Petrolio e tasse sotto il sole

Niente scuote il mio torpore, quanto il prezzo del petrolio…

Ne ho parlato con un mio amico. Gli ho chiesto: “ma perchè hanno alzato il prezzo del petrolio? Starà per finire? Non può essere per la pandemia, che ora tutti girano in macchina e la domanda non è diminuita”

Mi ha risposto che devono rifarsi dei mancati introiti della pandemia. Prima non potevano, ora possono e alzano il prezzo.

Ah, ecco…

Dunque non è una crisi. Ora, magari il mio amico non è un esperto broker finanziario e invece è una crisi, ma fino a prova contraria diciamo che l’ipotesi “vogliono rifarsi dei mancati introiti” regge e che questa non sia una crisi.

E che cosa può trasformare un rialzo arbitrario in una crisi?

Le leggi dell’economia, come il buon vecchio Keynes – Marshall – Samuelson ci insegna, sono valide in qualunque epoca storica e a qualunque mutare delle condizioni. Così che se durante la pandemia la domanda di petrolio calava e il prezzo precipitava, questo non è un motivo sufficiente per alzare il prezzo in una fase di espansione. L’economia è economia sia durante i momenti di bassa, che di alta e tanto più un capitalista dovrebbe saperlo e non mettersi in coda allo sportello dello Stato quando gira male, nè fare lo sciacallo quando gira bene.

Quindi quello dei capitalisti è un rialzo arbitrario. A conferma si può dire, ulteriormente , che non sarebbe un rialzo arbitrario se la domanda di petrolio, a fattori produttivi invariati, fosse talmente aumentata da impedire ai produttori di petrolio di tenere il passo e produrre tanto quanto chiede il mercato.
Il che porterebbe ai due scenari:
1- c’è da innovare i fattori produttivi. Cosa che potrebbe effettivamente, momentaneamente, comportare un rialzo del prezzo;
2- c’è una crisi in corso, nel qual caso non ci sarebbe innovazione di processo possibile in grado di recuperare il calo di produzione.
Ma dato che la domanda non è certo aumentata rispetto allo scenario prepandemia e quanto petrolio prodotto bastava prima, tanto ne basterebbe oggi e dato che abbiamo detto che non è una crisi, ma un atto di sciacallaggio, di profittazione, significa che quello dei capitalisti è un rialzo arbitrario.

Certo Marx, ci direbbe che in realtà sono le leggi dello sciacallaggio le leggi vere dell’economia, ma poi direbbe subito che no, che il capitalismo è stato il motore della storia per la prima parte della storia dell’umanità, che ci ha emancipato dall’epoca del feudalesimo e ha liberato le immense forze produttive della tecnica e dell’ingegno umano e insomma si confonderebbe, ci confonderebbe e quindi meglio chiamare le cose col loro nome.

Quello dell’aumento del petrolio è un rialzo arbitrario.

Che cosa può trasformare un rialzo arbitrario del prezzo del petrolio in una crisi?

Lo Stato, ecco cosa.

Poniamo appunto il caso che il prezzo del petrolio aumenti arbitrariamente. Cosa comporterebbe?
L’aumento dei prezzi delle merci e dei servizi… semplice.

Durante la pandemina, fra la prima e la seconda ondata c’è stato un momento, un breve periodo durato neanche una settimana, in cui il barista sotto casa sentiva l’alito della miseria mordergli i calcagni, sentiva la crisi approssimarsi, sentiva l’incertezza causata da 3 mesi di mancati introiti addensarsi e da bravo piccolo bottegaio, pensò di alzare il prezzo del caffè.
10 centesimi in più a caffè… è certo che con questo sistema avrebbe messo gli spettri della miseria in cantina per sempre! Invece no, dopo neanche una settimana di vane giustificazioni coi propri clienti, che anche lui insomma non poteva reggere il peso della crisi per gli altri, subito lo riportò al prezzo normale, rallegrandosi in cuor suo di non aver ceduto al panico e salvato con questo la nazione. La gente cautamente tornò a comprare il caffè al bar e il barista sotto casa fu più contento di prima.

Peccato invece che i petrolieri siano cuori così sensibili che al primo alitare di paura corrano ad alzare il prezzo di una tazzina di petrolio preda degli spasimi del panico.

In questo loro moto di paura, poichè il petrolio è ancora l’olio che unge ogni piccolo ingranaggio della nostra società, causano un vortice di reazioni a catena che portano all’aumentare dei beni e servizi. Perchè, questa volta giustamente, il nostro bravo piccolo bottegaio sotto casa, avrà delle buone ragioni per dire “non posso mica reggere il peso della crisi tutto da solo” dato che questo peso in realtà si riferisce a un aumento arbitrario del prezzo del petrolio deciso da altri e non di un moto di panico nato nella pancia di sè medesimo.

Se consideriamo poi che il prezzo del petrolio è uno di quei fattori che nell’economia del nostro bottegaio può essere, senza troppo tema di finire in miseria, scaricato sui consumatori, è certo che questo avverrà.
E’ una legge dell’economia: se aumenta il costo dei fattori produttivi, o aumenti gli incassi, o vieni sbattuto fuori dal mercato degli affari.
Sulla domanda dei beni così detti “anaelastici” questo aumento degli incassi necessario a non essere sbattuto fuori dal mondo degli affari può essere generato direttamente con un aumento dei prezzi.

I beni anaelastici sono infatti quelli di cui non può diminuire il consumo se non marginalmente anche a fronte di un aumento del loro prezzo. Così tutti i beni primari, alimentari, energetici e il petrolio ci rientrano.
Elastici sono invece quei beni il cui consumo può essere limato via dal paniere degli acquisti senza grossi problemi e sono i cosidetti beni di lusso o superflui.

Quindi se il prezzo del petrolio –  bene anaelastico per antonomasia – aumenta, non ci sarà una diminuzione del consumo, ma come vuole il senso comune comporterà un aumento generalizzato dei prezzi. Fenomeno praticamente identico a quello conosciuto col nome di inflazione.

Quindi i nostri capitalisti hanno fatto una mossa inflazionistica, generale ed estesa al livello dell’intero globo, che i produttori di merci che utilizzano il petrolio come fattore produttivo metabolizeranno aumentando il prezzo delle loro merci al consumo. Cosi è all’operaio e all’impiegato che mancheranno i soldi in tasca a fine mese.

Aggiungiamo come notazione finale la considerazione seguente, urlata ai 4 venti in tempi di crisi pendemica (che vergogna!). Sembrerebbe, così ci ha informato wikileaks, che i produttori di petrolio abbiano raggiunto il picco della produzione petrolifera. Cioè, lo ripetiamo, che al momento attuale si scoprono percentualmente meno riserve petrolifere (e altre energie fossili) rispetto a quante se ne trovavano 10 o 10 anni fa. Il che, ancora, vuol dire che ci troviamo di fronte ai due seguenti scenari:

  1. Abbiamo consumato tutte le energie fossili disponibili e siamo di fronte a un tracollo delle risorse energetiche disponibili, di cui la diminuzione delle riserve (le quali riserve contemplano i giacimenti attualmente utilizzati e quelli ancora da utilizzare, ma già noti) sarebbe il campanello di allarme.
  2. Abbiamo raggiunto il picco di quella che viene chiamata curva gaussiana (cioè della normalità) della produzione e tanto quanto petrolio abbiamo consumato dagli anni ’50 ad oggi, tanto ne possiamo consumare. In un lasso di tempo che comunque sarà minore dato che il consumo di petrolio è comunque cresciuto esponenzialmente e quindi le riserve si riduranno a un ritmo più veloce di quanto avvenuto nella seconda metà del novecento. Da cui le stime sul fatto che il 2050 è l’anno limite.

 

 

 

 

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Storia della cagnolina

Quando ero molto piccola avevo una cagnolina. Allora abitavamo in un appartamento e lei viveva sul balcone. Era un balcone piccolo e a lei toccava passarci tutto il giorno. Poi la sera il rituale di famiglia era di liberare tutto il corridoio che dalla porta di casa andava alla portafinestra del balcone, da giocattoli e ammennicoli vari, aprire la porta di casa e poi aprire la porta del balcone, godendo così della vista di una cane a forma di razzo che scappava verso la libertà. Ovviamente i miei genitori, furbescamente, la lasciavano uscire a stomaco vuoto di modo che la fame la riconducesse a cercare la cena sempre a casa dopo una mezz’oretta di scorribande.

Ci trasferimmo poi in una casa che aveva anche un giardino… Avrà così guadagnato la libertà la cagnolina? No. Peggio. Perchè in questo giardino c’era un orto e la mia cagnolina aveva il brutto vizio di fare buche. Le piaceva scavare. Quindi, chi di famiglia proprietario dell’orto ci ingiunse di tenere la cagnolina alla catena. Si iniziò così un periodo molto infelice nella vita della cagnolina, la quale non veniva mai portata a spasso da noi che eravamo padroni dissennati e lei passava tutta la vita alla catena. Quando per un qualche caso riusciva a liberarsi scappava.

L’orto fu poi smantellato, ma la povera cagnolina, vittima di un circolo vizioso, non trovò la libertà. Perchè succedeva che se veniva liberata non c’era recinto abbastanza alto in grado di contenerla, lei scappava e non tornava per giorni e giorni. Quindi la tenevamo legata per non farla scappare, e se la liberavamo scappava.

La storia ha però un lieto fine. Infatti alla povera cagnolina, che noi negli anni avevamo accudito così bene, pensammo di affiancare un altro cane. Fu proprio una bella idea, dal punto di vista della cagnolina. Questa infatti alla vista di un amico cane si calmò immediatamente, si potè liberarla e quasi mai se ne andava. Solo ogni tanto per dimostrare che sapeva ancora farlo.

 

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Tesi improbabili sul covid 1

 

Benvenuti! Benvenuti!

Il fiasco è sul tavolo in fondo!

Prego si entra senza green pass! Ma ad ognuno il pennarello, vi marcate il bicchiere col vostro nome e se vi vedo a bere uno nel bichiere dell’altro vi caccio senza tanti complimenti!

Si pomiciare è permesso, ma non fatecelo pesare…

Là sul tavolo in fondo c’è posto ancora. Già i fumi dell’alcool, e non solo, annebbiano quel lato della stanza, ma una sedia è ancora libera.

Mi siedo.

Dev’essere il tavolo dei rompiscatole. Senti come sono incazzati.

Parlano di lavoro? Delle multinazionali (?) che hanno invaso il nostro paese, neanche ci fossimo trasferiti in America Latina o in Africa, che arrivano comprano il know-how italiano (si dice così in linguaggio da fighetti) e se lo portano all’estero? Della disoccupazione dilagante?

No, di vaccini…

Io sarò stupido e non avrò mai studiato in una grande università, ma a me questi virologhi sapienti che fanno i comunisti col culo degli altri mi hanno proprio rotto! Vogliono decidere al posto mio cos’è meglio per la mia salute e sono capaci anche di darmi la colpa della ripresa dei contagi! Ma dov’erano quando l’azienda mi ha buttato in mezzo alla strada perchè nessuno veniva più a fare la spesa sotto casa? Allora della mia salute non glienè fregato un cazzo e adesso mi vogliono imporre di vaccinarmi sennò non mi danno un lavoro?
Fanno uguale a facebook, non sei tu l’utente a cui devono convincere a fare il vaccino, sei la merce!

Ma poi tu sei giovane, non te lo fare il vaccino che hai ancora tutta la vita davanti. Io sai, son vecchio se anche mi usano come cavia da laboratorio poco male, magari qualcuno impara qualcosa di nuovo, io ho più probabilità di cavarmela se incappo nel virus e tutti sono più felici. E’ un win-win nel mio caso. Ma tu? fare da cavia a trent’anni, ma non ci stare neanche a pensare!
Le hai viste le statistiche, lo sai quanta gente è morta di covid alla tua età? Roba che ne è morta di più ad accendere il gas la mattina facendosi il caffè.
Dico: ma ci prendono per il culo?

Vabbè ma mica solo si muore, ci sono anche quelli che rimangono menomati. ‘Sto virus non ce lo stanno mica raccontando giusto. Lo sapete che prende anche il cervello? Se gli dice male all’infiammazione rimani stupido tutta la vita.

Capirai! Stupido sono già.

Si tu scherzi, quando poi vedi i video di quelli col tremore alle mani me lo racconti.

Oh, ma tu porti cicia! Già ce ne abbiamo a bizzeffe di sfighe nostre! Non basta la polmonite, anche i tremors ora ci tocca di sentire..
I problemi veri son altri. Questa pandemia è stata una cartina di tornasole per i disastri che sono stati perpetrati nei confronti del sistema sanitario. Migliaia e migliaia di dottori e infermieri formati nelle scuole italiane che han preso e se ne sono andati all’estero perchè qui non ce li volevano. O son finiti a lavorare nel privato. Ora che ce ne sarebbe bisogno, o valli un po’ a ritrovare! Sai quanto ti costano!

Io a chi si fa pagare per curare le persone… non lo so! Io li appenderei tutti alla corda e poi vediamo se ci ripensano!

Calma calma, così fate il gioco dei negazionisti.

Ma che negazionisti! I negazionisti son quelli che dicono che l’olocausto non c’è mai stato, mi dite che c’entrano coi no vax?

