dei batteri non hanno bisogno di un corpo organico vivente come sola fonte di nutrizione, ma proprio come mezzo di sopravvivenza e riproduzione. Il virus (l’organismo singolo si chiama virone) si attacca alla cellula, impianta il suo progetto di costruzione usando la capacità del DNA di costruire RNA, la cellula inizia a fare solo RNA virale, muore (perchè è impegnata a fare un’altra cosa rispetto a quella che dovrebbe), esplode e lancia altri vironi nell’organismo e via di seguito, finchè il sistema immunitario lo sgama e lo fa fuori!

Esistono virus a DNA ed esistono virus a RNA. Il covid è un virus a RNA, ciò significa che è soggetto a mutazioni.

Generalmente si dice che tutti i virus a RNA sono instabili, mentre quelli a DNA sono stabili. Fra i virus a RNA ci rientrano il covid, il raffreddore, l’influenza, ma dire che siccome sono a RNA questi virus sono simili può essere comunque una cavolata, per via degli effetti sulla salute umana che sono invece molto diversi.

Per specificare, anche il virus dell’AIDS è un virus a RNA, seppure è di un tipo particolare capace di attaccare il DNA e per il quale, anche per questo motivo, non si riesce a trovare un vaccino. Inoltre l’HIV (il virus dell’AIDS) è un virus paziente, con un’incubazione che si aggira da un anno ai 10 anni prima di manifestare i sintomi, quindi capace di vivere nell’organismo ospite per molto tempo prima di iniziare a replicarsi in maniera significativa, tanto da fare danni all’organismo.

Mentre il covid è figlio di un virus un po’ frettoloso e pazzerello, che con quindici giorni di incubazione è bello che pronto ad attaccare l’organismo ospite.

Cosa hanno di particolare questi virus a RNA tradizionali? Abbiamo detto che la loro caratteristica è quella di mutare spesso.

Semplifichiamo il discorso e anche un po’ inventiamocelo. Operazione che nella scienza non si può fare, ma che ci serve comunque per migliorare la narrazione. Se anche la scienza vorrebbe che ogni passo fosse supportato da dati specifici e quindi risulta un po’ impreciso cercare di ridurrla a narrazione logica, pensiamo valga la pena di farlo per trovare una spiegazione al casino che ci circonda che abbia senso per noi.

Quindi diciamo che questo virus si comporta, nonostante viva in molti ospiti diversi, nonostante non sia affatto un sistema organizzato in grado di pensare, come un organismo pensante con un suo obiettivo e una sua strategia. L’obiettivo del virus è quello di sopravvivere e le mutazioni sono la sua strategia, il suo modo per adattarsi al contesto. Il suo contesto siamo noi.

Questo virus dunque muta se gli sembra che noi siamo pochi o più resistenti al contagio di quanto lo siamo realmente, cosa che può essere indotto a pensare se per esempio alziamo delle barriere a protezione, come mascherine e disinfettanti. La contagiosità (R con zero) quindi muta, come abbiamo visto col caso della variante inglese. Ma il virus sa anche che se ammazza troppa gente non gli resterà spazio per continuare a replicarsi, motivo per cui si dice che non è consequenziale che una sua maggiore contagiosità corrisponda a una sua maggiore letalità. Potrebbe rimanere la stessa, così come potrebbe addirittura diminuire. Di solito, negli altri virus, la letalità diminuisce all’aumentare della contagiosità. Ma sappiamo comunque che contagiando più persone questo comporterà sicuramente un maggiore numero di casi gravi, è impossibile cercare di nascondersi questa cosa.

Cioè per essere più precisi: il virus muta completamente a caso, ma le versioni che si affermano sono quelle che gli assicurano maggiormente la sopravvivenza al contesto. Come l’uomo viene paragonato a un virus (magari così fosse) così i virus si comportano proprio come virus: vogliono invadere tutti gli organismi e quindi si devono proteggere dal sistema immunitario che devono invadere, ma d’altra parte non devono neanche mutare tanto da, alla lunga, autodistruggersi… e questo, io direi, che lo possiamo tenere come limite certo, che i virus per quanto agiscano a caso, come tutti gli esseri viventi di questa terra non possono autodistruggersi. Solo l’uomo è capace di farlo, programmare la propria autodistruzione.

Altra questione importante con cui si valuta la radicalità dell’emergenza di un virus in una popolazione è data dalla popolazione di riferimento: tutti i virus hanno un bacino dato da un numero minimo di persone, un numero soglia, superato il quale il virus si sviluppa, sotto il quale il virus si ferma. È una cosa che si vede solitamente col morbillo: quando nascono molti bambini senza anticorpi, raggiunto un valore soglia (circa mezzo milione di persone) si sviluppa l’epidemia, sotto quel valore il morbillo non ce la fa a diffondersi. Il covid è un virus nuovo quindi questo valore soglia ci è completamente sconosciuto e possiamo essere sicuri che il virus stesso non lo conosce.

Altri elementi sui vaccini.

Due virus. Due vaccini.

Quello della polio (con lo zuccherino di Sabin) e quello dell’influenza. Il primo senza brevetto, il secondo neanche parliamone di quanto rendono i brevetti sul vaccino.

Il vaccino per la Polio si continua a fare in tenera età2, ma è un vaccino magico: che non uccide il virus, ma cura preventivamente i sintomi. Così che tutti ci prendiamo la polio, il virus circola e prolifera bello tranquillo senza sentirsi attaccato da nessuno, ma nessuno cresce storpio o deforme. Come si dice in linguaggio tecnico: siamo immunizzati. Dalla Polio come malattia, ma non siamo immuni al virus3.

Quello dell’influenza, invece. Sappiamo che il virus dell’influenza è abbastanza innocuo, ma che colpisce talmente tante persone che anche con le sue percentuali di letalità risibili diventa comunque pericoloso per le persone di una certa età. Motivo per cui gli si chiede di vaccinarsi. Il virus dell’influenza però muta, tutti gli anni. E tutti gli anni circa ci dobbiamo vaccinare dall’influenza. Il vaccino funziona come una rincorsa senza fine: ogni anno è efficace al 66%. Ma ogni anno c’è un ceppo che si sviluppa che è resistente al vaccino. Big Pharma acchiappa questo nuovo ceppo e lo infila nel vaccino: l’anno dopo si prende il vaccino ceppo A + ceppo B, che è efficace al 66%. Nasce un nuovo ceppo, Big Pharma lo acchiappa lo mette nel vaccino. Il terzo anno si prende il vaccino ceppo B + ceppo C, che è efficace al 66% e via dicendo senza mai fine. Per la gioia delle tasche di Big Pharma (per Big Pharma, si intende l’insieme delle compagnie farmaceutiche mondiali, non si identifica una singola azienda multinazionale… un po’ come quando si dice zio Tom per dire Stati Uniti).

Arriviamo dunque a spiegare anche l’origine del virus e il suo contesto, sempre in maniera totalmente a-scientifica, come si conviene fare in una tavolata di una taverna.

C’è un libro assai noto, che è stato ed è tutt’ora l’architrave della battaglia contro la pandemia e da cui pure sono state tratte molte delle storielline sopra descritte. Si tratta di “Spillover” di Quammen, un giornalista del National Geographic che per tutta la vita ha fatto reportage dai posti più sperduti del mondo. A differenza dei colleghi della sua rivista ha scelto però dei compagni di avventura strani cui associarsi: biologi e specialisti in malattie virali. Ed ha così raccolto una mole di testimonianze ed esperienze da cui, appunto, risulta che le epidemie degli ultimi anni sono tutte di origine animale. Non proprio una novità si direbbe e la saggezza popolare ci ha sempre avvisato che “gli animali portano malattie”. Lo studio che ha fatto però Quammen non riguarda le semplici zoonosi, cioè le malattie che ci possiamo prendere dagli animali (tipo la leptospirosi dalla pipì dei topi), ma proprio quelle malattie che passando all’uomo fanno il salto di evoluzione, lo spillover appunto, e diventano capaci di sviluppare un contagio uomo-uomo.