Ma è per dire, mica solo i no vax. Oh c’è gente che sostiene che i medici non ci hanno voluto curare apposta col covid, che le cure c’erano, ma non le volevano somministrare! Il plasma, l’aspirina, quell’altra roba che davano che poi i medici dell’ospedale si so’ incazzati e hanno detto medici di medicina generale del cazzo!

Fermi fermi! La so la risposta a questa domanda…

E qual’è?

Quella storia della disobbedienza civile.

Oddio, la disobbedienza civile a questo tavolo, proprio no!

Invece si, sentite. Come il nostro sistema sanitario ha combattuto il covid? Ci sono stati 3 atti di disobbedienza civile principali, gente con gli attributi, anche donne, che non hanno rispettato i protocolli. Il primo quello che ha segnalato un caso di covid in una persona anche se non proveniente dalla Cina, gli ha fatto il tampone. Il secondo l’idea di fare i tamponi a tutti e non solo ai casi a rischio. Ma il terzo, bomba, è quello che è andato a dissotterrare un cadavere per fare un’autopsia e ha scoperto quella cosa dell’infiammazione vascolare, che poi ha salvato un sacco di vite. Oh prima di quello l’unica cura era il respiratore, dimmi te se un buco in gola può essere una cura!
Quindi non è mica vero che i medici sono tutti asserviti, ce n’è stata di gente che ha fatto il proprio mestiere per bene, ha trovato le cure e lavorava in collegamento col SSN.

Si, ok. Ma dove sono ora? Mica mi vorrai far credere che adesso son diventati tutti vaccinisti.

Eh, ma che c’entra? Di economica i medici non ci capiscono un cazzo e questa dei vaccini è una partita solo economica.

Eccola la no vax ha parlato! Per piacere non ci rompere il cazzo con le tue teorie bucoliche da socialismo del giardinetto di casa!

Che mi vuoi fa’? Mi vuoi censurare? Oh, ma non è tuo figlio quello a cui stanno iniettando un farmaco sperimentato per 6 mesi?

Ma non è vero, questo vaccino ha una ricerca di decenni. Ma che ti credi? Quando è uscita la SARS nel 2003 mica se ne sono stati con le mani in mano. E’ una vita che è sperimentato!

Si e dove sono i dati? Perchè nel contratto che abbiamo firmato noi c’è scritta una beata minchia.

Si, ma non c’è bisogno che diventi scurrile!

No, io mi altero. Posso?

No, non puoi. Per piacere calmati e esponi il tuo pensiero con calma, che di confusione ce n’è già abbastanza.

Va bene. Va bene. Torniamo seri.

Bè, nessuno ha più niente da dire sui vaccini?

Cerco di tirare una sintesi che possa riunire le varie posizioni emerse, ok? L’ho trovata scritta su un giornaletto niente male, peccato che non aveva il marchio del SSN.

Ancora ti fidi del Servizio Sanitario Nazionale? Ma che ti devono fare per convincerti che sono macellai al soldo delle multinazionali?

Infatti, dicevo, “peccato…”, posso?

Prego prego, scusami.

Allora. Abbiamo detto che quello che ci distribuiscono è un vaccino di fatto in fase di sperimentazione che non ha superato i controlli dei 3/5 anni di sperimentazione, ma è stato somministrato, in contemporanea allo sviluppo della terza fase in laboratorio, a milioni di persone. Questo certamente per quel vizio di correre dietro il virus, ma sopratutto per garantire i profitti miliardari di Big Pharma.

Giusto. Che schifo! E nessuno fa niente per togliere il brevetto a questi aguzzini. Tutti zitti a belare come le pecore!

Posso andare avanti?

Si, certo.

Poi. Non l’avete detto, ma sappiamo che i dottori sono tutti scienziati pazzi che trattano la vita umana alla stregua di come faceva Mengele nei campi di concentramento, ma che grazie al “consenso informato” possono dormire con la coscienza tranquilla di stare facendo tutto in maniera pulita.

Mi permetti? Non credi di aver esagerato con quell’affermazione su Mengele? La scienza è sperimentale di suo, non si può addossare la responsabilità di una cura inefficace, sia pur preventiva, agli scienziati, sennò non si farebbe un passo avanti. Il consenso informato serve proprio a rendere edotti di questa aleatorità della ricerca medica e a coinvolgere il paziente nella pratica della cura. D’altronde se non addenti la mela, non potrai mai sapere che sapore ha. L’importante è che siano previsti dei sistemi precauzionali molto forti, per esempio la possibilità in ogni momento di interrompere e rideterminare il percorso di cura.

Si, ok. Forse ho esagerato, volevo fare una provocazione, ma mi è uscita un po’ male. Comunque è vero che i medici sono pazzi… su questo sarai d’accordo?

Certo, devono esserlo. Io direi che sono coraggiosi.

Comunisti col culo degli altri!

Va bene. Coraggiosi, comunisti col culo degli altri, come vi pare. Il punto è: sistemi precauzionali molto forti, quali sarebbero coi vaccini?
Abbiamo detto che questi vaccini sono stati sperimentati solo per 6 mesi dalle case farmaceutiche, che c’è una ricerca di anni dietro, ma l’applicazione pratica questo tempo è durata.
Altro punto noto è il fatto che le nazioni dove gran parte della popolazione è stata vaccinata hanno visto riiniziare i dati dei contagi crescere. L’Inghilterra che viaggia a tassi di decine di migliaia di contagiati al giorno; gli Stati Uniti uguale e Israele dove si preparano a fare la terza dose! Sottolineo la terza dose! Commenti?

Si, semplice. Se fanno la terza dose significa che stanno rincorrendo le varianti, come fanno con l’influenza ogni anno. E che lo scenario che si apre è quello del doversi vaccinare una volta all’anno. Cosa che certo non è accettabile, siamo daccordo?

Anch’io, posso intervenire? Sono d’accordo che è un segnale pessimo, ma il punto forte del ragionamento dei vaccinisti è quello di dire che chi si vaccina è soggetto meno a complicazioni dei non vaccinati. Abbiamo opposizioni a questa affermazione?

No, non ce le abbiamo e infatti non vogliamo intavolare un discorso No-Vax, cerchiamo solo di capire cosa sia meglio fare caso per caso.

Ho già capito dove vuoi andare a parare.

Si tu lo hai capito, ma ti renderai ben conto che la stragrande maggioranza dei governi non si sta incanalando verso quella direzione. Quindi sviluppiamo il ragionamento dei vaccinisti. Loro dicono 1 – che chi si vaccina è meno soggetto a complicazioni e 2 – che se ci vacciniamo tutti riusciamo a bloccare le mutazioni e possiamo fermare la pandemia

BOOM

Eh già…

Ma l’hanno letto spill-over questi signori o bisogna sempre ricominciare da capo?

A proposito di Spill-over, io vorrei dire la mia!

Oddio, ma non ti avevo detto di stare zitta, socialista bucolica del cazzo!

Ma io…

Qui tutti possono dire la loro. Prego e ben arrivata. Non ci volevi parlare di lavoro? Avevi detto che ci volevi parlare di lavoro e economia, che hai da dire sui vaccini?

Ma niente… io volevo solo dire… che insomma… ve la ricordate Vandana Shiva e la lotta contro le biotecnologie, che bisognerebbe ripartire dalla biodiversità? Non è che si può applicare anche agli anticorpi? Ecco solo questo volevo dire.

Ma basta! Non se ne può più di queste cazzate ecologiste! Ma perchè ci fate sorbire queste stronzate! Abbiamo già detto mille volte che la tua è la strada dell’immunità di gregge naturale e che è lastricata di milioni di morti, ma che ti dice il cervello??

Si, ma il capitalismo fa uguale però! Ci lascia girare in autobus affollati, ci manda al macello sui luoghi di lavoro non essenziali!

Non essenziale sarai te, testa di rapa!

Ohhhh… basta! Silenzio tutti e due! Il comunista e l’anarchica non hanno più diritto di parola!

Qual’era il cavolo di discorso di sintesi?

Eravamo rimasti alla bomba mi pare. Al voler fermare le mutazioni del virus.

Grazie. Allora. Abbiamo detto che è un vaccino sperimentale, ci eravamo fermati sulla questione della sicurezza. Che hanno bloccato due volte la somministrazione, poi hanno vietato di darlo ai giovani anche se sugli anziani non lo avevano sperimentato.

Per piacere, scusa, puoi fare nomi e cognomi?

Si, stiamo parlando di Astrazeneca. Testato su una popolazione di under-65 è poi stato deciso di somministrarlo solo agli over-60. Viceversa Pfizer, testato sugli over-60 hanno deciso di darlo anche ai bambini di 12 anni. Quindi che siamo in fase sperimentale siamo d’accordo?

Certo. Solo il governo ne è all’oscuro.

Quindi il tema della sicurezza. Ci hanno dato rassicurazioni?

L’unica è stata che tutti i vaccini fanno male.

Ah, meno male, così mi sento più tranquillo!

Insomma sul tema della sicurezza, potrebbero almeno dirci che se anche non funziona, male non fa? O è di troppo disturbo per lor signori?

Ma, sembra che lo stiano dando per scontato…

Ma noi ci fidiamo o no di questo ragionamento?

Di partenza è sempre bene non fidarsi.

Dunque che facciamo ci fermiamo qui o andiamo avanti?

Si, ma il green pass, non vogliamo prendere posizione?

E gli OGM?

E i vaccini dati alle compagnie private?

eh… ragazzi! è un bel pastrocchio!

Io penso che sia meglio andare avanti, che questi son pazzi, a settembre ci mandano al macello più completo se si continua così: green pass, licenziamenti e cure per covid a pagamento!

E dai. O tienigli testa te alle multinazionali se ti riesce!

….

….

Insomma altro da dire sui vaccini?

No, mi pare che ci siamo. Riesci a fare la sintesi?

Si. Allora. Abbiamo detto che questo è un vaccino in fase sperimentale, che si basa su una ricerca decennale, ma che è la prima volta che viene testato praticamente.

Cosa che succede con tutte le campagne di vaccinazione.

Si, ma questa è diversa.
Dicevo: i vaccini in circolazione sono di diversi tipi, alcuni dei quali ci fanno abbastanza paura.
Bisogna comunque cercare di ragionare su una scala globale, perchè per quanto, nota positiva, la globalizzazione sia stata messa parzialmente in difficoltà dalla pandemia, è anche improbabile che gli scambi fra paesi si siano fermati tanto da bloccare l’arrivo di eventuali varianti. Quindi nessun paese si salva da solo.
D’altra parte è improbabile pensare a una campagna di vaccinazione mondiale universale. Anche se questa è la strada ideale che i vaccinisti vogliono sostenere ad ogni costo. Fermare le varianti tanto da annichilire completamente il virus e renderlo inoffensivo.
Che sperano di chiudere la partita con un giro unico di somministrazione, ma che questa cosa è altamente improbabile che riesca. Diciamo pure così altamente improbabile da essere impossibile.
Fin qui ci siamo?

Si, d’accordo.

Più o meno.

Allora. A questo punto abbiamo davanti due alternative. Non le enumero perchè stiamo cercando di fare un discorso di sintesi, ma riprendo il discorso sulla partita piano nazionale/piano internazionale. In questo, è vero che dobbiamo cercare di ragionare in maniera globale, d’altra parte è vero pure che ogni paese ha il diritto e il dovere di perseguire la propria strategia, sopratutto in Italia che di medicina ne mastichiamo e per quanto il nostro SSN faccia schifo non è proprio uno dei peggiori al mondo e abbiamo ampi margini per scamparcela meno male possibile.

Ok. D’accordo. Però, scusami se ti interrompo, io vorrei aggiungere un discorso sulle varianti. Penso che dovremmo parlarne un po’ più approfonditamente, perchè su questa partita si giocheranno le prossime decisioni. Cioè di capire quanto le varianti possono risultare gravi in una popolazione di vaccinati o meno. E’ un dato importante.

Si lo è, continua.

Bè, per ora non si può dire gran che perchè è la prima volta che ci troviamo ad affrontare un’ondata, nel caso dovesse arrivare la quarta ondata anche da noi, ma per ora ci basiamo sui dati dei paesi stranieri, dicevo è la prima volta che ci troviamo ad affrontare un’ondata in una popolazione di vaccinati, quindi non c’è molto da dire perchè non ci sono ancora le informazioni. Si può però speculare con moderazione.

Sarebbe meglio di no.

Bè, però impostare il discorso metodologico si.

Ok, questo si, dicci.

Allora credo che le cose da considerare siano: il tipo di variante, è di suo meno aggressiva o è meno aggressiva solo in una popolazione di vaccinati? E questo lo possiamo sapere comparativamente. E a meno che non siano diventati tutti pazzi, sembrerebbe che quello che tendono a dirci è che chi è vaccinato e si ammala, si ammala meno gravemente di chi vaccinato non è.

Ok.

L’altra cosa è da capire se la memoria del vaccino e la memoria degli anticorpi naturali sono efficaci alla stessa maniera e questo invece non ce lo stanno dicendo. E penso che se non ce lo stanno dicendo è perchè non si registrano ancora casi in numero significativo di malati al primo giro che si sono riammalati di variante.
Non penso che affermare questa cosa voglia dire aggiungere una freccia all’arco della strategia immunitaria naturale, ma che sia un’affermazione di onestà. Almeno che non ce la smentiscano.

Va bene, però se sei vaccinato e ti fai il covid meno grave, magari rafforzi il sistema di memoria lo stesso, ma in maniera più dolce.