Ci sono diversi aspetti da tenere presenti in questo rapporto. Dal punto di vista medico c’è il problema specifico che le malattie che saltano da una razza all’altra non fanno un salto nel vuoto, come facevano gli esploratori del 1400 che bruciavano i ponti dietro di sé per non essere tentati dal ritorno, ma invece possono benissimo restare capaci di andare avanti e indietro, fra essere umano ed animale. Per esempio, di nuovo il morbillo, nessuno mai immaginerebbe che ce lo rimpalliamo coi maiali, ma così è.

Alcune, addirittura, hanno bisogno di un animale a cui scroccare un passaggio, prima di arrivare a noi, come si dice sia il caso dello spillover di questo coronavirus, così come fu per la SARS nel 2003. L’esempio della SARS peraltro è molto similare a questo (che viene appunto chiamato Sars-Cov-2). Così come quello, infatti, anche di questo non si sa di preciso quale sia stato l’ospite serbatoio, ma si sa che in quello il salto fra l’ospite serbatoio, l’animale che ha fatto da incubatrice e noi avvenne in un mercato di animali dove queste bestie stanno accavallate l’una sull’altra. O meglio: sappiamo che la SARS è saltata così, e pensiamo che anche il suo cugino di secondo grado abbia fatto lo stesso percorso. La SARS venne bloccata isolando tutta Pechino (o quasi) e così hanno deciso di fare con Wuhan. Peccato che per la SARS lanciarono l’avvertimento all’OMS e che quando la SARS prese l’aereo diretta in Germania e Canada, trovò ai rispettivi aereoporti un battaglione di uomini in tute da spaziali pronte a prendere in custodia i passeggeri, col Covid niente: aereoporti splancati e “Milano non si ferma”. A ognuno le sue responsabilità.

Il punto, comunque, dicevamo è che il Covid non ha il vantaggio di essere un virus solo umano, ma è un virus che condividiamo con altre specie animali: ermellini, pipistrellucci, zangolini e zibetti e chi più ne ha più ne metta. In definitiva il sars-cov sta dappertutto in varie varianti, alcune delle quali letali come il sars-cov-1 e il sars-cov-2.

Possiamo accusare la Cina di aver fatto poco per fermare la zoonosi ed avremmo senza dubbio delle buoni ragioni a nostro sostegno, ma poteva succedere anche in Africa, in Australia, in India. Addirittura alcuni batteri pericolosi possono nascere negli USA e in Europa. Insomma può succedere dappertutto che avvenga un salto, la Cina è la sospettata numero uno perchè è quella più piena, fra i paesi a vastissima popolazione, di voli intercontinentali. Ma il controllo sanitario sugli animali selvatici (che consiste nello sterminio delle popolazioni malate) sarebbe comunque impossibile da portare a termine lì come altrove, né tanto auspicabile in verità.

L’aspetto principale è infatti dato dal nostro rapporto con la natura. Il contatto e la frequenza di queste zoonosi è dovuto a vari ordini di problemi: abbiamo detto che uno di quelli principali è che virus perfettamente innocui negli animali, saltando in un nuovo ospite umano, possono diventare letali. A volte lasciano tracce di sé nel percorso e anche l’animale che usano per fare il passaggio si ammala e lancia un campanello di allarme; a volte invece non lasciano alcuna traccia e si manifestano solo all’improvviso, come tzunami che si abbatte sui sistemi sanitari (covid; HIV; spagnola) e il fatto che siano innocui negli animali non ci permette di individuarli per tempo.

Ma sono gli altri fattori che ci dovrebbero spingere a riflettere: c’è una necessità biologica per i virus di evadere dal loro ambiente e attaccare noi, perchè l’uomo è diventato l’animale preponderante in termini numerici sulla faccia della terra. Come dice Quammen: un virus che arriva a fregare il nostro sistema immunitario vince la lotteria, la sua sopravvivenza sarà garantita a tempo indeterminato.

Così, magari, la prossima volta ci pensiamo meglio prima di far estinguere le bestie.

Un altro fattore è la scomparsa dei territori vergini, per due motivi: il primo che la deforestazione spinge gli animali dei boschi ad adattarsi a vivere nelle metropoli e in città, a contatto con l’uomo, portando con sé le loro malattie. L’altro che spinge l’uomo a vivere a contatto con terreni boschivi e insalubri. Nei popoli di frontiera lo scambio di virus è quotidiano.

Non è stato però il caso specifico di questo virus, che, se è nato come si dice sia nata la SARS, non è dovuto solo a questa interazione fra uomo e natura, ma piuttosto è nato in un ambiente protetto e curato: un mercato alimentare. E addirittura un mercato di alta classe, giacchè queste bestie selvatiche sono piatti prelibati in Cina che solo i ricconi si possono permettere.

L’ultimo fattore è quello del modello di sviluppo. Già quanto abbiamo detto è dovuto al modello di sviluppo: distruggere e depredare la natura, ma oltre a questo vanno aggiunti i traffici mondiali. Altre malattie, altrettanto gravi del Covid non hanno avuto occasione di diffondersi perchè sono nate in popolazioni tradizionali, che abitano in villaggi e fra persone che certo non viaggiano in lungo e largo il mondo con jet intercontinentali. Magari ci portano virus altrettanto devastanti come l’HIV, lenti, infidi e bastardi, ma almeno non ci portano il coronavirus.

E così, abbiamo completato anche il capitolo “sanitario” della nostra/mia disquisizione sull’ecologismo. Ci mancano solo due tesserine del puzzle: l’energia pulita dall’acqua, ma Dio non voglia (leviamo alta la preghiera) che ci si debba improvvisare anche fisici nucleari e gli effetti macroscopici della fine del petrolio, che temiamo invece di non vivere abbastanza a lungo per vedere.

Dopo questa breve disquisizione relativa alle questioni della globalizzazione (ribadiamo, tutte le pandemie sono figlie della globalizzazione: la prima, la spagnola, addirittura fu dovuta alla globalizzazione data dalla guerra mondiale), torniamo al contesto italiano e all’attuale emergenza sanitaria, provando a tracciare tre scenari possibili in cui siamo cascati e una prospettiva di… risoluzione? Di vita? Fate voi.

Prima di trattare questo aspetto, soffermiamoci però sul tema del tracciamento. I motivi per cui il tracciamento è così importante sono noti: oltre a dare notizia del livello di diffusione del virus, il tracciamento permette anche di seguirne i passaggi e quindi individuare come e dove le persone si contagiano e permettere così di isolarle prima che vadano a contagiare altre persone. Nel nostro paese a mala pena si riesce a fare la prima cosa, dare notizia della diffusione del virus, quanto alla seconda neanche ci si prova più.

Due notizie aggiornate al riguardo: la prima sicuramente positiva, la seconda non si sa, ma che potrebbe essere positiva.

La prima. Festeggiamo la notizia che la settimana dal 7 al 14 gennaio 2021 per la prima volta dall’inizio della seconda ondata, finalmente, il numero complessivo degli attualmente positivi al covid è iniziato a calare. È una notizia bella, ma non troppo, dato che gli esperti di statistica affermano che la terza ondata è già arrivata e quindi fra una o due settimane ci saremo mangiati questo vantaggio e i numeri continueranno a salire. Noi la festeggiamo comunque, perchè per mesi abbiamo sentito parlare di picco della seconda ondata, senza che mai questo dato avesse un valore negativo e ci chiedevamo che cosa stessero cercando di dirci affermando che avevamo passato il picco.

La seconda invece: dalla settimana del 15 gennaio (le settimane covid vanno dal venerdì al venerdì successivo) hanno deciso di iniziare a contare come test effettuati anche il numero dei test seriologici. Non abbiamo capito molto bene il senso di questa operazione, né a dire il vero abbiamo mai capito il senso di comunicare tutti i giorni questo valore di positività percentuale sul totale dei tamponi. Vogliamo sperare che non sia da quel dato che si ricava il famigerato Rt (se R con 0 è la contagiosità del virus in natura; Rt misura la contagiosità in un’ambiente artefatto in cui sono inserite le misure anti-covid).