Quindi tirando le somme di questo ragionamento: possiamo dire che il vaccino è un’arma nella lotta contro lo sviluppo della malattia in forma grave e che favorisce la memoria a lungo termine degli anticorpi.

No, non lo possiamo dire, è pura speculazione ancora e tu mi hai detto di non speculare!

Va bene.

Andiamo al punto centrale: il vaccino ai bambini.

Oh… era l’ora! Tante chiacchiere e ancora non se ne parlava. Puoi fare un discorso di sintesi anche su questo o dobbiamo dilungarci ancora tanto?

Bè, il fiascho è vuoto, i portaceneri pieni. Io penso che se su questo non sanno cavarsela da soli è grave parecchio. E poi lo abbiamo già detto mille volte. Scuola in presenza al 100% senza discriminazioni fra vaccinati e non vaccinati.
Si, tu dici così, ma lo sai come funzionano i meccanismi di uniformazione nelle masse?
E sei pronto a giurarmi che avresti dato il vaccino per il morbillo obbligatorio? Perchè io il morbillo me lo son fatto e mi è rimasta solo una cicatrice sotto un’occhio che non si vede nemmeno, non mi è sembrato tanto grave.
O vacciniamo i bimbi anche per l’influenza?

Guarda, non ci pensare nemmeno, che l’infanzia in medicina è la categoria più protetta che esista. Te fai quello che ti dice il dottore!

Eh vabbè…

 

 

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3 anni di riforme – quota 100 e il reddito di cittadinanza

NdA: nel corso della seguente esposizione si danno i numeri, trattasi di valori economici. A ogni valore economico espresso in cifre è sottinteso che si faccia anticipare l’espressione “circa”

Nel gennaio del 2019 il governo giallo-verde introdusse due misure di welfare importanti: quota 100 e il reddito di cittadinanza. La prima riguarda le pensioni, la seconda invece uno status economico, cioè la povertà.

Partiamo da quota 100, per quanto mi renda conto che non è un argomento giovanile e pop, ma è comunque importante. Quota 100 è stato un tentativo maldestro che ha cercato di bloccare l’attuazione della riforma Fornero ma, ad ammissione della legge stessa, solo per 3 anni. Alla fine di quest’anno andrà in scadenza e almeno a quanto ho capito io, non si parla più di rinnovarla. Non so perchè di preciso. Pensavo che la Lega ne avrebbe fatto un cavallo di battaglia, ma avrà fatto uno studio e scoperto che i nati dopo il 1960 (gli ultimi che possono usare quota cento sono della classe 1959) sono tutti comunisti e non vale la pena gareggiare per il loro voto. Oppure è in una fase in cui non gli interessa il voto degli italiani ma solo i soldi degli industriali… dopo aver tanto seminato avrà anche da raccogliere quel latifondista infelice, o no? Comunque non lo so se verrà rinnovata, ma il clima non promette niente di buono.

Dicevamo: quota 100. Per chi ha la pazienza di seguirmi vi spiego in cosa consiste: molto semplice, bisogna avere almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi entro la fine del 2021. E basta. Non c’è da fare nient’altro. Quando è stata attivata, la solita campagna mediatica del terrore ha detto che con quota 100 c’erano delle penalizzazioni pensionistiche e che ne sarebbe derivata una pensione da fame per chi la sceglieva… Che simpatici burloni! In realtà non c’è nessuna penalizzazione, ma sono proprio le pensioni che sono da soglia della povertà. E stare a lavoro 4 anni in più (quanti ce ne vorrebbero per raggiungere la pensione classica) porta in realtà un beneficio pensionistico di circa 400 euro in più l’anno… al lordo delle tasse chiaramente.

Nonostante questo, tante persone hanno deciso di non attivarla e sono rimaste a lavoro, ne ha usufruito infatti poco più della metà dei potenziali beneficiari, anche se quella metà ha fatto carte false pur di ottenere i contributi necessari per andare in pensione. L’altra metà, forse, ama il proprio lavoro. Oppure si è fatta fare una proiezione della pensione futura e si è spaventata non poco. Anche perchè, a differenza degli altri servizi pensionistici, con quota 100 è proibito svolgere qualunque forma di attività lavorativa. Resta inteso, chiaramente che chiunque raggiunga i requisiti nei termini stabiliti, cristallizi il proprio diritto e in qualunque momento successivo possa decidere di andare in pensione. Ipotizzabile dunque che chi ancora non l’ha usata, la userà appena ne avrà voglia.

Il fatto che la tolgano è comunque una barbarie e una discriminazione inaudita nei confronti di chi non è riuscito nel totopensioni a raggiungere il giusto mix fra data di nascita, anni di contribuzione e “finestra di sperimentazione”.
Su questo versante la pazzia del governo attualmente in carica sta raggiungendo cime di tecnicismo veramente notevoli. Pur di non prolungare infatti una misura del “governo precedente” si stanno inventando di tutto per far accumulare contribuzione (vedi l’esempio del riconoscimento del lavoro part-time) e scivoli agli operai di modo da farli rientrare almeno per un anno ancora nella magia di quota 100, potessero li farebbero anche nascere un anno prima.

Ma non si può nascere prima. Quindi vi auguro a tutti di svolgere un lavoro bello e appagante che abbiate voglia di fare almeno fino a 70 anni e 6 mesi. Sennò l’unica soluzione è il reddito di cittadinanza.

Dunque dicevamo il reddito di cittadinanza.

E qui le cose si complicano.

Questa misura è stata introdotta come misura bandiera del movimento più opportunista che la storia conosca. O forse più trasformista, ma la sostanza è molto simile. Il fatto è che il dibattito sul reddito universale è a tutt’altro livello da quello che è stato condotto in Italia, seppure nelle intenzioni del legislatore (di cui se non altro conosciamo per una volta nome e cognome) era proprio a quel livello che si discuteva ed è solo per la mal riposta convinzione che il compromesso costante sia una cosa positiva che ha finito per limitarlo in quasi tutti i suoi aspetti fondamentali.

Certo è una misura limitata, sconclusionata e inconcludente, funestata da un dibattito di infimo livello fra i promotori stessi della legge che hanno alzato una serie interminabile e incredibile di paletti che rendono veramente ardua l’applicazione della legge stessa.
Ora pare che hanno creato una commissione per studiare il bilancio dei 3 anni di applicazione della legge e a capo della commissione vi hanno messo una sociologa di fama internazionale, o almeno di sicura fama nazionale: Chiara Saraceno. Una giovane signora settantenne di cui aspettiamo con trepidazione di sapere se poter chiamare farabutta impenitente o se invece si tratta di una studiosa con un po’ di sale in zucca. Del suo atteggiamento sulle situazioni di disagio sociale sappiamo questo: ha un morboso attaccamento a perorare la causa dell’incapacità personale e ad appioppare amministratori di sostegno come se fossero assistenti sociali alle persone svantaggiate; d’altra parte ritiene anche che la tutela dei bambini poveri non passi solo dall’allontanamento da situazioni di disagio e che la povertà non sia un motivo sufficiente per recidere i legami familiari.
A questa signora è stato affidato il compito di valutare il RdC.

Ci permettiamo anche noi di fare qualche osservazione al riguardo. Sai mai che ci vogliano dare retta, per comodità e chiarezza espositiva useremo il termine reddito universale finchè ci limiteremo al dibattito teorico sulla materia, e quello di reddito di cittadinanza quando parleremo della misura vera e propria per com’è stata concepita in Italidiotistan.

Abbiamo ancora infatti nelle orecchie i latrati della classe padronale che con un bottino da 300 e più mld di euro non si permette neanche di tacere e ruba l’osso ormai spolpato a un branco di cani molto più laceri e pericolosi di loro. È abbastanza chiaro cioè che sono a caccia di finanziamenti e il reddito di cittadinanza risulta ai loro occhi chissà che tipo di bottino pregiato.

Le critiche in questo senso sono le solite due che dal 1800 sono entrate in loop nella testa dei porci capitalisti. Confutiamole per la cinquemillesima volta, come si usa fare in un dibattito civile.

1- è vero che i sussidi favoriscono l’inedia della classe lavoratrice, scoraggiando la ricerca del lavoro? O per essere più precisi: sono i poveri meritevoli di protezione sociale o invece sono colpevoli della loro stessa situazione di precarietà esistenziale?

Chiaro che la risposta della classe padronale è che la povertà è una colpa e non perdete tempo a chiedervi come questi soggetti possano definirsi al contempo cristiani, che tanto non ne verreste a capo. A noi interessa però capire come mai i poveri o la classe lavoratrice arrivino loro stessi a considerarsi come nemici. La spiegazione in termini psicologici potrebbe essere abbastanza semplice: sono depressi proprio per le condizioni che vivono e depressione e senso di colpa camminano a braccetto. Motivo per cui neanche c’è bisogno della retorica padronale perchè molte persone si sentano in colpa nell’usare o avere bisogno dell’assistenza sociale.
Comunque sia, anche per parlare a queste persone, scendiamo a un livello più vicino alla terra, e spieghiamo perchè il reddito universale deve essere considerato una misura di politica economica vera e propria. Chiaramente riferendoci a un sistema ancora basato sul metodo di produzione capitalista, quale quello dominante e in cui viviamo, che in uno stato socialista avere tutti accesso a un reddito mensile prestabilito, sarebbe proprio l’impalcatura minima necessaria per costruire tutto il resto dello stato. In questo sarebbe molto più simile alla carta moneta e lo si andrebbe a prelevare in banca – socialista, chiaramente – senza troppe formalità con un tetto massimo di prelievo in base alle ore di lavoro prestate e alle necessità specifiche. Così che se uno lavorasse troppo non gli resterebbe il tempo per spendere troppi soldi e se lavorasse troppo poco non si potrebbero prelevare abbastanza soldi da spendere in cavolate.

Dicevo, il livello più vicino alla terra.

Il reddito universale, così com’è stato pensato in alcuni paesi, quali il Brasile, dall’ex-presidente Lula, costituisce comunque una misura di contrasto alla povertà e sarebbe carente dal punto di vista dell’universalità, cioè non spetterebbe a tutti, ma solo alla fascia di popolazione in più difficili situazioni economiche. Ma oltre questo requisito non dovrebbe prevedere nessun’altra limitazione. In una società come la nostra inoltre in cui il costo della vita è molto elevato il sussidio economico dovrebbe essere molto cospicuo. Da noi può andare da un massimo di 1084 euro, a un minimo di 20.

Il tetto massimo viene elargito se una persona si trova in una situazione economica al colmo della sfiga: disoccupato o con reddito molto basso, con moglie o marito e 2 o 3 figli a carico, un affitto da pagare e un disabile in casa. Senza il disabile in casa arriva a un massimo di circa 700 euro, per un disoccupato da solo, con affitto può arrivare a 500 euro e via via si riduce all’aumentare del reddito e delle condizioni di vita.

Può un reddito di 500 euro scoraggiare la ricerca del lavoro? Se hai un affitto da pagare, chiaramente non può scoraggiare la ricerca del lavoro. Se l’affitto non ce l’hai per prendere il sussidio hai due possibilità: o vivi in una comune, detto anche albergo dei poveri; o vivi per strada. Può essere questa una condizione che scoraggia la ricerca del lavoro? Sicuramente si, ma per motivi che col reddito di cittadinanza niente hanno a che vedere. C’è una cosa che il reddito di cittadinanza sicuramente fa: scoraggiare i tentativi di furto, quello si. Ma questo è meglio non dirlo. Nel nostro paese, infatti, anche i ladri sono farabutti e non persone che cercano di sbarcare il lunario.

L’altra cosa importante che un reddito universale fa è scoraggiare lo sfruttamento. Abbiamo capito, infatti, che una misura abbastanza consistente economicamente crea una zona grigia da 0 a 500 euro che è coperta dal reddito e a cui una persona si sente spinta a rinunciare solo in presenza di lavori giustamente retribuiti. E questo è un obiettivo dichiarato del dibattito sul reddito universale, se lo stato protegge dalla povertà, la povertà non può più essere un’arma di ricatto nelle mani dei datori di lavoro e le condizioni lavorative devono alzarsi.

C’è chi a queste motivazioni strettamente economiciste, vorrebbe affiancare anche una carota keynesiana per l’economia nel suo complesso, ma la cosa è talmente risibile come effetto che neanche i capitalisti riescono a crederci. Con 500 euro, infatti, a parte le bollette e i profitti conseguenti delle multiservizi, nessun altro capitalista ha da guadagnarci. I soldi sono infatti talmente pochi che bastano a malapena per mangiare e comprarsi qualche cosa da indossare al mercato. Neanche uno spicciolo di questi soldi entrerebbe nelle tasche dei colossi informatici, automobilistici e affini.

Quindi quanto alla prima domanda: “sono i poveri meritevoli di assistenza sociale?” la risposta dovrebbe essere questa, in spirito marxista. Se l’obiettivo è eliminare la povertà e lo sfruttamento, certamente i poveri sono meritevoli di assistenza sociale! Se l’obiettivo è “nascondere” i poveri, dissimularli fra i ricchi, gettarli nel massacro della competizione capitalista. Allora no, chiaramente il reddito universale ha una funzione contraria. Tanto che se ne deve essere accorto anche Draghi, quando sostiene che questo sarebbe il debito cattivo, da limare via.