Spendiamo dunque due soldini per richiamare le problematiche sul tracciamento. Una questione, appunto attiene al valore di positività, conteggiato fino alla settimana scorsa: era un dato che non aveva senso. Il numero dei tamponi era infatti a malapena indicativo di qualcosa perchè il grosso dei tamponi veniva effettuato solo dentro i percorsi predisposti. Proviamo a specificare meglio: siccome non è mai stata messa in piedi una politica efficace di tracciamento territoriale (per tacere del fallimento di immuni), nel numero totale dei tamponi effettuati ci finivano quelli che venivano effettuati dalle ASL (o come cavolo si chiamano adesso) e quindi, in particolare, i percorsi previsti per legge, con l’aggiunta dei dati che provenivano dai centri privati di analisi. I primi costituiscono certamente la grande parte, perchè al secondo percorso, da sempre, vi hanno potuto accedere solo quanti se lo potevano permettere. Quindi alla fine il dato sulla positività rispetto al tampone restituiva un’unica informazione: il livello di positività del tracciamento degli operatori sanitari, dato che, di fatto, solo loro hanno il percorso di tracciamento ancora attivo… Ricordiamolo a futura memoria: questo valore è stato fisso, nonostante tutte le misure di prevenzione predisposte nei mesi, intorno al 15% settimanalmente.

I nuovi dati di positività sono invece un po’ più ampi, sia perchè i test che ci entrano sono un po’ meno costosi e quindi ci sono più persone che se lo fanno, sia perchè le regioni hanno avviato programmi di testing seriologici di massa, ma ognuna come gli pare e senza alcun criterio generale.

La politica del tracciamento è quindi completamente gambe all’aria. Rende un’idea della percentuale di positivi sul totale dei test effettuati, ma finchè non ci sarà una politica pubblica di tracciamento seria, questo significherà solo che misurerà il numero dei positivi fra quanti riescono effettivamente ad accedere a un test diagnostico. Niente si può sapere da questi dati rispetto a quante persone vengono contagiate dai positivi, né quali sono i luoghi e le modalità del contagio. Ogni tanto partono degli studi specifici su determinate popolazioni (gli insegnanti; gli studenti; il personale sanitario; gli ospiti RSA; sicuramente i politici e il personale televisivo che sono al momento i soggetti più controllati) di tutto il resto non si sa un bel niente. A settembre si era parlato della possibilità di fare il tracciamento nelle scuole e sarebbe stato almeno un buon punto di partenza, ma la buona volontà è durata un paio di settimane e poi è stata abbandonata anche quella strada.

Ora nessuno si interessa più di questo aspetto, perchè si pensa che in prospettiva non servirà più a niente. Ed è un problema e ora vi spiego perchè.

3 scenari possibili e una prospettiva.

Scenario 1: Il vaccino immunizza solo le persone dallo sviluppare i sintomi più gravi, non dal contagio. Non è uno scenario molto felice, perchè come abbiamo detto all’inizio, di questo vaccino non si conosce l’efficacia su una grande varietà di soggetti. Ciò che ci induce a pensare che questo sia uno scenario possibile è il fatto che non ci abbiano voluto dire se le persone della sperimentazione erano “contagiate” nelle stesse proporzioni di quelle soggette a placebo. Sembra improbabile che non avessero questo dato. Se non ce lo hanno detto è perchè probabilmente non volevano ridurre il prezzo del vaccino, che funziona non bene come si sperava. Un po’ come di una macchina non si avvisa che se la mandi a 130 all’ora inizia a tremare tutta e darti scosse, diventando pericoloso anche il solo guidarla, così questo vaccino non è proprio di prima categoria, ma un po’ una ciofeca.

In questo caso i problemi sono diversi: il fatto che non si conosca la percentuale dei soggetti a rischio dallo sviluppare sintomi gravi da controindicazione (allergie o risposte eccessive del sistema immunitario) che è una problematica la cui risoluzione è scaricata sui nostri servizi sanitari; il fatto che si debba continuare comunque a girare con mascherine e protezioni almeno fino a che non sarà terminata la campagna vaccinale per proteggere chi ancora al vaccino non si è sottoposto; sarebbe invece difficile sostenere una motivazione all’obbligo vaccinale, giacchè non varrebbe il discorso che vaccinandosi si protegge anche i soggetti più deboli che non possono vaccinarsi se chi è immunizzato fosse comunque portatore del virus.

Non sarebbe comunque uno scenario del tutto negativo, anche se certo non sarebbe positivo.

Il senso di questo scenario sarebbe quello di allegerire il sistema sanitario dallo tsunami dei malati, permettendo che per quanti non possono vaccinarsi (per esempio i ragazzi si sa che se anche non si vaccinano è difficile che sviluppino una malattia seria), ma che sono comunque soggetti fragili restino a disposizione le migliori cure possibili. E sarebbe cioè lo scenario della convivenza col coronavirus.

Scenario 2: il vaccino protegge dalla malattia grave e dall’infezione. Cosa suggerita dalle frasi sibilline dell’agenzia del farmaco che “presumono” sia così anche se non hanno dati al riguardo. Sarebbe chiaramente lo scenario migliore. Significherebbe che il vaccino sviluppa un tipo di anticorpi così reattivi che non appena il nostro sistema immunitario entra in contatto col virus, subito si attivano e lo uccidono bloccando la possibilità di diventare contagiosi per altri. In questo scenario si aprono due prospettive cioè: aspettare che la campagna di vaccinazione sia conclusa e accettare nel frattempo la situazione così com’è, puntando unicamente all’immunità di gregge e piangendo la scia di decessi che ci lasceremmo sul percorso. L’altro molto più avanguardista sarebbe quello di riattivare (attivare per la prima volta) una politica di tracciamento efficace e draconiana che preveda severe misure restrittive nel caso si sviluppino focolai all’interno dei luoghi di lavoro, scuole, ecc… In questo caso il vaccino sarebbe un’arma nella lotta contro la pandemia, ma non l’unica. Chiaramente sembra un po’ utopistico, dati i numeri di diffusione del contagio, pensare di poter isolare completamente il virus, ma a noi piace pensare lo stesso che sarebbe possibile.

Scenario 3. Riuniamo in questo scenario il peggio della sfiga che ci potrebbe capitare che si potrebbe verificare in due casi. Il primo se le varianti del virus rendono inefficace il vaccino e l’altro se la protezione del vaccino fosse limitata nel tempo. In entrambi i casi è lecito pensare che dato che è stato trovato il vaccino per questo ceppo, ugualmente lo si riuscirebbe a trovare per tutti gli altri ceppi… pagando big pharma e metendosi in coda ogni anno per fare i richiami.

Le informazioni a supporto di questa teoria sono che sappiamo già che questo virus muta, che sappiamo già che questo virus si nasconde negli ospiti serbatoio ed è pronto a riuscirne quando può e che questo potrebbe impattare sui due scenari sopra descritti. Nel primo scenario ci troveremmo infatti in una situazione in cui la lotta per la sopravvivenza ci costringerebbe a pensare ognun per sé: chi può sarà costretto a vaccinarsi ogni anno e chi no vivrà col terrore di impattare nella malattia. Nel secondo scenario ci costringerebbero invece loro a vaccinarci ogni anno dall’alto, per limitare il più possibile l’insorgenza di focolai.

Teniamo di conto che se questo non si verifica, sopratutto per quanto riguarda il versante mutazioni, se cioè il vaccino fosse efficace contro i ceppi modificati, la sparo lì: non sarà poi che si scopra che questo vaccino oltre a difenderci dal covid ci proteggerà anche da influenza e raffreddore, cioè ci difenderà da tutti i coronavirus?

Ipotesi fantasiose a parte, è certo che molte di queste domande attendono ancora una risposta che verrà solo procedendo con la campagna di vaccinazione e con le ricerche successive. Quello che fa veramente arrabbiare riguarda le risposte che hanno e che non ci vogliono dare.

A questo punto, dopo questa fin troppo lunga dissertazione sul coronavirus, per non chiudere solo col senso di indeterminatezza che questa situazione ci lascia addosso, è senza dubbio il caso di tirare qualche riflessione e conclusione positiva.