A questo punto un comunista potrebbe chiedere? Non finirebbe questo per mettere in competizione percettori “privilegiati” di reddito universale e classe lavoratrice? In termini politici, finchè si è nel mercato del lavoro, la sfida è in effetti significativa. E il gioco consiste esattamente nell’allearsi fra classe operaia e povertà di modo che se il baratro dell’assenza di reddito viene meno si può essere più ambiziosi anche in materia di contratto di lavoro.

2- è vero che il reddito di cittadinanza favorisce il lavoro nero? O per meglio specificare c’è un rischio che si verifichi una complicità maggiore fra datore di lavoro e operaio al fuori busta; o fra committente e prestatore d’opera al pagamento in contanti?

La critica qui riprende in buona parte i discorsi detti sopra e costituisce il compromesso fra padroni e povertà.

Intanto partiamo da una considerazione, il lavoro nero di suo non sarà mai un lavoro ben retribuito, ma si tratterà sempre dei lavori più saltuari e meno retribuiti, per un semplice motivo: se la paga fosse troppo elevata al padrone non converrebbe rischiare la denuncia del mancato versamento dei contributi, dato che i soldi che pagherebbe al lavoratore equivarrebbero agli stessi che pagherebbe versando i contributi. Nessun padrone è fesso. L’accordo generale del nero più diffuso è quello di pagare il netto percepito da un lavoratore contrattualizzato, più se proprio va bene la parte di contributi che in un lavoro a contratto viene trattenuta al lavoratore. Così che il lavoratore abbia la parvenza di starci guadagnando qualcosa, finchè non si accorge di non avere ferie, assicurazione per infortunio, malattia e pensione (no, pensione no, quella fa schifo comunque).

Se il lavoro nero arriva a queste vette, cioè a uno stipendio pieno non dichiarato, effettivamente il problema si pone, per via che reddito di cittadinanza e stipendio pieno sommandosi sono maggiori di solo stipendio pieno. Nella maggior parte dei casi, invece, un lavoro contrattualizzato sarebbe invece sempre preferibile al reddito pur con l’aggiunta di un fuori busta di 2 o 300 euro mensili.

Non condanneremo qui il lavoro nero, né tanto meno chi vi ricorre per sopravvivere. Ma teniamo a precisare che seppure nella legge c’è scritto che i lavoratori stessi sono passabili di condanna penale se venisse scoperta un’eventualità del genere, logica e 60 anni di legislazione vorrebbero che invece il lavoratore a nero che denuncia non è mai passabile di condanna. Là dove viene scoperta una mancata regolarità in un rapporto di lavoro, la regolarizzazione viene sempre imposta al datore di lavoro e mai al lavoratore, che invece viene considerata parte lesa.

Quindi se Salvini sbraita contro il fatto che il Reddito favorisce lo sviluppo del lavoro nero, per piacere ricordatevi, che è lui stesso che ha preteso di inserire nella legge la criminalizzazione del lavoratore a nero e quindi l’omertà su questo aspetto.
In qualunque altro caso: no, il reddito universale non favorisce il lavoro nero, ma spinge alla ricerca di un contratto regolare e ben retribuito.

Al termine di questo panegirico si potrebbe avere la sensazione che in Italia sia stata compiuta un’ottima riforma. Che avranno allora i comunisti da lamentarsi contro questa legge?

Parliamone. Le cose che non funzionano in questa legge sono un elenco lungo lungo.

La prima. Seppure anche noi abbiamo messo in relazione il reddito universale con la ricerca del lavoro, lo abbiamo fatto parlando di un mondo ideale, in cui il reddito funzioni non solo da rete di protezione rispetto alla disoccupazione o inoccupabilità prolungata, ma da vero e proprio regolatore economico. Nella forma però che si è dato a questa misura in Italia se la prima funzione è ancora tutto sommato ricercata, alla seconda si è abdicato del tutto. E qui bisogna entrare un po’ più nel tecnico della normativa vera e propria. Cosa che non sono molto in grado di fare, ma su cui qualche spunto lo darei volentieri lo stesso.

  1. La soglia del reddito andrebbe rivista al rialzo o quanto meno agganciata al costo della vita. Viviamo in un paese in cui le misure di welfare vengono tagliate, non incrementate. Dare un valore prestabilito e molto basso, rischia seriamente di limitare il mantenimento della riforma.

  2. Il solito problema della residenza. È vero che nel codice civile c’è scritto che si può mettere la residenza dove si vuole, ma per farlo è d’uso avere almeno un contratto d’affitto. Vi pare normale che un senza tetto non abbia accesso al reddito?

  3. La ghettizzazione nei confronti dei detenuti o di chi ha riportato condanne penali. Già sono stati condannati una volta, quante volte la devono scontare la loro colpa? Oltre al piccolo dettaglio che queste persone tendono a finire in stato di povertà più spesso delle altre.

  4. Il tema del lavoro congruo, delle 3 offerte a 100 km, dell’obbligo di passare il tempo al centro per l’impiego, l’obbligo dei lavori socialmente utili. Non so neanche da che parte cominciare a dire quanto tutto ciò sia ipocrita, perbenista e insensato. Ma il senso è più o meno questo. Siccome il reddito universale di suo è una misura che attacca il mercato del lavoro nelle sue strutture fondamentali (volendo riformarle e non abbatterle, purtroppo) favorendo una spinta all’equità e all’innalzamento dei salari, le modifiche principali si sono concentrate a silurare il cuore stesso della legge cercando di ridurlo in poltiglia. Ci sono riusciti? In buona misura si. L’impalcatura è talmente tanto indegna che cancella qualunque buona intenzione e se non ha messo limitazioni serie all’erogazione del reddito fino ad oggi è solo perchè non è stata realizzata e se continua di questo passo, con il reddito che diventa la principale misura di welfare nel nostro paese, non lo sarà mai. Ma sarebbe stato meglio non scriverla proprio, conoscendo la protervia dei nostri governanti in alcune regioni, l’arma che gli è stata messa in mano è tutt’altro che secondaria.

  5. L’obbligo di spendere per intero la somma concessa durante il mese. Se questo non accade l’importo non speso viene cancellato e riaccreditato nelle casse dell’INPS. Questa cosa, senza senso, andrebbe proprio cancellata. Non che in capo a un mese di 500 euro ne possano mai rimanere tanti in tasca, ma è una misura che oltre a ridurre la possibilità per i beneficiari di progettare spese sul medio periodo serve a ricordar loro sempre di essere persone dipendenti dalla benevolenza dello Stato, bloccando la loro capacità di amministrare i propri soldi.
  6. Il pagamento con carta bancomat e la limitazione ai 100 euro di contanti mensili. Anche qui racconta di un’idea molto paternalista della povertà e della mancanza di conoscenza del mondo reale e delle reti sociali che attraversano i poveri. È stata giustificata dicendo che non devono andare a giocare i soldi al lotto o in alcool… Incredibile! Ma va bene. Che ci stia pure. Ma d’altra parte sapete perchè hanno permesso che si potessero prelevare i contanti? Per andare a comprare il caffè! Maaa…

 

 

 

 

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Servono 20 bottiglie di vino

Ringrazio tutti i compagni e le compagne che hanno contribuito alla ricerca collettiva di questi mesi, vorrei ringraziarli uno ad uno, ma dato che non leggeranno mai queste righe mi limito a dire che le tesi qui sostenute non sono frutto solo di elaborazione personale. Avanti!

È da poco partita la campagna vaccinale contro il covid e il modo in cui viene raccontata dai media ha l’unica funzione di distogliere i dubbi e le domande delle persone, facendo credere alla gente che lo Stato abbia tutto sotto controllo, nonostante tutte le evidenze contrarie degli ultimi mesi.

Si dice sui giornali e nelle interviste: “Bisogna spiegare alle persone che il vaccino è sicuro”, ma mai che per dissipare i dubbi dei cittadini venga spiegato com’è fatto questo vaccino.

Chi scrive non è certo un medico ma in questo post proverò a riferire in forma un po’ estremizzata le informazioni spizzica e bocconi che ho raccolto sul tema del vaccino. A qualcuno, sicuramente, questo modo di affrontare i problemi, senza indagini sistematiche, senza bibliografie di riferimento, darà fastidio.

Ma mettiamola così. Questo mio blog, fin dagli anni passati e oggi di più, va visto più che come una pagina di diario o un’esperienza velleitaria di giornalismo e approfondimento, come un tavolo di una taverna, di un bar di quartiere, del centro sociale della città.

Si passa, si entra, si prende un bicchiere di vino e ci si ferma a ragionare dei fatti del mondo. Tutti ripetono quello che hanno ascoltato dai telegiornali e c’è sempre un rompiscatole, che non guarda mai la TV, che non legge i giornali locali, che chissà dove cavolo si informa, che afferma: “vi stanno raccontando delle frottole!”.

Ecco questo è quel tavolo della taverna in cui si mette in dubbio quanto l’informazione di regime afferma come verità.

Dunque, la tesi corrente, attualmente, è ancora quella che sostiene che il vaccino sia la via maestra per uscire dalla pandemia, anzi più che la via maestra è proprio tacciata come l’ultima speranza. Se il vaccino non funziona sembra che non esistano altre cartucce. Dopo un anno di segregazione, di fallimenti economici, di un numero inusitato di lutti, aprire l’anno nuovo con questo senso di misticismo può essere, a detta di chi scrive, considerato il colpo fatale. Sembra che gli opinionisti, e la gente esasperata che gli dà retta, più che aver trovato un farmaco, abbiano trovato una pozione magica. Personalmente temo più le conseguenze di un (eventuale) brusco risveglio da questo incantesimo che i possibili effetti negativi del vaccino.

Parliamo dunque dei vaccini.

Breve storia burlesca del vaccino.

Il vaccino nasce agli inizi del secolo 1900 (XX) ad opera di un signore, direi Pasteur, che oltre evidentemente ad aver inventato la pastorizzazione del latte, ha anche usato il sangue delle mucche per creare il primo vaccino: quello anti-vaiolo… occhio e croce direi che Pasteur più che un biologo fosse un allevatore, cosa che conferma il detto: “c’è speranza per tutti!”

Dicevamo il primo vaccino fu quello anti-vaiolo. Quando sentite parlare di vaiolo dovete pensare che è l’orgoglio della comunità scientifica: un virus – l’unico virus fino ad oggi – eliminato dalla faccia della terra grazie alla campagna di vaccinazione. Dici vaiolo e l’uomo in quanto essere umano si eleva di un paio di gradini, fino quasi a diventare un dio.

Pasteur usò il sangue delle vacche1 come incubatrice per far germogliare il virus del vaiolo e sopratutto i suoi anticorpi, una volta che questi anticorpi erano sviluppati iniettava il sangue di queste mucche nella popolazione umana che così veniva protetta dalla malattia del vaiolo stesso. Non era un vaccino senza controindicazioni: una certa percentuale di persone non avrebbe riconosciuto gli anticorpi generati dai bovini come propri e per conseguenza si sarebbe ammalata di vaiolo proprio a causa dell’iniezione di vaccino. Non era però una conseguenza inaspettata. Pasteur conosceva bene quest’effetto, ma le autorità sanitarie dell’epoca calcolarono le percentuali che il contagio indotto si manifestasse nelle persone e le percentuali secondo cui il contagio si diffondeva per via naturale, videro che le seconde erano molto più elevate e decisero per la campagna di vaccinazione di massa, almeno qualcuno potevano salvarlo tramite questa via.

Inenarrabile invece è la meraviglia che dette autorità e comunità scientifica provarono di lì a qualche decennio quando il virus del vaiolo, come organismo esistente sulla Terra, letteralmente scomparì per effetto di questa vaccinazione di massa.

A questo successo clamoroso del primo vaccino della storia, dobbiamo tutte le campagne sanitarie successive, in cui si riteneva di poter risolvere ogni problema con un medicamento chimico o farmacologico specifico.

Purtroppo non tutti i virus sono uguali e non tutti i problemi si possono risolvere col vaccino.

Perchè? Se del vaiolo siamo riusciti a liberarci, perchè non dovremmo riuscirci con altre malattie?

Specifichiamo: non possiamo prendere come paragone la vaccinazione che fu fatta col vaiolo. Infatti il vaiolo come malattia è un Caso di scuola e i dottori sanno che il vaiolo era un virus solo e specificatamente umano, che non esisteva in nessun altro animale vivente. Per questo, una volta impeditogli di circolare da esser umano ad essere umano è semplicemente scomparso (estinto) dalla faccia della Terra.

Benissimo, un passo avanti nella storia dell’umanità.

A questo punto, come vengono oggi però decise le ulteriori campagne vaccinali?

Il metodo della percentuale rimane. O meglio le poche voci critiche dei vaccini dicono che dovrebbe essere la guida principale: si dovrebbe continuare a prevedere percentuali di rischio con o senza vaccini per ogni singola malattia e in base ad un calcolo ragionato di questo tipo valutare se sia il caso o meno di fare una campagna vaccinale, aggiornando chiaramente la tabella del rischio al mutato contesto epidemiologico e non continuare a proporre vaccini, perchè si sono sempre fatti. Vanno infine considerate le interazioni fra vaccini somministrati in gran numero, poiché la reazione del sistema immunitario ha dei tempi suoi, il nostro corpo non è una macchina di produzione e se viene bombardato di virus, per quanto disattivati, può generare una reazione immunitaria sconsiderata e pericolosa per la salute.

Questo è il tema, da decenni, su cui le discussioni accademiche si muovono e zittire le voci contrarie dicendo “bisogna proteggere i più deboli che non possono vaccinarsi” suona molto come una scusa da pietismo cattolico, che non teme di sacrificare un’analisi scientifica e razionale dei rischi sull’altare del sacrifico personale, o peggio sull’altare di interessi che con l’analisi medica niente hanno a che vedere.

Il vaccino contro il covid

Tutti questi discorsi sembrerebbero comunque superflui nel caso della malattia che stiamo affrontando. Difficile, infatti, pensare che si prospetti un rischio minore di letalità/mortalità nel caso dell’assenza di un vaccino per il covid. Ma questo ragionamento, parte da un unico presupposto, che esplicitato suona più o meno così: “siamo talmente tanto nella cacca che qualunque percentuale, qualunque arma che ci aiuti ad abbassare un po’ le liste dei morti quotidiani è benvenuta”. A me non sembra un ragionamento molto rassicurante e preferirei avere delle evidenze più chiare, mentre tutte quelle che escono tendono invece a confermare questo unico punto di vista.

Elenchiamo i punti dubbio emersi:

  • Intanto com’è fatto questo vaccino? Usa una tecnologia completamente nuova, mai sperimentata prima. Se i vaccini solitamente funzionano iniettando una forma del virus indebolita, oppure direttamente gli anticorpi creati in laboratorio, questo vaccino è diverso. È infatti un vaccino molecolare a RNA (vedi oltre). Significa che è composto da un pezzo del filamento di RNA del virus stesso, né indebolito, né disattivato. Comunque di un pezzo solo. In paragone con l’essere umano è come se ci fossero le istruzioni per costruire solo un braccio dell’essere umano e non tutto il corpo. Serve comunque allo stesso scopo degli altri vaccini: insegnare all’organismo a produrre gli anticorpi che si attaccano a quel pezzo di virus e lo fanno fuori.
  • Questo vaccino non si sa se protegge dal contagio o solo dalla malattia. Nel senso che nei test fino adesso fatti, la percentuale di protezione (90%) è stata calcolata solo sui sintomatici (quella di chi ha usato il vaccino era superiore del 90%), ma niente si sa rispetto a come si muoverà il virus in una popolazione di vaccinati. Non è una bufala è un’informazione confermata dalla casa farmaceutica stessa: non sanno dire se chi viene protetto dallo sviluppo della malattia, potrebbe lo stesso essere contagiato e a sua volta contagiare (rientrando dunque fra gli asintomatici).
  • La percentuale del 90% è stata calcolata solo sui sintomatici, non si sanno le differenze fra gruppo di controllo e gruppo sottoposto a vaccino, dei contagiati veri e propri. E qui a me sorge una domanda spontanea? Perchè non è stata testata questa cosa? Alla fine si trattava di un campione di circa 40.000 persone, perchè non è stato fatto il tampone a tutti a ogni tot di tempo? Perchè limitarsi a testare solo i sintomatici? Si dice che 40.000 tamponi erano troppi da fare… per le casse di chi? Così una delle domande principali è senza risposta e noi dovremmo fidarci della casa farmaceutica?
  • Si sa invece per certo che un certo numero di vaccinati svilupperà ugualmente i sintomi del covid, fra i soggetti che comunque avrebbero sviluppato la malattia si parla almeno del 5% nelle previsioni più ottimistiche. Non è una percentuale da ridere, direi! Ci domandiamo: cosa succederà quando i primi sintomatici vaccinati inizieranno a saltar fuori in numeri consistenti? La risposta è che la gente andrà fuori di testa e servirà del buono e del bello per spiegargli che è tutto regolare, tutto nella norma. Dato inoltre che stiamo poi parlando solo di un’efficacia relativa del 90%, dobbiamo considerare anche le condizioni in cui questa è stata ottenuta, condizioni che dal punto di vista sperimentale non sono proprio ottimali, in quanto la popolazione di riferimento è stata soggetta alle stesse restrizioni (mascherina, distanziamento, ecc. ecc…) cui tutti siamo soggetti. Chiaramente il fatto che l’efficacia sia esposta in termini relativi aiuta a ridimensionare questo aspetto (cioè i due gruppi, quello sottoposto al farmaco e il gruppo di controllo, erano soggetti, date le assurde condizioni sociali imposte, allo stesso tipo di limitazioni e la popolazione vaccinata è risultata comunque protetta nove volte di più), ma non si può sapere con certezza cosa accadrà eliminando le limitazioni, almeno finchè non ci toglieremo tutti effettivamente le mascherine e torneremo ad abbracciarci e questa sensazione di essere cavie non è proprio bellissima.
    Proviamo comunque a fare i conti in tasca al al servizio sanitario.
    Prendiamo i 600 morti che sembrano la triste media giornaliera italiana. Il 5% sono 30 morti al giorno, tolte le restrizioni credo che possano arrivare ad essere anche il doppio. Se a questi aggiungiamo coloro che si ammaleranno gravamente e quelli che svilupperanno controindicazioni gravi al vaccino (vedi oltre), non è che proprio ci possiamo consolare dicendo che abbiamo sconfitto il covid!
  • Un altro dubbio grosso attiene al tempo di copertura del vaccino, garantito al momento per soli 6 mesi, cioè il tempo della sperimentazione delle ricerche.
  • Altro dubbio riguarda la popolazione che è stata testata, e di conseguenza quella che può assumere la dose. Al momento non sono stati testati: ragazzi under-18; donne incinte o in allattamento; soggetti allergici ai farmaci in generale e ai componenti di questo vaccino nello specifico; soggetti con varie forme di immunodepressione; anziani over-85.
    Non è una platea di poco conto. D’altronde questo succede a fare le cose di fretta.
    In particolare è la seconda dose che desta preoccupazioni in quanto è certamente quella che garantisce la maggiore copertura, ma anche quella più pesante da sostenere per il nostro sistema immunitario che alla seconda dose se anche non sviluppa la malattia, può sviluppare una reazione immunitaria forte che in soggetti a rischio può anche essere fatale, cioè: se non li ammazza il covid può ammazzarli il vaccino.
    Al riguardo mettiamo un’osservazione sul perchè questo si potrebbe verificare. Il fatto è che questo vaccino lo si vuole far passare come un vaccino stile influenza, quindi somministrabile a tutti, ma è invece un vaccino per una malattia più complessa. Se è vero che tutti i vaccini sviluppano reazioni del sistema immunitario e quindi da questo punto di vista, nessun vaccino è innocuo al 100%, è anche vero che le reazioni immunitarie non è detto che siano uguali in ogni tipo di vaccino (febbre, stanchezza, ecc..). Si può anche temere che un vaccino di una malattia più grave svilupperà una reazione immunitaria più forte di quella di un vaccino per una malattia leggera, quale l’influenza. O no? Non ne abbiamo idea.
  • Altri dubbi sui vaccini in generale, certo, teorie complottiste e perchè no, finchè non vengono smentite? Il mercurio nei vaccini. Il mercurio, in realtà, in qualunque farmaco. Come ci finisce? Là, notizie paranoiche number one: sembrerebbe che alcune case farmaceutiche (specificatamente quelle cinesi, ma vatti a fidare) usino l’industria di produzione dei calderoni dei farmaci per smaltire i rifiuti pericolosi. Anche lo smaltimento dei rifiuti pericolosi è infatti un florido mercato, ma chi se lo accaparra non lo fa in base ad esigenze di smaltimento secondo tutti i crismi dell’igiene nazionale per la protezione della salute pubblica, ma solitamente secondo il principio del minor costo. L’obiettivo infatti non è “smaltire ecologicamente i rifiuti”, ma liberare i paesi industrializzati di questi inopportuni rifiuti pericolosi. Sembra che queste aziende costino così poco perchè hanno trovato un modo innovativo di smaltire i rifiuti pericolosi, cioè rimettendoli nel ciclo di produzione dei beni industriali stessi, in special modo quello dei calderoni da cucina. Quando vedete una pentola di quei bellissimi e nuovi prodotti antiaderenti fatti a trucioli, sappiate che in quei trucioli c’è il mercurio.
    Forse.
    Forse c’è anche il mercurio. Forse ci sono fanghi industriali. Forse c’è tutto quello che noi abbiamo scaricato alla Cina sottocosto e che loro gentilmente ci rivendono, perché, così come noi non sappiamo come liberarcene autonomamente, così non lo sanno loro. Sembra che all’inizio di questo percorso di smaltimento fraudolento dei rifiuti siano stati così tanto sfacciati da metterli anche nei calderoni delle macchine industriali che producono farmaci. Nei vaccini li hanno trovati, tracce di mercurio e metalli pesanti, perchè i prodotti farmaceutici vengono controllati, e partite intere sono state ritirate dal mercato, ma nella pentola che compri al supermercato, dimmi te, chi è che la va a controllare? D’altronde così va il mondo.
    Questa è la guerra baby!
    Questo è il capitalismo, lor signori!
    Ma forse sono tutte bufale, via.

Torniamo alla scienza, che l’economia è così triste in questo nuovo millennio!

Una cosa bella che ho scoperto leggendo da un anno a questa parte solo reportage dal mondo medico è stato per me lo spalancarsi di un mondo nuovo. È il mondo del piccolo, lo è veramente: microbi, batteri, tossine, enzimi. Quando fai il salto al livello macro parli di cellule, se sali ancora un po’ topi e cervi al massimo! Puoi prendere un animaletto e studiarlo, tieni nella tua mano il campo di studi. Per venti, trenta anni studi una sola malattia, quante possono essere le interazioni possibili? 10? 100? In una vita le abbracci tutte. Ho deciso: se rinasco faccio il medico. Io, uno studio, un laboratorio, una rivista scientifica e fanculo alle pressioni e alla competizione!

Andiamo avanti, addentriamoci in un campo che non ci è molto familiare: il fatto che questo sia un virus a RNA. Pur essendo tedianti e sicuramente imprecisi (io sono di un’altra generazione, a noi cosa fosse il DNA non sapevano spiegarcelo per bene, ci dicevano solo che il 1953 era una data storica che ha cambiato la storia dell’umanità) arrischiamoci a spiegare cosa sia il DNA e cosa il RNA. Si tratta di molecole e fin qui ci capiamo. Il DNA è la molecola col progetto di costruzione della cellula, anzi, forse più precisamente con la matrice di costruzione della cellula, se questa metafora ha senso, comunque il suo compito è replicare la cellula così com’è ogni volta che deve replicarsi senza mutarla in niente. È quindi una molecola molto stabile a forma di doppia elica: due filamenti, composti di quattro basi di aminoacidi che si tengono unite fra loro in un preciso ordine. Il RNA pure è una molecola fatta di aminoacidi, ma con un solo filamento, che abita nella cellula. Solitamente è il postino del DNA, quello che prende le istruzioni dal DNA e le porta al resto della cellula così che faccia questo o quello e dovendo portare varie istruzioni è per sua natura mutevole e instabile, ma nessuno se ne importa niente se il RNA è instabile che tanto una volta trasportato il suo messaggio scompare senza lasciare traccia di sé.

Così succede anche ai virus se non riescono a impiantarsi in una cellula sana, scompaiono e muoiono, giacchè i virus a differenza dei batteri non hanno bisogno di un corpo organico vivente come sola fonte di nutrizione, ma proprio come mezzo di sopravvivenza e riproduzione. Il virus (l’organismo singolo si chiama virone) si attacca alla cellula, impianta il suo progetto di costruzione usando la capacità del DNA di costruire RNA, la cellula inizia a fare solo RNA virale, muore (perchè è impegnata a fare un’altra cosa rispetto a quella che dovrebbe), esplode e lancia altri vironi nell’organismo e via di seguito, finchè il sistema immunitario lo sgama e lo fa fuori!

Esistono virus a DNA ed esistono virus a RNA. Il covid è un virus a RNA, ciò significa che è soggetto a mutazioni.

Generalmente si dice che tutti i virus a RNA sono instabili, mentre quelli a DNA sono stabili. Fra i virus a RNA ci rientrano il covid, il raffreddore, l’influenza, ma dire che siccome sono a RNA questi virus sono simili può essere comunque una cavolata, per via degli effetti sulla salute umana che sono invece molto diversi.

Per specificare, anche il virus dell’AIDS è un virus a RNA, seppure è di un tipo particolare capace di attaccare il DNA e per il quale, anche per questo motivo, non si riesce a trovare un vaccino. Inoltre l’HIV (il virus dell’AIDS) è un virus paziente, con un’incubazione che si aggira da un anno ai 10 anni prima di manifestare i sintomi, quindi capace di vivere nell’organismo ospite per molto tempo prima di iniziare a replicarsi in maniera significativa, tanto da fare danni all’organismo.

Mentre il covid è figlio di un virus un po’ frettoloso e pazzerello, che con quindici giorni di incubazione è bello che pronto ad attaccare l’organismo ospite.

Cosa hanno di particolare questi virus a RNA tradizionali? Abbiamo detto che la loro caratteristica è quella di mutare spesso.

Semplifichiamo il discorso e anche un po’ inventiamocelo. Operazione che nella scienza non si può fare, ma che ci serve comunque per migliorare la narrazione. Se anche la scienza vorrebbe che ogni passo fosse supportato da dati specifici e quindi risulta un po’ impreciso cercare di ridurrla a narrazione logica, pensiamo valga la pena di farlo per trovare una spiegazione al casino che ci circonda che abbia senso per noi.