Abbiamo trattato tanti aspetti riguardo il rapporto dell’uomo con le malattie virali e dell’uomo con la natura. Aspetti alcuni dei quali sembrano anche favolosi e strabilianti, come l’invenzione del vaccino anti-covid che è addirittura frutto di manipolazione molecolare. Questa cosa potrebbe indurci a pensare che nonostante i 12 mesi di follia e isolamento sociale appena trascorsi, tutta la situazione mondiale sia tutto sommato abbastanza sotto controllo. Che l’umanità è una grande razza capace di piegare anche una pandemia.

Questo invece non è affatto vero. Non voglio qui arrischiarmi a trattare il tema di quanto nazioni diverse dalla nostra abbiano avuto una capacità molto migliore di affrontare la pandemia (una maniera più efficace e meno traumatica per la popolazione potremmo dire), perchè esistono anche condizioni diverse e i paragoni su unico aspetto non sempre sono ottimali. Quello che mi sembra evidente è invece che il modello economico globale non funziona e questa pandemia ne è stata l’ennesima, dura, conferma e che anche il nostro sistema sociale è un colabrodo, a partire dall’aspetto sanitario, ma pure tutto il resto del carrozzone ha fatto schifo.

Sono magari considerazioni scontate per chi già conosce i problemi del capitalismo, ma che comunque continuano a coinvolgerci, dato che anche noi in questa società viviamo.

Penso comunque sia importante terminare con una riflessione e una prospettiva. La riflessione principale attiene alla ricerca ecologica. Questa esperienza è infatti stata molto importante nell’avvalorare le tesi principali dell’ecologia politica. L’economia oggi non è più solo lo studio del movimento dei capitali, ma studio dell’interazione fra produzione, organizzazione sociale e ambiente. Queste dinamiche sono strettamente connesse e l’approccio marxista, il sostegno alla lotta di classe, passati 200 anni dall’invenzione del socialismo scientifico rimane, nonostante il mutato contesto economico, la strada per uscire dal baratro. C’è una connessione profonda fra il difendere gli interessi delle classi popolari e la difesa della salubrità nel rapporto produzione-ambiente, ed è una cosa importante. Ripetiamo: la via d’uscita che abbiamo davanti sembra che sarà quella farmacologica e che la strategia del lock-down totale al momento non possa servire più ad isolare il virus, ma anche in questo campo per l’ennesima volta si dimostra come la produzione privata sia un colabrodo che mette a repentaglio la salute mondiale e che l’investimento in ricerca e sanità pubblica (ed etica, azzardiamo) risponde invece agli interessi della salvaguardia collettiva. Nessuno mette il brevetto alle scoperte sul cambiamento climatico, sembra assurdo il solo pensarlo, invece sulla ricerca medica sembra perfettamente lecito… solo a me sembra che ci sia qualcosa di profondamente contraddittorio?

La prospettiva invece attiene al futuro, ed è una cosa molto personale. Seppure sono convinta che si stagli una crisi economica importante e che questa genererà una crisi politica altrettanto importante, credo anche che il modo migliore per approcciarsi al futuro non sia né l’apatia, né il disinteresse a questi problemi, non un rifiuto della dimensione politica, ma sono fermamente convinta anche che ci sia una grande forza nelle relazioni politiche e sociali che già oggi avvolgono ogni campo del sociale.

Nonostante l’analisi scientifica, ecologica e razionale continui ad indicarci che stiamo scivolando sempre più nel disastro sociale ed economico (e lo stesso accade in tutti gli altri campi: culturale, politico, giuridico, educativo, ecc…), nonostante le forze che ci stiano trascinando in questo movimento siano forze impersonali, leggi oggettive, che sembrano dotate di un’inerzia non direzionabile, penso che ci siano motivi di speranza e tanti aspetti positivi su cui fare leva.

Qualcosa però dovrà cambiare.

1Da cui deriva il nome vaccino

2A dire il vero non so affatto se il vaccino per la Polio viene ancora somministrato, né mi ricordo se a me lo hanno fatto o meno

3Per specificare: i virus contro la polio sono 3, alcuni immunizzano dalla malattia e basta, altri bloccano anche il contagio

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