Quindi diciamo che questo virus si comporta, nonostante viva in molti ospiti diversi, nonostante non sia affatto un sistema organizzato in grado di pensare, come un organismo pensante con un suo obiettivo e una sua strategia. L’obiettivo del virus è quello di sopravvivere e le mutazioni sono la sua strategia, il suo modo per adattarsi al contesto. Il suo contesto siamo noi.

Questo virus dunque muta se gli sembra che noi siamo pochi o più resistenti al contagio di quanto lo siamo realmente, cosa che può essere indotto a pensare se per esempio alziamo delle barriere a protezione, come mascherine e disinfettanti. La contagiosità (R con zero) quindi muta, come abbiamo visto col caso della variante inglese. Ma il virus sa anche che se ammazza troppa gente non gli resterà spazio per continuare a replicarsi, motivo per cui si dice che non è consequenziale che una sua maggiore contagiosità corrisponda a una sua maggiore letalità. Potrebbe rimanere la stessa, così come potrebbe addirittura diminuire. Di solito, negli altri virus, la letalità diminuisce all’aumentare della contagiosità. Ma sappiamo comunque che contagiando più persone questo comporterà sicuramente un maggiore numero di casi gravi, è impossibile cercare di nascondersi questa cosa.

Cioè per essere più precisi: il virus muta completamente a caso, ma le versioni che si affermano sono quelle che gli assicurano maggiormente la sopravvivenza al contesto. Come l’uomo viene paragonato a un virus (magari così fosse) così i virus si comportano proprio come virus: vogliono invadere tutti gli organismi e quindi si devono proteggere dal sistema immunitario che devono invadere, ma d’altra parte non devono neanche mutare tanto da, alla lunga, autodistruggersi… e questo, io direi, che lo possiamo tenere come limite certo, che i virus per quanto agiscano a caso, come tutti gli esseri viventi di questa terra non possono autodistruggersi. Solo l’uomo è capace di farlo, programmare la propria autodistruzione.

Altra questione importante con cui si valuta la radicalità dell’emergenza di un virus in una popolazione è data dalla popolazione di riferimento: tutti i virus hanno un bacino dato da un numero minimo di persone, un numero soglia, superato il quale il virus si sviluppa, sotto il quale il virus si ferma. È una cosa che si vede solitamente col morbillo: quando nascono molti bambini senza anticorpi, raggiunto un valore soglia (circa mezzo milione di persone) si sviluppa l’epidemia, sotto quel valore il morbillo non ce la fa a diffondersi. Il covid è un virus nuovo quindi questo valore soglia ci è completamente sconosciuto e possiamo essere sicuri che il virus stesso non lo conosce.

Altri elementi sui vaccini.

Due virus. Due vaccini.

Quello della polio (con lo zuccherino di Sabin) e quello dell’influenza. Il primo senza brevetto, il secondo neanche parliamone di quanto rendono i brevetti sul vaccino.

Il vaccino per la Polio si continua a fare in tenera età2, ma è un vaccino magico: che non uccide il virus, ma cura preventivamente i sintomi. Così che tutti ci prendiamo la polio, il virus circola e prolifera bello tranquillo senza sentirsi attaccato da nessuno, ma nessuno cresce storpio o deforme. Come si dice in linguaggio tecnico: siamo immunizzati. Dalla Polio come malattia, ma non siamo immuni al virus3.

Quello dell’influenza, invece. Sappiamo che il virus dell’influenza è abbastanza innocuo, ma che colpisce talmente tante persone che anche con le sue percentuali di letalità risibili diventa comunque pericoloso per le persone di una certa età. Motivo per cui gli si chiede di vaccinarsi. Il virus dell’influenza però muta, tutti gli anni. E tutti gli anni circa ci dobbiamo vaccinare dall’influenza. Il vaccino funziona come una rincorsa senza fine: ogni anno è efficace al 66%. Ma ogni anno c’è un ceppo che si sviluppa che è resistente al vaccino. Big Pharma acchiappa questo nuovo ceppo e lo infila nel vaccino: l’anno dopo si prende il vaccino ceppo A + ceppo B, che è efficace al 66%. Nasce un nuovo ceppo, Big Pharma lo acchiappa lo mette nel vaccino. Il terzo anno si prende il vaccino ceppo B + ceppo C, che è efficace al 66% e via dicendo senza mai fine. Per la gioia delle tasche di Big Pharma (per Big Pharma, si intende l’insieme delle compagnie farmaceutiche mondiali, non si identifica una singola azienda multinazionale… un po’ come quando si dice zio Tom per dire Stati Uniti).

Arriviamo dunque a spiegare anche l’origine del virus e il suo contesto, sempre in maniera totalmente a-scientifica, come si conviene fare in una tavolata di una taverna.

C’è un libro assai noto, che è stato ed è tutt’ora l’architrave della battaglia contro la pandemia e da cui pure sono state tratte molte delle storielline sopra descritte. Si tratta di “Spillover” di Quammen, un giornalista del National Geographic che per tutta la vita ha fatto reportage dai posti più sperduti del mondo. A differenza dei colleghi della sua rivista ha scelto però dei compagni di avventura strani cui associarsi: biologi e specialisti in malattie virali. Ed ha così raccolto una mole di testimonianze ed esperienze da cui, appunto, risulta che le epidemie degli ultimi anni sono tutte di origine animale. Non proprio una novità si direbbe e la saggezza popolare ci ha sempre avvisato che “gli animali portano malattie”. Lo studio che ha fatto però Quammen non riguarda le semplici zoonosi, cioè le malattie che ci possiamo prendere dagli animali (tipo la leptospirosi dalla pipì dei topi), ma proprio quelle malattie che passando all’uomo fanno il salto di evoluzione, lo spillover appunto, e diventano capaci di sviluppare un contagio uomo-uomo.

Ci sono diversi aspetti da tenere presenti in questo rapporto. Dal punto di vista medico c’è il problema specifico che le malattie che saltano da una razza all’altra non fanno un salto nel vuoto, come facevano gli esploratori del 1400 che bruciavano i ponti dietro di sé per non essere tentati dal ritorno, ma invece possono benissimo restare capaci di andare avanti e indietro, fra essere umano ed animale. Per esempio, di nuovo il morbillo, nessuno mai immaginerebbe che ce lo rimpalliamo coi maiali, ma così è.

Alcune, addirittura, hanno bisogno di un animale a cui scroccare un passaggio, prima di arrivare a noi, come si dice sia il caso dello spillover di questo coronavirus, così come fu per la SARS nel 2003. L’esempio della SARS peraltro è molto similare a questo (che viene appunto chiamato Sars-Cov-2). Così come quello, infatti, anche di questo non si sa di preciso quale sia stato l’ospite serbatoio, ma si sa che in quello il salto fra l’ospite serbatoio, l’animale che ha fatto da incubatrice e noi avvenne in un mercato di animali dove queste bestie stanno accavallate l’una sull’altra. O meglio: sappiamo che la SARS è saltata così, e pensiamo che anche il suo cugino di secondo grado abbia fatto lo stesso percorso. La SARS venne bloccata isolando tutta Pechino (o quasi) e così hanno deciso di fare con Wuhan. Peccato che per la SARS lanciarono l’avvertimento all’OMS e che quando la SARS prese l’aereo diretta in Germania e Canada, trovò ai rispettivi aereoporti un battaglione di uomini in tute da spaziali pronte a prendere in custodia i passeggeri, col Covid niente: aereoporti splancati e “Milano non si ferma”. A ognuno le sue responsabilità.

Il punto, comunque, dicevamo è che il Covid non ha il vantaggio di essere un virus solo umano, ma è un virus che condividiamo con altre specie animali: ermellini, pipistrellucci, zangolini e zibetti e chi più ne ha più ne metta. In definitiva il sars-cov sta dappertutto in varie varianti, alcune delle quali letali come il sars-cov-1 e il sars-cov-2.

Possiamo accusare la Cina di aver fatto poco per fermare la zoonosi ed avremmo senza dubbio delle buoni ragioni a nostro sostegno, ma poteva succedere anche in Africa, in Australia, in India. Addirittura alcuni batteri pericolosi possono nascere negli USA e in Europa. Insomma può succedere dappertutto che avvenga un salto, la Cina è la sospettata numero uno perchè è quella più piena, fra i paesi a vastissima popolazione, di voli intercontinentali. Ma il controllo sanitario sugli animali selvatici (che consiste nello sterminio delle popolazioni malate) sarebbe comunque impossibile da portare a termine lì come altrove, né tanto auspicabile in verità.

L’aspetto principale è infatti dato dal nostro rapporto con la natura. Il contatto e la frequenza di queste zoonosi è dovuto a vari ordini di problemi: abbiamo detto che uno di quelli principali è che virus perfettamente innocui negli animali, saltando in un nuovo ospite umano, possono diventare letali. A volte lasciano tracce di sé nel percorso e anche l’animale che usano per fare il passaggio si ammala e lancia un campanello di allarme; a volte invece non lasciano alcuna traccia e si manifestano solo all’improvviso, come tzunami che si abbatte sui sistemi sanitari (covid; HIV; spagnola) e il fatto che siano innocui negli animali non ci permette di individuarli per tempo.

Ma sono gli altri fattori che ci dovrebbero spingere a riflettere: c’è una necessità biologica per i virus di evadere dal loro ambiente e attaccare noi, perchè l’uomo è diventato l’animale preponderante in termini numerici sulla faccia della terra. Come dice Quammen: un virus che arriva a fregare il nostro sistema immunitario vince la lotteria, la sua sopravvivenza sarà garantita a tempo indeterminato.

Così, magari, la prossima volta ci pensiamo meglio prima di far estinguere le bestie.

Un altro fattore è la scomparsa dei territori vergini, per due motivi: il primo che la deforestazione spinge gli animali dei boschi ad adattarsi a vivere nelle metropoli e in città, a contatto con l’uomo, portando con sé le loro malattie. L’altro che spinge l’uomo a vivere a contatto con terreni boschivi e insalubri. Nei popoli di frontiera lo scambio di virus è quotidiano.

Non è stato però il caso specifico di questo virus, che, se è nato come si dice sia nata la SARS, non è dovuto solo a questa interazione fra uomo e natura, ma piuttosto è nato in un ambiente protetto e curato: un mercato alimentare. E addirittura un mercato di alta classe, giacchè queste bestie selvatiche sono piatti prelibati in Cina che solo i ricconi si possono permettere.

L’ultimo fattore è quello del modello di sviluppo. Già quanto abbiamo detto è dovuto al modello di sviluppo: distruggere e depredare la natura, ma oltre a questo vanno aggiunti i traffici mondiali. Altre malattie, altrettanto gravi del Covid non hanno avuto occasione di diffondersi perchè sono nate in popolazioni tradizionali, che abitano in villaggi e fra persone che certo non viaggiano in lungo e largo il mondo con jet intercontinentali. Magari ci portano virus altrettanto devastanti come l’HIV, lenti, infidi e bastardi, ma almeno non ci portano il coronavirus.

E così, abbiamo completato anche il capitolo “sanitario” della nostra/mia disquisizione sull’ecologismo. Ci mancano solo due tesserine del puzzle: l’energia pulita dall’acqua, ma Dio non voglia (leviamo alta la preghiera) che ci si debba improvvisare anche fisici nucleari e gli effetti macroscopici della fine del petrolio, che temiamo invece di non vivere abbastanza a lungo per vedere.

Dopo questa breve disquisizione relativa alle questioni della globalizzazione (ribadiamo, tutte le pandemie sono figlie della globalizzazione: la prima, la spagnola, addirittura fu dovuta alla globalizzazione data dalla guerra mondiale), torniamo al contesto italiano e all’attuale emergenza sanitaria, provando a tracciare tre scenari possibili in cui siamo cascati e una prospettiva di… risoluzione? Di vita? Fate voi.

Prima di trattare questo aspetto, soffermiamoci però sul tema del tracciamento. I motivi per cui il tracciamento è così importante sono noti: oltre a dare notizia del livello di diffusione del virus, il tracciamento permette anche di seguirne i passaggi e quindi individuare come e dove le persone si contagiano e permettere così di isolarle prima che vadano a contagiare altre persone. Nel nostro paese a mala pena si riesce a fare la prima cosa, dare notizia della diffusione del virus, quanto alla seconda neanche ci si prova più.

Due notizie aggiornate al riguardo: la prima sicuramente positiva, la seconda non si sa, ma che potrebbe essere positiva.

La prima. Festeggiamo la notizia che la settimana dal 7 al 14 gennaio 2021 per la prima volta dall’inizio della seconda ondata, finalmente, il numero complessivo degli attualmente positivi al covid è iniziato a calare. È una notizia bella, ma non troppo, dato che gli esperti di statistica affermano che la terza ondata è già arrivata e quindi fra una o due settimane ci saremo mangiati questo vantaggio e i numeri continueranno a salire. Noi la festeggiamo comunque, perchè per mesi abbiamo sentito parlare di picco della seconda ondata, senza che mai questo dato avesse un valore negativo e ci chiedevamo che cosa stessero cercando di dirci affermando che avevamo passato il picco.

La seconda invece: dalla settimana del 15 gennaio (le settimane covid vanno dal venerdì al venerdì successivo) hanno deciso di iniziare a contare come test effettuati anche il numero dei test seriologici. Non abbiamo capito molto bene il senso di questa operazione, né a dire il vero abbiamo mai capito il senso di comunicare tutti i giorni questo valore di positività percentuale sul totale dei tamponi. Vogliamo sperare che non sia da quel dato che si ricava il famigerato Rt (se R con 0 è la contagiosità del virus in natura; Rt misura la contagiosità in un’ambiente artefatto in cui sono inserite le misure anti-covid).

Spendiamo dunque due soldini per richiamare le problematiche sul tracciamento. Una questione, appunto attiene al valore di positività, conteggiato fino alla settimana scorsa: era un dato che non aveva senso. Il numero dei tamponi era infatti a malapena indicativo di qualcosa perchè il grosso dei tamponi veniva effettuato solo dentro i percorsi predisposti. Proviamo a specificare meglio: siccome non è mai stata messa in piedi una politica efficace di tracciamento territoriale (per tacere del fallimento di immuni), nel numero totale dei tamponi effettuati ci finivano quelli che venivano effettuati dalle ASL (o come cavolo si chiamano adesso) e quindi, in particolare, i percorsi previsti per legge, con l’aggiunta dei dati che provenivano dai centri privati di analisi. I primi costituiscono certamente la grande parte, perchè al secondo percorso, da sempre, vi hanno potuto accedere solo quanti se lo potevano permettere. Quindi alla fine il dato sulla positività rispetto al tampone restituiva un’unica informazione: il livello di positività del tracciamento degli operatori sanitari, dato che, di fatto, solo loro hanno il percorso di tracciamento ancora attivo… Ricordiamolo a futura memoria: questo valore è stato fisso, nonostante tutte le misure di prevenzione predisposte nei mesi, intorno al 15% settimanalmente.

I nuovi dati di positività sono invece un po’ più ampi, sia perchè i test che ci entrano sono un po’ meno costosi e quindi ci sono più persone che se lo fanno, sia perchè le regioni hanno avviato programmi di testing seriologici di massa, ma ognuna come gli pare e senza alcun criterio generale.

La politica del tracciamento è quindi completamente gambe all’aria. Rende un’idea della percentuale di positivi sul totale dei test effettuati, ma finchè non ci sarà una politica pubblica di tracciamento seria, questo significherà solo che misurerà il numero dei positivi fra quanti riescono effettivamente ad accedere a un test diagnostico. Niente si può sapere da questi dati rispetto a quante persone vengono contagiate dai positivi, né quali sono i luoghi e le modalità del contagio. Ogni tanto partono degli studi specifici su determinate popolazioni (gli insegnanti; gli studenti; il personale sanitario; gli ospiti RSA; sicuramente i politici e il personale televisivo che sono al momento i soggetti più controllati) di tutto il resto non si sa un bel niente. A settembre si era parlato della possibilità di fare il tracciamento nelle scuole e sarebbe stato almeno un buon punto di partenza, ma la buona volontà è durata un paio di settimane e poi è stata abbandonata anche quella strada.

Ora nessuno si interessa più di questo aspetto, perchè si pensa che in prospettiva non servirà più a niente. Ed è un problema e ora vi spiego perchè.

3 scenari possibili e una prospettiva.

Scenario 1: Il vaccino immunizza solo le persone dallo sviluppare i sintomi più gravi, non dal contagio. Non è uno scenario molto felice, perchè come abbiamo detto all’inizio, di questo vaccino non si conosce l’efficacia su una grande varietà di soggetti. Ciò che ci induce a pensare che questo sia uno scenario possibile è il fatto che non ci abbiano voluto dire se le persone della sperimentazione erano “contagiate” nelle stesse proporzioni di quelle soggette a placebo. Sembra improbabile che non avessero questo dato. Se non ce lo hanno detto è perchè probabilmente non volevano ridurre il prezzo del vaccino, che funziona non bene come si sperava. Un po’ come di una macchina non si avvisa che se la mandi a 130 all’ora inizia a tremare tutta e darti scosse, diventando pericoloso anche il solo guidarla, così questo vaccino non è proprio di prima categoria, ma un po’ una ciofeca.

In questo caso i problemi sono diversi: il fatto che non si conosca la percentuale dei soggetti a rischio dallo sviluppare sintomi gravi da controindicazione (allergie o risposte eccessive del sistema immunitario) che è una problematica la cui risoluzione è scaricata sui nostri servizi sanitari; il fatto che si debba continuare comunque a girare con mascherine e protezioni almeno fino a che non sarà terminata la campagna vaccinale per proteggere chi ancora al vaccino non si è sottoposto; sarebbe invece difficile sostenere una motivazione all’obbligo vaccinale, giacchè non varrebbe il discorso che vaccinandosi si protegge anche i soggetti più deboli che non possono vaccinarsi se chi è immunizzato fosse comunque portatore del virus.

Non sarebbe comunque uno scenario del tutto negativo, anche se certo non sarebbe positivo.

Il senso di questo scenario sarebbe quello di allegerire il sistema sanitario dallo tsunami dei malati, permettendo che per quanti non possono vaccinarsi (per esempio i ragazzi si sa che se anche non si vaccinano è difficile che sviluppino una malattia seria), ma che sono comunque soggetti fragili restino a disposizione le migliori cure possibili. E sarebbe cioè lo scenario della convivenza col coronavirus.

Scenario 2: il vaccino protegge dalla malattia grave e dall’infezione. Cosa suggerita dalle frasi sibilline dell’agenzia del farmaco che “presumono” sia così anche se non hanno dati al riguardo. Sarebbe chiaramente lo scenario migliore. Significherebbe che il vaccino sviluppa un tipo di anticorpi così reattivi che non appena il nostro sistema immunitario entra in contatto col virus, subito si attivano e lo uccidono bloccando la possibilità di diventare contagiosi per altri. In questo scenario si aprono due prospettive cioè: aspettare che la campagna di vaccinazione sia conclusa e accettare nel frattempo la situazione così com’è, puntando unicamente all’immunità di gregge e piangendo la scia di decessi che ci lasceremmo sul percorso. L’altro molto più avanguardista sarebbe quello di riattivare (attivare per la prima volta) una politica di tracciamento efficace e draconiana che preveda severe misure restrittive nel caso si sviluppino focolai all’interno dei luoghi di lavoro, scuole, ecc… In questo caso il vaccino sarebbe un’arma nella lotta contro la pandemia, ma non l’unica. Chiaramente sembra un po’ utopistico, dati i numeri di diffusione del contagio, pensare di poter isolare completamente il virus, ma a noi piace pensare lo stesso che sarebbe possibile.

Scenario 3. Riuniamo in questo scenario il peggio della sfiga che ci potrebbe capitare che si potrebbe verificare in due casi. Il primo se le varianti del virus rendono inefficace il vaccino e l’altro se la protezione del vaccino fosse limitata nel tempo. In entrambi i casi è lecito pensare che dato che è stato trovato il vaccino per questo ceppo, ugualmente lo si riuscirebbe a trovare per tutti gli altri ceppi… pagando big pharma e metendosi in coda ogni anno per fare i richiami.

Le informazioni a supporto di questa teoria sono che sappiamo già che questo virus muta, che sappiamo già che questo virus si nasconde negli ospiti serbatoio ed è pronto a riuscirne quando può e che questo potrebbe impattare sui due scenari sopra descritti. Nel primo scenario ci troveremmo infatti in una situazione in cui la lotta per la sopravvivenza ci costringerebbe a pensare ognun per sé: chi può sarà costretto a vaccinarsi ogni anno e chi no vivrà col terrore di impattare nella malattia. Nel secondo scenario ci costringerebbero invece loro a vaccinarci ogni anno dall’alto, per limitare il più possibile l’insorgenza di focolai.

Teniamo di conto che se questo non si verifica, sopratutto per quanto riguarda il versante mutazioni, se cioè il vaccino fosse efficace contro i ceppi modificati, la sparo lì: non sarà poi che si scopra che questo vaccino oltre a difenderci dal covid ci proteggerà anche da influenza e raffreddore, cioè ci difenderà da tutti i coronavirus?

Ipotesi fantasiose a parte, è certo che molte di queste domande attendono ancora una risposta che verrà solo procedendo con la campagna di vaccinazione e con le ricerche successive. Quello che fa veramente arrabbiare riguarda le risposte che hanno e che non ci vogliono dare.

A questo punto, dopo questa fin troppo lunga dissertazione sul coronavirus, per non chiudere solo col senso di indeterminatezza che questa situazione ci lascia addosso, è senza dubbio il caso di tirare qualche riflessione e conclusione positiva.

Abbiamo trattato tanti aspetti riguardo il rapporto dell’uomo con le malattie virali e dell’uomo con la natura. Aspetti alcuni dei quali sembrano anche favolosi e strabilianti, come l’invenzione del vaccino anti-covid che è addirittura frutto di manipolazione molecolare. Questa cosa potrebbe indurci a pensare che nonostante i 12 mesi di follia e isolamento sociale appena trascorsi, tutta la situazione mondiale sia tutto sommato abbastanza sotto controllo. Che l’umanità è una grande razza capace di piegare anche una pandemia.

Questo invece non è affatto vero. Non voglio qui arrischiarmi a trattare il tema di quanto nazioni diverse dalla nostra abbiano avuto una capacità molto migliore di affrontare la pandemia (una maniera più efficace e meno traumatica per la popolazione potremmo dire), perchè esistono anche condizioni diverse e i paragoni su unico aspetto non sempre sono ottimali. Quello che mi sembra evidente è invece che il modello economico globale non funziona e questa pandemia ne è stata l’ennesima, dura, conferma e che anche il nostro sistema sociale è un colabrodo, a partire dall’aspetto sanitario, ma pure tutto il resto del carrozzone ha fatto schifo.

Sono magari considerazioni scontate per chi già conosce i problemi del capitalismo, ma che comunque continuano a coinvolgerci, dato che anche noi in questa società viviamo.

Penso comunque sia importante terminare con una riflessione e una prospettiva. La riflessione principale attiene alla ricerca ecologica. Questa esperienza è infatti stata molto importante nell’avvalorare le tesi principali dell’ecologia politica. L’economia oggi non è più solo lo studio del movimento dei capitali, ma studio dell’interazione fra produzione, organizzazione sociale e ambiente. Queste dinamiche sono strettamente connesse e l’approccio marxista, il sostegno alla lotta di classe, passati 200 anni dall’invenzione del socialismo scientifico rimane, nonostante il mutato contesto economico, la strada per uscire dal baratro. C’è una connessione profonda fra il difendere gli interessi delle classi popolari e la difesa della salubrità nel rapporto produzione-ambiente, ed è una cosa importante. Ripetiamo: la via d’uscita che abbiamo davanti sembra che sarà quella farmacologica e che la strategia del lock-down totale al momento non possa servire più ad isolare il virus, ma anche in questo campo per l’ennesima volta si dimostra come la produzione privata sia un colabrodo che mette a repentaglio la salute mondiale e che l’investimento in ricerca e sanità pubblica (ed etica, azzardiamo) risponde invece agli interessi della salvaguardia collettiva. Nessuno mette il brevetto alle scoperte sul cambiamento climatico, sembra assurdo il solo pensarlo, invece sulla ricerca medica sembra perfettamente lecito… solo a me sembra che ci sia qualcosa di profondamente contraddittorio?

La prospettiva invece attiene al futuro, ed è una cosa molto personale. Seppure sono convinta che si stagli una crisi economica importante e che questa genererà una crisi politica altrettanto importante, credo anche che il modo migliore per approcciarsi al futuro non sia né l’apatia, né il disinteresse a questi problemi, non un rifiuto della dimensione politica, ma sono fermamente convinta anche che ci sia una grande forza nelle relazioni politiche e sociali che già oggi avvolgono ogni campo del sociale.

Nonostante l’analisi scientifica, ecologica e razionale continui ad indicarci che stiamo scivolando sempre più nel disastro sociale ed economico (e lo stesso accade in tutti gli altri campi: culturale, politico, giuridico, educativo, ecc…), nonostante le forze che ci stiano trascinando in questo movimento siano forze impersonali, leggi oggettive, che sembrano dotate di un’inerzia non direzionabile, penso che ci siano motivi di speranza e tanti aspetti positivi su cui fare leva.

Qualcosa però dovrà cambiare.

1Da cui deriva il nome vaccino

2A dire il vero non so affatto se il vaccino per la Polio viene ancora somministrato, né mi ricordo se a me lo hanno fatto o meno

3Per specificare: i virus contro la polio sono 3, alcuni immunizzano dalla malattia e basta, altri bloccano anche il contagio

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(quasi) La stessa storia

C’era una volta un passeggiatore.

Anzi no, c’era una volta un vero e proprio camminatore. Colui che cammina con un obiettivo preciso, non per penitenza, non per dovere, ma che da una parte deve arrivare e per farlo, cammina e cammina.

Chi lo vedeva passare, veloce veloce nella sua falcata decisa o lemme lemme quando i pensieri lo coglievano e camminava come sovrappensiero, non sapeva che il camminatore avesse una meta. Niente nella sua andatura suggeriva ai passanti che lui non stesse facendo una passeggiata, non stesse raggiungendo un negozio o un luogo di lavoro o magari la sagra del paese, ma che invece fosse un esperto marciatore con miglia e miglia percorse sotto le suole, che aveva camminato tanto.

Lui era infatti un maestro nell’arte del camminare e sapeva tutti i pericoli della strada. Delle strade sapeva tutto, sapeva riconoscere i selciati scivolosi in cui bisognava fare attenzione per non cadere e mettere bene i piedi su ogni pietra, magari nell’intercapedine fra una e l’altra; sapeva che passo andava tenuto quando una salita lunga quanto una montagna gli si stagliava davanti per non affaticarsi, ma anche per arrivare in cima. Conosceva anche i posti migliori in cui fermarsi a riposare. Quando camminava spesso si ritrovava a pensare che la strada fosse un posto bellissimo, ché il percorso che lui aveva appena fatto sarebbe poi stato seguito da altre persone, magari una sola, e questo gli dava carica e coraggio per andare avanti, perchè pensava “così come altri calcheranno le stesse strade e pietre che ho calcato io, a mia volta io troverò qualcuno che già sulla strada si è incamminato prima di me”.

Non sapeva il nostro camminatore che la realtà non è così logica come si mostra al pensiero e alla fantasia e che le strade del mondo e le loro mete finali, sono tante e tanto varie che seppure esistessero due camminatori che marciano con la stessa determinazione per raggiungere un obiettivo, potrebbero andare per strade molto diverse, senza incontrarsi mai.

È necessario per chiarire meglio questo concetto, spiegare a questo punto quale fosse la meta finale del nostro camminatore e perchè avesse deciso di raggiungerla, perchè cioè si fosse messo in cammino.

Si diceva infatti, nel paese dei dormienti dal quale il nostro camminatore proveniva, che da qualche parte, lontano 100 volte 1000 miglia, ci fosse un’eremita in grado di curare il sonnambulismo (il male del secolo, secondo il nostro camminatore) e tutte le malattie dell’epoca moderna, ma che questo posto fosse raggiungibile solo camminando, percorrendo la distanza di 100 volte 1000 miglia.

Così il nostro camminatore dopo averci un po’ pensato si era messo sulla strada e aveva iniziato a camminare per raggiungere la santona che risolveva ogni problema, il sonnambulismo in primo luogo, di cui erano affetti i suoi amici e parenti più stretti e che lui voleva a tutti i costi aiutare. Oltre, chiaramente, al fatto che lui stesso ne soffriva e così pensava di aiutare gli altri aiutando se stesso.

Il nostro camminatore era stato molto bravo fino adesso, non aveva fatto del suo camminare un’attività mistica o di espiazione, come solitamente nella tradizione viene inteso un percorso di questo tipo, ma invece si era incamminato con la più ferma convinzione che curare il sonnambulismo fosse un dovere dei cittadini per bene e se per raggiungere la soluzione fosse necessario camminare 100 volte 1000 miglia tanto valeva approfittare dell’occasione per imparare le cose del mondo, che secondo il nostro camminatore – persona, questo dobbiamo riconoscerlo, un po’ romantica – si potevano capire solo sulle strade del mondo, motivo per cui la sua determinazione a raggiungere l’eremo della santona aveva trasformato questa sua marcia in una camminata tanto avvincente.

A metà del percorso aveva ormai capito che non avrebbe trovato nessun altro con la sua stessa meta e che evidentemente in non tutti i paesi del mondo si era a conoscenza dell’esistenza della profezia sul sonnambulismo, ma d’altra parte aveva conosciuto anche tante persone con percorsi diversi che gli avevano fatto nascere la voglia di andare a visitare ognuna delle mete che gli altri volevano raggiungere, non prima però di aver raggiunto il suo obiettivo finale, questo è chiaro, giacchè non si era dimenticato dei suoi amici sonnambuli. Lui d’altra parte era già guarito da solo e iniziava a pensare che camminare fosse un ottima cura, ma gli restava il dubbio di come fare a convincere i suoi amici a sottoporsi a una faticaccia simile e se per caso non esistesse un rimedio più veloce, motivo per cui era ancora così determinato a raggiungere l’obiettivo nella convinzione che la specialista delle montagne gli indicasse un rimedio semplice e sicuro. D’altra parte non poteva nascondere la delusione dovuta al fatto che nessuno si fosse unito alla sua strada, che non esistesse nessuno che, come lui, fosse interessato a guarire l’annosa malattia del sonnambulismo.

Insomma dobbiamo riconoscere che alla fine il nostro camminatore è giunto alla sua meta. Lassù in cima a una montagna, incontaminata di boschi, dove si conviene che stia l’eremo di una santona, trovò la casa della maga. Speranzoso bussò alla porta, una signora di una certa età venne ad aprirgli la porta e lui, dopo essersi accomodato su una sedia un po’ scarna, ma accogliente e con braccioli, con parole chiare e circostanziate iniziò a spiegarli il motivo della sua visita. Spiegazione che già tante volte aveva ridetto nella sua testa da uscirgli fuori senza nessuna incertezza e con la presunzione tipica di chi dalla scienza si aspetta ogni risposta, così da poterla scrivere facilmente su una ricetta.

La santona un po’ lo lasciò parlare, un po’ lo ascoltò, ma via via che il racconto procedeva lo sbigottimento le si disegnava sulla faccia. “Cosa cavolo voleva costui da lei? In che senso costui pensava che lei lo potesse aiutare? Come una ricetta e che sono una cuoca? Questo è decisamente fuori di testa, mica solo perchè abito a 100 volte 1000 miglia da casa sua penserà sul serio che una leggenda sia una verità? Si, lo pensa”. Superfluo descrivere gli improperi che uscirono dalla bocca della santona giunti al punto della narrazione in cui il camminatore gli esponeva la sua convinzione che altri si sarebbero messi in cammino per raggiungere il suo stesso obiettivo. La maga si figurò se stessa come un’albergatrice costretta ad ospitare tutti gli svitati del mondo e sbottò intimando all’uomo che era entrato in casa di alzarsi, prendere i suoi stracci e risolutamente e irreversibilmente, andarsene al diavolo e di smettere di importunarla!

Che è poi il finale che ogni storia di viaggi con mete illusorie e fantastiche si merita.

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Due pezzi facili

1/1/2014

C’era una volta,

tanto tanto tempo fa,

una famiglia piccina piccina che viveva in una casetta piccina piccina, con un giardino piccino piccino.

La famiglia piccina piccina era formata da Ansel, la mamma e il papà. E nel salotto della casina piccina piccina c’era un gabbietta piccina piccina dove viveva Ciripì.

Ciripì era un passerotto che aveva sempre vissuto con la famiglia. Lui viveva in una gabbietta che era così piccina piccina, ma così piccina piccina che non aveva mai potuto spostarsi più di tanto.

Ciripì era molto felice, gli piaceva vivere con Ansel, la mamma e il papà che tutti i giorni alla mattina presto e alla sera tardi si riunivano nel salotto per discutere di problemi importantissimi. Per esempio parlavano dell’importanza di lavarsi le mani prima di mangiare o di dove buttare i rifiuti una volta terminata la cena. Di che programma guardare alla televisione o di che libro leggere prima di addormentarsi.

Ogni tanto, però le discussioni vertevano in litigi, specie fra la mamma e il papà e Ciripì si spaventava a morte. Le voci alte della mamma e del papà suonavano alle orecchie piccine piccine di Ciripì come urla e grida.

Ciripì era infatti un passerotto un po’ fifone.

Della cura e della pulizia di Ciripì si occupavano Ansel e la mamma. Una volta a settimana inoltre questi si occupavano di ripulire la gabbietta di Ciripì, aprivano la gabbietta e Ciripì saliva sulle loro dita mentre Ansel o la mamma sostituivano il foglio di giornale sporco sul fondo della gabbietta con uno pulito e gli cambiavano l’acqua.

Un giorno però, quando ormai Ciripì aveva compiuto già un anno e iniziava a sentire l’età che avanzava la casa si vuotò improvvisamente: Ansel e la mamma erano spariti. Se ne erano andati. Spariti tutti i rumori familiari della vita quotidiana, sparite le discussioni serali e per la casa si aggirava soltanto il papà.

Ciripì era molto triste e soffriva la fame perché infatti il papà si scordava di dargli da mangiare, in diversi giorni, solo una volta gli aveva riempito la ciotolina e si era ormai convinto che la vita fosse finita.

Passarono dieci giorni di silenzio e tristezza quando a un certo punto Ciripì vide avvicinarsi il papà alla gabbietta con un foglio di giornale in mano e in quell’altra una bottiglietta d’acqua. Ciripì pensò che si accingesse a ripulirgli la gabbietta, che in effetti dopo dieci giorni era molto sporca.

E infatti il papà posò il foglio di giornale e l’acqua sulla mensola e si avvicinò con la sua manona al cancelletto piccino della gabbia piccina piccina.

Ciripì che era esperto di queste operazioni, avendole viste fare ad Ansel e alla mamma tante volte, svelto si tirò sul fondo della gabbia, per consentire al papà di avere spazio per far entrare la mano nella gabbietta, ma questo che, invece, mai aveva avuto a che fare con Ciripì, aprì il cancelletto, cacciò dentro la sua manona e senza dar tempo al povero passerotto di raccapezzarsi di quanto accadeva, lo acchiappò e afferrò saldamente fra le sue dita, premendolo tanto da formare un pugno con le dita tutto intorno al corpicino del passerotto. Ciripì, preso dallo spavento, si agitava e dimenava per cercare di sfuggire alla presa delle dita.

Il papà si fermò a guardare pensieroso la testa del povero passerotto che sporgeva dalle sue dita e sbatteva a destra e a sinistra, domandandosi come mai Ansel e la mamma non gli avessero detto che Ciripì fosse così pauroso. Si ricordava bene che, partendo per le vacanze, gli avevano detto che bastava prendere l’uccellino in mano e quello se ne sarebbe stato tranquillo aspettando che le pulizie della gabbietta finissero.

Non sapendo che fare il papà allentò un po’ la presa pensando di rimetterlo nella sua gabbietta, ma come Ciripì sentì le dita del papà aprirsi diede un ultimo scossone e si ritrovò libero. Le ali si spalancarono e spiccò il volo.

Quale sorpresa!

A questo servivano le ali?

Ciripì volò dalla mano del papà alla libreria; dalla televisione alla mensola delle foto di famiglia, da un capo all’altro della stanza piccina piccina e il papà spiccava grandi salti nel tentativo di riafferrare il passerotto che non ci pensava proprio a farsi rimettere in gabbia.

Volando da una parte a quell’altra della stanza, dal soffitto alla parete, dalla porta si diresse verso la finestra da cui arrivava la luce chiara del sole e in un secondo, vooom, fu fuori.

Accecato dalla luce e dall’aria aperta fu preso da una ventata che lo sbattè violentemente a destra, poi un’altra lo scaraventò dalla parte opposta, un vuoto d’aria lo fece crollare improvvisamente a picco, ma in pochi minuti capì come funzionava questa storia strana del volare e tutto felice si diede ad esplorare il nuovo mondo. Ora, pensava Ciripì, sono anch’io come gli altri passerotti: posso volare, farmi un nido, trovarmi una passerotta, vedere il mondo dall’alto!

E di Ansel che era stato il suo migliore amico e della mamma e del papà, non gli rimase che un vago ricordo.

Questa è la vera storia di come Ciripì imparò a volare.

Questa storia è stata scritta tanti anni fa, non l’ho mai voluta pubblicare perchè a differenza di come sembra non è una storiella a lieto fine e il fatto che Ciripì riesca ad uscire dalla finestra lo condanna solo a morire spiaccicato sul parabrezza di qualche automobile o finire divorato fra le grinfie di un gatto. D’altra parte non credo che neanche Sepulveda si aspettasse un finale migliore per la sua gabbianella che imparò a volare.

15/12/2020

L’amicizia è una fregatura. Sopratutto quando non hai amici.

Le persone con cui ho avuto un rapporto d’amicizia, di quelli veri, che ti chiami per chiederti “come va?” e fare quattro chiacchiere, non sono tantissimi. Dopo la scuola: 1. Poi 3 all’università. Più qualche comitiva che si univa e si divideva come fanno le formazioni nubiformi. Poi ti fidanzi e gli amici si moltiplicano, proporzionalmente a quanto il tuo rapporto è stabile, quindi circa una ventina. Poi basta. Perso il fidanzato, persi tutti gli amici.

Non si dovrebbe fare mai, è chiaro. Quando ci si fidanza sarebbe sempre meglio coltivare le amicizie proprie.

Ho provato in seguito a farmi degli amici.

Quanto alle amiche, forse non lo sapete, ma le donne tendono a dirsi tutto. Le amicizie femminili non sopportano i segreti. Metti un segreto, un’incomprensione, una diversa visione del mondo e fra donne non nascerà mai un’amicizia forte.

Col sesso opposto è più facile, un po’ perchè i maschi sono tutti con la testa fra le nuvole e neanche si accorgono dei segreti, un po’ che c’è sempre la possibilità di finire a letto, cosa per cui vale la pena anche mantenere un rapporto insincero, alla fine non si frappongono mai grossi ostacoli all’amicizia fra sessi opposti.

Così qualche amico me lo sono fatto.

Qualcuno, molti di più, invece l’ho perso.

Poi c’è la distanza.

Da ultimo la panacea di facebook che illude di avere per amici persone di cui non conosci più neanche il suono della voce.

Società di merda.

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